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«Atlantide non è un museo»: la risposta delle attiviste ad ART CITY

Geschrieben von La Redazione il 30 Januar 2025

AtlantideResiste@BolognaPride013

Dopo aver raccontato qui della goffa riapertura dello spazio che fu di Atlantide dopo quasi 10 anni con una mostra di ART CITY, le attiviste del Laboratorio Smaschieramenti/Atlantide ovunque hanno rilasciato un comunicato in cui rispondono al tentativo di cancellare la storia di una ferita tuttora aperta e non ancora sanata.

Lo riportiamo integralmente per correttezza.


Dal 6 al 16 febbraio Atlantide entrerà suo malgrado a far parte di ART CITY, il programma di mostre, eventi e iniziative promosso dal Comune di Bologna, in collaborazione con BolognaFiere per Arte Fiera (7-9 febbraio 2025). Il cassero di Porta Santo Stefano in cui Atlantide è vissuta per quasi 17 anni ospiterà un’opera sulla memoria della violenza razzista sulle donne e le persone queer dell’artista sudafricana Gabrielle Goliath, che però non era stata informata del fatto che quello spazio è vuoto proprio a seguito di uno sgombero e di un tentativo politico di cancellazione dell’attivismo queer, femminista e punk che lì abitava, e che le lotte attorno a questa vicenda sono tutt’altro che concluse.

È la prima volta, dopo lo sgombero del 9 ottobre 2015 voluto dall’amministrazione di Merola, che gli spazi di Porta Santo Stefano vengono aperti al pubblico, anche se temporaneamente. Quasi dieci anni di porte chiuse dietro a un muro di mattoni. Quasi dieci anni di promesse mai mantenute e di riparazioni mancate. Dieci anni in cui Bologna è stata svuotata progressivamente di spazi queer e autogestiti, in cui ogni occupazione si è risolta in sgomberi e denunce e ogni trattativa o percorso istituzionale in un nulla di fatto. Dieci anni in cui la comunità lesbica, frocia, trans* e queer è priva di spazi non commerciali stabili in cui socializzare, organizzarsi politicamente, crescere, costruire una cultura sessuale diversa. E lo stesso vale per le produzioni musicali indipendenti e per la costruzione di saperi femministi e queer indipendenti.

La riapertura di Porta Santo Stefano è stata annunciata sottovoce, con un post su Instagram in cui Atlantide non veniva neanche menzionata. Forse speravano che non ce ne accorgessimo. Sicuramente speravano che l’artista non lo venisse a sapere, visto che nell’invitarla i curatori le hanno parlato di una location significativa per la sua “storia di attivismo queer“ ma si sono dimenticati di menzionare lo sgombero e le tante promesse disattese.

Ma Atlantide non è storia passata. È un conflitto ancora aperto, e va ancora sanato. Non permetteremo che venga neutralizzato e usato per dare un tocco alternativo a un evento culturale, come la politica cittadina degli ultimi anni cerca di fare con un po’ tutte le lotte e le pratiche alternative che hanno attraversato e attraversano Bologna.

Forse l’amministrazione PD, in carica da due mandati, si vergogna così tanto di averci sgomberate che vuole far finta che non sia mai successo? Memoria corta o coscienza sporca?

Evidentemente, anche quando si vorrebbe fingere che non sia mai esistita, è impossibile ignorare la presenza di Atlantide. Sentiamo una profonda vicinanza con i temi della mostra in programma, Elegy, che raccoglie il lavoro decennale dell’artista Gabrielle Goliath. Un progetto dedicato alla memoria delle vittime di violenza di genere e razzista attraverso un lavoro performativo che coinvolge direttamente le persone colpite da questi lutti.

Per questo, per prima cosa abbiamo deciso di entrare in contatto direttamente con l’artista, per raccontarle la storia per intero, e abbiamo ricevuto la sua solidarietà. Sosteniamo l’opera e l’artista, ma critichiamo chi vuole usarla per cancellare noi e occultare un conflitto ancora vivo e aperto.

Nonostante tutto, noi siamo qui, fuori dai musei. E non solo noi: tutti i bisogni delle persone e della comunità queer di potersi incontrare, socializzare, organizzare politicamente, e anche di produrre arte, musica e cultura davvero dal basso e non nelle condizioni alienate dettate dal mercato o dalle istituzioni, sono una questione politica presente e urgente. Gli spazi LGBTQIA+ in città sono insufficienti, e quelle poche realtà che hanno uno spazio, come il Cassero, sono sotto attacco dei fascisti ed esposte al ricatto di un’amministrazione che ha già dimostrato più volte di preferire vetrine e attrazioni turistiche alle richieste delle persone queer che effettivamente abitano la città.

O forse il Comune ci sta dicendo che ha capito gli errori del passato e vuole riaprire Atlantide perché torni ad essere uno spazio di arte, cultura e politica queer? Noi siamo pronte.