Per la prima volta dallo sgombero di Atlantide, dopo più di nove anni, riaprono al pubblico le porte del Cassero di Porta Santo Stefano. Non perché sono finalmente arrivati gli uffici dei servizi sociali o quelli di altre associazioni „legittime destinatarie“, come si disse all’epoca, ma per una mostra. L’occasione arriva con ART CITY, il programma di mostre, eventi e iniziative promosso dal Comune di Bologna, in collaborazione con BolognaFiere (7-9 febbraio 2025) per Arte Fiera. E lo Special Program di quest’anno, intitolato, Le Porte della città, propone un circuito di opere e installazioni in relazione con le dieci Porte di Bologna, tra cui anche quella di Santo Stefano.
Il destino beffardo – o chi per lui – ha voluto, quindi, che quella stanza che ospitò per 17 anni diversi gruppi di femministe, lesbiche, trans, gay e punk tra iniziative culturali e i concerti strabordanti, dopo quasi un decennio di polvere venga riaperta con una mostra proprio sulla violenza patriarcale e queerfobica, riprendendo temi carissimi ad Atlantide stessa. Elegy, installazione video e audio dell’artista sudafricana Gabrielle Goliath. renderà, infatti, omaggio a una serie di vittime sudafricane con sette interpreti vocali femminili si alternano nel sostenere una sola nota per un’ora, „un canto funebre che trasforma il dolore in resistenza“.
È singolare, però, che nella descrizione della location anticipata sulla pagina instagram di ART CITY non compaia alcun riferimento ad Atlantide, ma solo questa generica descrizione: „Porta Santo Stefano, un punto nodale della città, ha da sempre accolto le più diverse attività culturali e sociali, e oggi si fa spazio di riflessione sulla memoria e sulla resilienza. Con Elegy, diventa il luogo dove il ricordo si fa movimento e la lotta si fa collettiva„.
Memoria sì, ma mica tanto.