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Il Coronavirus e la libertà

Non fare un cazzo nella città del fare. Una grande sperimentazione temporanea. Il vuoto è vita

Geschrieben von Lucia Tozzi il 26 Februar 2020
Aggiornato il 17 März 2020

Non ho mai capito quei bambini che, invece di essere felici per la pioggia eccezionale o la piccola scossa di terremoto che ci bloccava a casa, si lamentavano di non potere andare a scuola. Mi sembravano giustamente degli alienati. Ecco, quelli che non vedono l’immensa finestra di libertà che ci spalanca questa specie di coprifuoco mi sembrano un po‘ così, come i miei compagni che si divertivano più a scuola, o che avevano bisogno dell’animazione per divertirsi.
Invece lo scenario è surreale, a un primo sguardo tipo agosto ma molto più bello, perché in realtà sono tutti qua, la presenza si sente, lo stop è provvisorio e non programmato. C’è il deserto urbano popolato qua e là da gente che fa cose all’aperto, soprattutto bambini che sono quasi-immuni e si godono il sinistro (quello si, ma non ci pensano ancora tutto il tempo) clima primaverile. Sono saltati migliaia di opening, presentazioni, lectio magistralis, performances, mostre interattive, incontri noiosissimi, meeting sul nulla, show di aiuole mobili e sostenibili, e di sicuro parecchie week e giornate celebrative incrociate. Di colpo si scopre che tutto questo movimento non è obbligatorio, che il vuoto è vita. La città del fare si può fermare per qualche giorno, si può non fare. Si può uscire dalla ruota del criceto degli eventi organizzati e inseguire dei desideri sempre un po‘ repressi dal senso di colpa.

Liberi dall’obbligo di farsi vedere o di supportare lo show del cliente, del conoscente, dalla continua richiesta di attenzione che ci viene rivolta da decine di persone diverse ogni giorno, possiamo incontrare amici più simpatici del popolo delle inaugurazioni, e avere delle conversazioni più interessanti di quella tipica: dove vai stasera, a xxx o yyy?

Nuove possibilità per incontrare l’amante/gli amanti e scopare, che in genere incrociare i tempi è difficilissimo in questa città (magari più difficile trovare la scusa, a parte andare a svuotare il supermercato più lontano da casa). O leggere, invece di andare al talk dove l’autore stremato ripete per la duecentesima volta le stesse cose. Scrivere fiumi di cose arretrate senza consumare la notte. Dormire moltissimo. Drogarsi, ma senza passare la canna o altri supporti. Vedere i film e le serie con i mezzi a disposizione. Seguire le primarie americane saltando la mediazione dei nostri tristi commentatori. Camminare per chilometri. Non fare un cazzo. Non fare un cazzo. Non fare un cazzo. Non fare un cazzo.

Contenuto pubblicato su ZeroMilano - 2020-03-01