A due anni dalla morte di Sante Notarnicola, il 22 marzo 2021, arriva il primo film che ne racconta la storia. Si chiama Fuoritempo ed è diretto dalla bolognese Matilde Ramini, classe 1994, e arriva in sala al Cinema Europa, lunedì 18 dicembre alle 19.30, dopo essere stato presentato in anteprima assoluta al Bellaria Film Festival.
Attraverso i materiali d’archivio e l’incontro con una generazione diversa dalla sua, la regista compie un viaggio alla scoperta della biografia del poeta comunista e rapinatore di banche o, come lo definirono i vari giudici che lo condannarono, „sobillatore, sovversivo, nappista, brigatista, irrecuperabile, irriducibile“.
Nato nel tarantino, a Castellaneta, nel 1938, Sante iniziò la sua militanza politica a Torino e diventò noto nei primi anni 60 per una serie di espropri proletari insieme alla quella che fu chiamata la Banda Cavallero per raccogliere denaro a favore dei movimenti di liberazione nei paesi coloniali. Arrestato nel ’67, fu condannato all’ergastolo e trascorse un terzo della sua vita in prigione.
Nel 1995, in regime di semilibertà, aprì il Mutenye, dove dispensava lezioni di storia e di vita dietro il bancone.
Fuoritempo sfiora l’inizio degli anni di piombo attraverso uno dei suoi protagonisti più trasversali, raccontando la contraddizione della morale in un periodo storico fin troppo dimenticato dalla contemporaneità.
La regista scopre gli scritti di Sante e i suoi ideali comunisti attraverso materiali d’archivio e grazie all’incontro con un gruppo che l’ha conosciuto.
„Quando qualcuno muore – racconta Matilde Ramini – lascia un calco in chi rimane, come se chi rimane fosse fatto di gesso e non potesse fare altrimenti che mantenere quella forma, in negativo. Conoscere i cari di Sante Notarnicola è stato un ampliamento di questa tesi: anche gli ideali lasciano un segno profondo.
La spettacolarità di un gesto estremo come la rapina a mano armata si sgretola ricostruendo le condizioni e gli orizzonti di senso che l’hanno determinata. La violenza del gesto non sparisce, si inscrive piuttosto in una storia di vita. È una storia che lascia intravedere quello che c’è stato dall’altra parte, al di là di una decisione irreversibile e, come sua conseguenza, oltre le mura di un carcere.
Come regista mi sono avventurata in una storia a me vicina e lontana al tempo stesso. L’essere fuoritempo è la mia condizione di partenza, causa scatenante della mia necessità di tornare sulle cose, anche quelle non vissute. L’essere fuoritempo di Sante è invece l’espressione di un bisogno molto presente, anche nel suo essere ormai archivio“.