Un distanziamento fisico che però non deve essere anche, fatalmente, sociale: in tutti questi mesi è stato il fondamentale mantra di tantissimi spazi di aggregazione, di centri culturali e ricreativi sparsi in tutta Italia, che hanno lavorato affinché, nel rispetto delle norme sanitarie, la tenuta sociale del Paese non si sgretolasse anche per la sostanziale assenza di tutele della promozione culturale, facendosi carico in molti casi anche di un sostegno economico e sociale delle fasce più fragili. Oggi, con l’ultimo DPCM, oltre alla sospensione delle attività culturali e sociali, tutto l’associazionismo e il mondo del no profit si trova beffato forse anche più del settore degli eventi culturali e dello sport da un decreto che li lascerà totalmente chiusi fino al 24 novembre anche per la somministrazione di alimenti e bevande a beneficio dei soci. Un decreto che liquida sostanzialmente il mondo del no profit con un „nonché“ in un passaggio del testo, puntando nuovamente l’attenzione su quali siano i servizi effettivamente essenziali per il cittadino (e l’essere umano in generale…) e sulla necessità di essere da un lato responsabili dal punto di vista sanitario e dall’altro consapevoli e trasparenti circa le soluzioni possibili affinché la stessa cittadinanza non sia abbandonata alla solitudine e alla paura.
Un colpo durissimo che tocca in particolar modo il mondo dell‘Arci, già piegato e affaticato come altri settori dalle prime chiusure, con oltre 4000 Circoli attualmente chiusi in tutta Italia – spazi in cui ci siamo ritrovati spesso dentro e fuori queste pagine, dal Circolo Magnolia di Milano al Fanfulla di Roma, passando per la miriade di realtà anche molto più piccole che costellano il Paese. Con il rischio di non riuscire a riaprire, di buttare all’aria anni di lavoro sul territorio e di lasciare un vuoto nell’assistenza di cui questi spazi si sono fatti carico da sempre, e ancora di più negli ultimi mesi.
Chiudere le attività culturali, sociali e ricreative rischia di essere per moltissimi Circoli, che sono l’antidoto alla solitudine e all’impoverimento culturale e materiale, un momento drammatico da cui sarà difficile rialzarsi
Riprendiamo alcune righe del comunicato dell’Arci, che per questo venerdì ha indetto una manifestazione a carattere nazionale (a Roma l’appuntamento sarà in Piazza Montecitorio dalle 14:30 alle 17:30, in arrivo luoghi e orari nelle altre città) affinché questi luoghi di aggregazione, anche se lasciati chiusi per tutto questo tempo, possano quantomeno tornare a ristorare concretamente le persone – di ogni fascia d’età – che li hanno frequentati e supportati finora.
«Le misure anti Covid dell’ultimo Dpcm, secondo gli ultimi provvedimenti interpretativi, sono un colpo durissimo per l’Arci. Gli oltre 4mila circoli in tutta Italia resteranno chiusi fino al prossimo 24 novembre e in tantissimi rischiano di non riaprire. Questo significa che oltre 1 milione di socie e soci in tutta Italia saranno privati dei loro spazi di socialità, associazionismo, promozione della democrazia e della cultura. Abbiamo detto più volte di essere consapevoli che l’emergenza epidemiologica non è terminata e che la salute è un bene primario ma ci troviamo davanti a provvedimenti che penalizzano fortemente l’associazionismo diffuso di promozione culturale e sociale che svolge un’attività fondamentale per la crescita del Paese, per la democrazia e per la coesione sociale. Chiudere le attività culturali, sociali e ricreative rischia di essere per moltissimi Circoli, che sono l’antidoto alla solitudine e all’impoverimento culturale e materiale, un momento drammatico da cui sarà difficile rialzarsi. Quasi impossibile. Non lo possiamo accettare. Per questo stiamo organizzando per venerdì prossimo presidi in tutta Italia sotto l’insegna CURIAMO LA SOCIALITÀ. Per dire no a delle misure che, nonostante l’emergenza, riteniamo sbagliate»