Fa caldo come d’estate, si balla duro come fossimo a un festival, o forse no, abbiamo addirittura preso un aereo e siamo finiti nel pieno di un rituale magico nel cuore dell’Africa. Più che a sognare a occhi aperti o a spingerci ben oltre gli attuali limiti della legalità (!), i Maistah Aphrica tornano con un nuovo disco per ricordarci che l’allenamento – e il ritmo – nella vita sono tutto, in special modo di questi tempi. Loro, che in Africa non ci sono mai stati ma ormai da anni suonano e si muovono come un navigato ensemble afrobeat psichedelico (chi li ha visti a ZUMA nel 2019 avrà presente di cosa stiamo parlando), hanno sostanzialmente anticipato l’attuale necessità collettiva di viaggiare solo con la testa e la musica, di studiare e immaginare non senza ironia riti, culture e suoni di paesi lontani per farsi trovare preparatissimi per quando, beh, si tornerà a muoversi scomposti sottopalco e si potrà fare un viaggio in Africa. Un luogo che oltre a essere fisico è luogo mentale in cui l’universo jazz e gli idiomi africani si fanno cosmici, universali, ibridi e sfrenati.
L’ensemble friulafricano torna in questi giorni con un secondo, carichissimo album intitolato „Meow“ e pubblicato dalla milanese Black Sweat Records – etichetta indipendente che conosciamo bene per essere proprio una delle realtà principali dietro al festival ZUMA e che, tra le altre cose, ha di recente pubblicato l’album degli Addict Ameba, indomito collettivo con base a Casoretto. Uno sguardo attento sui suoni dal mondo – di ogni tempo e spazio, concitati o dilatati, sperimentali o ballabili – che è caratteristica peculiare di Black Sweat e che trova un’irresistibile carica festante e piena di groove nell’immaginario e nei ritmi dei Maistah Aphrica, in cui lo sfaccettato universo africano (che qui diventa una fantastica terra denominata „Bolombia“) torna a essere luogo di visioni e danze liberatorie tra fiati, percussioni di ogni sorta e sintetizzatori. Un incrocio tra potenza immaginifica di simboli e tradizioni, ricerca musicale che tira una linea tra Fela Kuti e Sun Ra, Heliocentrics ed Embryo, e fantasiosi registri di comunicazione, confermati anche dalle sempre bizzarre note che accompagnano il nuovo disco (tra rituali magici, marce nazionali e registrazioni dalle strade della mitica città di Balombo, omaggi al grande compositore di spot televisivi Loh Nghiba Linih) ed esplodono letteralmente nei due minuti del video di „Masanah“, sorta di blob etno-weird che vi facciamo vedere di seguito in anteprima.
La RAB, Radio Televisione Bolombiana, presenta una originale trasmissione maistadah:
«Grazie alla potente tecnologia dell’impastatrice audio-video planetaria a pellicola 8 km, nota in Bolombia col vezzeggiativo Bolombimby, quello che doveva essere un semplice talk show diventa un vero e proprio giro del globo bolombiano. Un insieme di spezzoni di footage (dall’età del piede) della vita quotidiana di varie etnie della Bolombia: i cinesi cianotici, i fricani (enclave che si ciba esclusivamente di frico) durante la loro tipica fase digestiva, gli eski-meow-si (che non dicono mai di no). Il regista Francesco Scarel riconosce l’incompletezza dello show (“manca un talk!”) e lo trasforma in un video musicale, ordinando alla troupe televisiva: “Masanah, xe meow”».
Con queste parole, l’ottetto composto da Gabriele Cancelli (tromba, ukulele, flauti, percussioni, voce), Mirko Cisilino (trombone, corno francese, tromba, percussioni, voce), Marco D’Orlando (congas, percussioni, voce), Clarissa Durizzotto (sax alto, percussioni, voce), Enrico Giletti (basso elettrico, voce), Andrea Gulli (sintetizzatori, dub effect, voce), Alessandro Mansutti (batteria, voce) e Giorgio Pacorig (piano, electric organ, Korg MS 20, effetti, voce) torna a far vibrare la propria (fantastica) comunità balombiana e ci introduce il nuovo video. Buona visione e chiaramente buon viaggio!