Seduto ad uno dei miei banconi preferiti a Milano, mi guardo intorno cercando di capire cosa ordineranno i miei compagni di gomiti appoggiati.
Lo faccio spesso: mi piace tirare a indovinare e decidere se all’interno delle dinamiche della coppia al mio fianco lui berrà dolce e lei un Martini o se quel signore là in fondo non tradirà le mie aspettative e ordinerà uno Scotch con ghiaccio a parte, come mi attendo.
Con gli anni mi sono accorto che la questione è principalmente generazionale: sopra i 35 anni? Forte, liscio, secco. Sopra i 25? Birra, birra, birra e bevute all’aperto così si fuma. Sopra i 18 anni? Forte, veloce, possibilmente “facile da bere”. Ma sarà proprio così?
Ho deciso di scoprirlo andando a raccontare delle storie dai banconi milanesi e l’ho fatto intervistando tre persone comuni chiedendo loro di parlare a nome di un’intera generazione. Un compito non facile, certo, eppure le risposte di Fabio, Francesco e Simone forniscono un quadro perfetto dei modi di vivere il bar in questa città “da bere”.
Le risposte sono state a tratti stupefacenti e hanno in parte ribaltato i miei pregiudizi sulle tre generazioni intervistate. Diversi i punti in comune: la speranza di un ritorno alle origini del drink, la birra come fuga dalla frenesia e dai costi eccessivi di alcuni cocktail bar, il bere vissuto come un grande momento conviviale.
Nello stesso tempo Simone, Francesco e Fabio ci hanno raccontato di una Milano sempre più viva dal punto di vista del bere di qualità: una città dotata di enorme cultura sui distillati e sui drink ben realizzati, una città finalmente internazionale e con una scelta di bar di qualità quasi infinita.
E allora cominciamo il nostro viaggio generazionale in questo gioco al bancone, ecco cosa mi hanno raccontato!
Chi siete? Parlatemi un po’ di voi.
Simone, cappellino in testa e parlantina fluida, tenta subito di darmi del Lei ma lo stoppo immediatamente. Mi racconterà la Generazione Z, quella nata a inizio secolo. Ha vent’anni e lo incontro al Moscow Mule di via Teodosio.
Lui e i suoi amici vengono spesso qui e lo fanno quasi sempre nei weekend. Mi racconta che stanno vivendo una fase in cui preferiscono darsi delle regole sul bere: sono consapevoli che faccia ingrassare e tutto sommato l’alcol non è protagonista delle loro serate.
Francesco invece lo incontro al Birrificio di Lambrate, è spesso qui insieme alla sua ragazza e ai loro amici: un gruppo di persone tra i 28 e i 32 anni. Mi racconta la generazione dei Millenials, lavoratori ormai da qualche anno, spesso precari e con una grande voglia di svagarsi la sera.
Di solito Francesco e i suoi amici frequentano questa birreria: scelgono uno dei tavoli, meglio se all’aperto, e passano qui la serata tra birrette artigianali, chiacchiere e sigarette.
Fabio, infine, mi aspetta al bancone del Pravda Vodka Bar davanti a un Manhattan fatto a regola d’arte. Ha 37 anni, un lavoro da ricercatore molto importante con esperienze all’Estero e mi racconterà la generazione dei Baby Boomers, i nati prima del 1987.
Solitamente esce a bere indifferentemente in settimana o durante il weekend e mi dice subito che predilige i grandi classici e preferisce ordinarli in serate in cui non ha troppa voglia di pensare e decidere da menu troppo spesso incomprensibili.
I Bar preferiti
Simone, Generazione Z: “Di solito ci piace andare a bere in bar un po’ affollati in cui si possano fare tanti incontri, i bar troppo selettivi e da solitari non ci piacciono. Da questo punto di vista il Moscow Mule di via Teodosio è perfetto: trovi sempre qualcuno che conosci e non sei mai solo. Lo stesso discorso vale per La Ribalta in Bovisa dal punto di vista della birra e per il Tap in Porta Venezia”
Francesco, Millenial: “Per me e la mia compagnia il Birrificio di Lambrate è una tappa fissa. Ci piace molto il fatto che si possa ordinare una birra così buona e artigianale in modo molto rapido e poi ci piace sederci fuori dal locale in compagnia. I Navigli? Quando capita, ma parcheggiare è molto complicato e soprattutto le drinklist di alcuni locali sono francamente incomprensibili.”
Fabio, Baby Boomer: “Sono combattuto tra due risposte. Se voglio bere in modo più articolato scelgo senza dubbio il Lacerba. Qui la drinklist cambia spesso e i drink sono bilanciati alla perfezione. Sono cliente del Lacerba quando sono in compagnia, nello stesso tempo frequento il Pravda quando esco da solo o in coppia e lo faccio perché alla nostra generazione piacciono i drink articolati, complessi e forti. Il drink sartoriale favorisce l’esperienza da bancone e incontro altre persone della mia età.”
Da soli al bancone o in compagnia ai tavoli?
Simone, Generazione Z: “Non bevo mai da solo al bancone e non lo fanno nemmeno i miei amici. Per noi uscire a bere qualcosa significa stare in compagnia e ci sediamo sempre ad uno dei tavoli presenti nel locale. Stare al bancone mi metterebbe in contatto troppo diretto con il bartender e non mi sento pronto per scegliere un drink indicando i miei ingredienti preferiti: non voglio sentirmi ignorante.”
Francesco, Millenial: “Difficilmente esco da solo e difficilmente mi siedo al bancone. Per me il bar è un luogo per incontrare altre persone e mi riesce molto più facile farlo con una birra in mano all’esterno del locale o al limite a uno dei tavoli. Nello stesso tempo io e i miei amici stiamo iniziano a frequentare i cocktail bar che sono nati da un paio d’anni a Milano e ci troviamo molto bene anche al bancone: è un modo di vivere il bar diverso. Resta comunque il problema di doversi interfacciare con chi sta dietro il bancone: non sempre si trovano simpatia e accoglienza e non sempre la scelta è facile.”
Fabio, Baby Boomer: “Dipende moltissimo dal mood della serata: se mi sento stanco dopo una giornata di lavoro preferisco la quiete e la familiarità di un bancone. L’ho ritrovato in Italia dopo un periodo vissuto in Irlanda: gli irlandesi lo vivevano molto dinamicamente e stavano quasi sempre in piedi al banco muovendosi per il locale, qui amo il fatto che stare al bancone sia un’azione molto tranquilla, che mette in pace con sé stessi. Se invece, come mi piace fare, organizzo una serata con gli amici, preferisco scegliere un cocktail bar adatto a tutti i presenti e che abbia grandi spazi per sedersi e per riuscire a parlarsi.”
Vino, birra, drink…cosa scegliete?
Simone, Generazione Z: “Berrei quasi sempre birra, è la cosa che assaggio più volentieri, ma nello stesso tempo gonfia e fa ingrassare quindi presto molta attenzione al suo consumo. Di recente mi sono avvicinato al mondo del vino: mi piace la tranquillità delle enoteche e insieme ai miei amici le frequento quando cerchiamo una serata più tranquilla rispetto alla confusione del bar. Il vino mi sembra molto più facile da capire e da scegliere rispetto ai distillati e ai drink. Il mio cocktail preferito è il Negroni Sbagliato: me l’ha fatto conoscere mamma e da lì non ho più smesso di berlo!”
Francesco, Millenial: “Mi piacciono i gusti amari, per questo amo la birra nelle sue mille sfaccettature e mi piace provarne sempre di diverse. La birra è molto più facile da degustare e da scegliere rispetto ai drink. Scegliere un cocktail mi spaventa sempre un po’ anche a causa dei costi sempre più alti: io e i miei coetanei abbiamo paura di sbagliare e buttare via dei soldi. Se devo scegliere un drink sono abitudinario e preferisco il Moscow Mule: la vodka è facile e buona, il sapore speziato mi piace molto e penso che lo zenzero sia l’ingrediente perfetto. In generale sperimento poco nei cocktail bar ma quando ho l’occasione di farlo mi piace molto: bisogna soltanto vincere quella barriera ideale che ci separa dai bartender.”
Fabio, Baby Boomer: “Solitamente bevo vino soltanto durante i pasti, birra quando sono stanco e non ho voglia di pensare troppo. I drink sono sempre associati ai miei momenti conviviali: li bevo quando ho voglia di stare in mezzo alle persone, conosciute o sconosciute che siano. Se mi trovo in un bar di cui mi fido ordino quasi sempre l’Old Fashioned che riassume bene la mia grande passione per il whisky e i toni speziati che mi piacciono molto. Sperimentare mi piace, molto, ma non bisogna mai dimenticare la tradizione dei grandi classici. In generale se mi trovo in un posto nuovo e non so come fanno da bere ripiego sui drink classici anche per una ragione di costo: non voglio rischiare di sperimentare e ritrovarmi a dover bere un cocktail caro che non mi piace.”
I costi. Quanto impattano nella scelta del bar e dei drink?
Simone, Generazione Z: “La nostra generazione non ha mai conosciuto cocktail bar che avessero costi bassi. Per noi un drink che costi meno di dieci euro è praticamente regalato. Se la location mi piace, è elegante e mi trovo bene pago volentieri anche più di dieci euro: il costo non lo fa soltanto il drink. Le poche volte in cui sperimentiamo cocktail nuovi troviamo il drink cost milanese giustificato: la qualità si paga. Nello stesso tempo, pur accettando i costi alti, se mi trovo male in un posto spendendo molto sono sicuro che non ci tornerò mai più.”
Francesco, Millenial: “Il drink cost milanese è diventato quasi folle: ricordo che fino a pochissimi anni fa la media si aggirava intorno ai cinque/sette euro. All’epoca la mia generazione poteva permettersi di frequentare due o tre bar a serata, oggi preferiamo concentrarci su un unico locale e il drink cost impatta per il 70% sulla nostra scelta. Per quanto mi riguarda un classico non dovrebbe costare più di sette euro e per un drink con ingredienti particolari pagherei al massimo dieci euro. Spesso mi rendo conto che siamo vittime di un grande equivoco: stiamo lontani dai cocktail bar che sono esteticamente belli e un po’ fighetti perché siamo convinti che costino un sacco. Molte volte è vero il contrario: spendiamo molto in posti tutto sommato dimenticabili che ci danno un bel buffet all’aperitivo mentre spenderemmo decisamente meno in cocktail bar di buon livello”
Fabio, Baby Boomer: “Per me e per la mia generazione il prezzo impatta moltissimo sulla scelta del bar in cui andare, meno sulla scelta del drink. Se occorre pagare tanto (e a Milano si paga davvero tanto) per bere col rischio di fare una scelta sbagliata allora preferisco un prodotto da sorseggiare liscio, magari un bel whisky, con cui non sbaglio mai in un locale di cui mi fido. I costi nel corso degli anni sono cresciuti in modo esponenziale e penso che saranno l’elemento che rischierà davvero di allontanare le persone dalla cultura del bere bene e di qualità.”
I brand e le bottiglie. Quanto pesano nelle vostre scelte?
Simone, Generazione Z: “Mentre ricordo facilmente le bottiglie di vino che bevo, i loro brand e la qualità, non ho gli stessi punti di riferimento sui distillati. La mia generazione è poco attenta ai marchi e raramente chiede un drink realizzato con un prodotto specifico. In generale si pensa molto alla fruizione finale del drink più che ai prodotti che lo compongono.”
Francesco, Millenial: “L’attenzione che i ragazzi della mia età pongono alla bottiglia è spesso frutto dell’esperienza. Si cerca di non avere mal di testa il giorno dopo scegliendo prodotti conosciuti e che abbiano un costo adeguato. Tuttavia trovo sempre un po’ difficile e mi sembra quasi di far perdere tempo ai bartender quando scelgo a lungo una bottiglia da bere. So bene e la mia generazione sa bene che oggi le possibilità di variare un drink sono praticamente infinite eppure è più comodo ordinare il mio Moscow Mule rispetto a indicare una vodka con la quale mi piacerebbe berlo.”
Fabio, Baby Boomer: “I brand sono questione di età ed esperienza. Da piccoli bevevamo quasi tutti marchi di vodka famosi per essere insaporiti alla frutta, col tempo ci siamo abituati a bere prodotti superiori e poi a chiederli all’interno dei nostri drink. Mi ricordo le bottiglie che assaggio e questo ricordo lo devo soprattutto al gusto: mi colpisce più una torba decisa rispetto ai colori e al packaging di una bottiglia. Se ne ho la possibilità non esito mai a chiedere una bottiglia che mi piace per cambiare un drink o berlo come voglio io.”
Che cosa berrete insieme ai vostri nipoti? Quale sarà il futuro del Bar?
Simone, Generazione Z: “La mia generazione è consapevole di essere arrivata in uno dei momenti migliori per la storia del bar. Oggi la scelta a Milano è praticamente infinita eppure tutti sono consapevoli di star vivendo in una grande bolla destinata a scoppiare. Penso che alcuni grandi drink, quelli che vengono definiti classici, rimarranno per sempre. A mio nipote proporrò una cena con i grandi vini dal mondo: Australia, California e chissà, alcune produzioni cinesi del futuro. E a fine cena, inevitabilmente, gli preparerò un Negroni Sbagliato fatto a regola d’arte!”
Francesco, Millenial: “A Milano c’è tanta, tantissima voglia di sperimentare e la mia generazione lo percepisce e apprezza. Viviamo nella città del bere bene. Forse i drink tradizionali si estingueranno a favore di nuovi sapori e consistenze. Mio nipote avrà sicuramente gusti più sofisticati rispetto ai miei così come io li ho avuti più sofisticati rispetto a quelli di mio nonno. Sarà difficile preparagli qualcosa da bere, probabilmente dovrò inventarmi un Moscow Mule stile Nouvelle Cuisine.”
Fabio, Baby Boomer: “Il futuro del bar dipenderà soprattutto dalla richiesta del pubblico e al momento io credo che il costo eccessivo di alcuni bar non farà altro che allontanare la clientela. Sono molto pessimista e vedo tanta esagerazione nelle preparazioni, quasi a giustificare dei costi esagerati rinunciando alla sostanza. Per questi motivi nel futuro del bar vedo un ritorno alle vecchie abitudini, ai vecchi clienti storici e alla concretezza dei grandi classici ben realizzati. Nello stesso tempo non posso non notare che i gusti vanno uniformandosi sulla dolcezza e poca forza alcolica per cui sono indeciso: con mio nipote berrò un grande Manhattan o un tremendo vodka sour con qualche nuovo frutto tropicale scoperto da qualche bartender?”
Contenuto pubblicato su Grande Zero Milano - 2019-05-10