Ritrovarsi in una casa a preparare da mangiare insieme: più facile a dirsi che a farsi. Siamo tutti stanchi ed esauriti, con le nostre vite incasinate, e organizzare un pranzo o una cena è spesso troppo impegnativo, così alla fine si va a mangiare fuori.
Da questa e altre riflessioni è nato in un appartamento del centro storico – di quelli che un tempo si chiamavano „per studenti“ e oggi ospitano anche moltissimi lavoratori e lavoratrici – il Dinner Club di Focolare, un nome che dice già molte cose.
Il „calore domestico“ è, infatti, l’ingrediente principale delle cene preparate insieme da persone che il più delle volte non si conoscono tra loro. Ogni volta c’è un tema/piatto/Paese diverso: il primo a dicembre scorso si è concentrato sui dumpling cinesi il prossimo sarà tutto colombiano. È una situazione super informale dove non ci sono particolari regole né bisogna avere conoscenze pregresse o essere pratici di cucina: solo iscriversi per tempo con una piccola quota (perché i posti sono pochi), avere voglia di stare in compagnia e curiosità.
Lorena, che dalla Sicilia arrivò diversi anni fa a Bologna per studiare Semiotica, da quando è partita col progetto ha le idee molto chiare: «Da isolana espatriata ho sempre sofferto molto la lontananza dalla mia comunità di appartenenza. Con Focolare voglio, quindi, provare a restituire un’idea di famiglia che si raggruppa intorno a un tavolo, in una stanza e che crea un bel momento attraverso la cucina, mangiando e cucinando insieme. E voglio che si costruisca qualcosa di alternativo al food. Basta food!»
La storia di Lorena è quella di molte ragazze e ragazzi che a un certo punto si trovano a dover fare i conti con un mondo del lavoro ostile: «Dopo la laurea ci ho provato, mi sono prestata a tutte quelle cose che “si devono fare”, quindi essere pagati male, collaborare con delle agenzie che poi dopo un po‘ ho capito che non mi volevano pagare e che ho mandato lì dove dovevano essere mandate. Anche perché pochi sanno cos’è un semiologo. Solo dopo un po’ ho capito che no, non ce la potevo fare e che non dipendeva certo solo da me, ma da un contesto nel quale spesso chi ha una laurea vale poco. E gira e rigira andavo sempre a finire in luoghi relativi al cibo.»
«Mi è sempre piaciuto cucinare – racconta – è una cosa connaturata in me perché in famiglia si mangia molto bene. Da quando sono a Bologna ho capito poi che mi aiuta a stare bene, scarico la tensione e mi diverto. Ma all’inizio non ci ho dato molta importanza, perché per chi si occupa di cose intellettuali il messaggio è che la cucina è a livello più basso. E poi c’è ancora l’idea che che una donna che cucina lo fa solo perché deve sfamare la famiglia, mentre i maschi quando lo fanno sono degli appassionati, sono degli artisti. Tutti questi pensieri hanno giocato un ruolo anche nella mia testa, finché non li ho destrutturati sulla mia pelle e ho deciso di prendere possesso dello spazio della cucina come strumento di espressione. Da autodidatta ho anche un po’ sofferto della sindrome dell’impostore, ma col tempo ho acquisito sicurezza e mi sono resa conto che sì, posso farlo.»
Così per Lorena arriva la prima esperienza in un’azienda agricola e poi i laboratori al Mercato della Terra: «In azienda facevo la pasta fresca. Mi piaceva, ma l’atto di servire il cibo presuppone un rapporto un po’ asimmetrico e lì ho capito che mi interessava di più fare qualcosa in un rapporto alla pari, con altre persone.»
Ecco allora l’idea di Focolare e l’arrivo dei dinner club: «Ho la fortuna di abitare in centro e in una casa con una sala molto grande con dei coinquilini che mi permettono di fare quello che faccio. Coinquilini con i quali condividiamo un’idea comune sull’utilizzo di uno spazio che abbiamo sempre cercato di tenere vivo e aperto ad altre persone. In passato abbiamo, infatti, organizzato anche dei secret concert.»
Ma i dinner club di Focolare non sono una festa: tutti, infatti, devono poter fare qualcosa e tutti sono attivi per preparare il pasto comune.
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«La pratica potrebbe sembrare un po‘ laboratoriale, ma io non ho il ruolo della maestra, posso dare delle indicazioni, ma si parte alla pari. La cosa interessante è che non so mai come andrà, perché l’energia che si crea è sempre imprevedibile. L’ambiente domestico aiuta le persone a sentirsi accolte e non giudicate, quindi si crea sempre una bellissima atmosfera ed è sempre molto stimolante per chi partecipa. Per me è anche un atto d’amore anche nei confronti del luogo in cui mi trovo. Voglio creare dei momenti per la comunità e le cene sono, infatti, rivolte alle persone che qui ci vivono. C’è anche molta internazionalità, ma non di quel tipo turistico che passa e se ne va».
Una cosa molto importante dei dinner club è che non finiscono mai nel momento in cui ci si saluta: «Ogni volta qualcuno si porta dietro qualcosa: tipo la bustina delle spezie preparata per il dinner indiano, il barattolo di kvass, una preparazione polacca fermentata, base di tante ricette o il kimchi. Cose di cui bisogna prendersi cura».
Ma stare in affitto in una casa del centro non può durare per sempre, soprattutto in questa Bologna: «Quello che faccio non potrei certo ripeterlo in uno spazio che non sia una casa, e anche se fosse fuori dalle mura sarebbe probabilmente diverso. Ma vivere in affitto è ovviamente una condizione precaria e ho la sensazione che questa città ci voglia spingere fuori. Per far spazio non ho capito bene a chi. Gente con più soldi? Turisti? Ma che senso ha continuare ad attrarre studenti se gli studenti hanno difficoltà a pagare una singola 700 euro? La verità forse è che questa è sempre stata una città di passaggio e forse lo sarà anche per me.»
Per rimanere aggiornati/e sui prossimi dinner club potete seguire Focolare sulla sua pagina instagram. Lorena invece la trovate domenica 16 giugno da Combo con un laboratorio organizzato per il Market di No Glucose.