L’identità di un luogo è una cosa complessa, che sia di quello in cui si cresce, ci si trasferisce, si studia o si esce la sera. Le città cambiano a ritmi vorticosi e così anche le aspettative che nutriamo nei loro confronti: divertimento, sport, musica, cultura, ristoranti… A Milano queste trasformazioni sono più evidenti che mai, negli ultimi vent’anni ha cambiato faccia, sono nati nuovi quartieri, nuovi modi di muoversi e di socializzare. Sembra impossibile starle dietro. Addirittura, nel corso dell’anno, esplodono grandi feste di pochi giorni che ne celebrano i mille volti, e di questi forse il più radicato, quello che la rende famosa in tutto il mondo, è il design.
Il momento della designweek – che si divide tra Salone del Mobile e Fuorisalone – cambia continuamente e riserva sorprese da scoprire dietro ogni angolo. Tra i padiglioni fieristici certo, ma anche tra mura dimenticate, vetrine, appartamenti nobiliari, spazi abbandonati, officine, gallerie, parchi e chi più ne ha più ne metta. A rendere speciale questa caccia al tesoro per la città è lo sguardo dei progettisti che la animano, che si muovono per Milano concentrandosi su dettagli a cui solitamente non fa caso nessuno – cordoli delle strade, colori dei cartelli, cortili nascosti. Guardano a ogni spazio immaginando subito come trasformarlo, dando vita così a una marea di eventi che ormai fanno parte del calendario di ogni milanese – addetto ai lavori, appassionato o festaiolo che sia.
Ma questo momento è anche quello in cui tutti quelli del settore si ritrovano per un dialogo di cui il pubblico è spettatore, che viene messo in mostra nella città dopo un intenso anno di lavoro. È questo confronto, una sorta di “conflitto light”, a rendere la città così dinamica e reattiva, mutevole e continuamente sorprendente, perché soltanto nel momento in cui c’è un po‘ di frizione le cose cambiano (per il bene o per il male) e la città è lo spazio dove osservare i cambiamenti che produrrà questa frizione. Per chi vive Milano, infatti, la fiera, quella vera, è la città, e la città è l’allestimento di un grandioso progetto.
Come e quando sia iniziata questa avventura simbiotica tra fiera e città lo si sa: il Salone nasce direttamente tra i padiglioni nel 1961 (auguri per i 60!), mentre il Fuorisalone nasce in maniera più caotica e spontanea a metà degli anni ’80, per poi sistematizzarsi nel 1991 con le guide stampate di Interni (e auguri per i 30!). Quello che invece non si sa, o comunque si sa meno, è da dove arrivi l’impeto creativo che le tiene insieme, un rapporto indissolubile come quello tra due amanti che si trovano solo una volta all’anno per fare insieme una vacanza intensa e bellissima.
Una storia d’amore che inizia negli anni ‘50, quando la foga creativa scende dalla Brianza fino in centro a Milano, dove gli oggetti prodotti possono essere venduti in massa. È proprio un negozio a cambiare il modo in cui il design arriva in città, la Rinascente, che incarica l’architetto Carlo Pagani di progettare prima gli interni, poi gli ingressi e infine le vetrine, in un crescendo che porta lo spazio privato verso il fuori, fino a incontrare quello pubblico. Il design diventa in breve tempo così importante che nel 1954 il grande magazzino istituisce un concorso per dare “un contributo decisivo al problema dell’estetica industriale in Italia”: il premio è il famoso Compasso D’Oro. Le vetrine de la Rinascente iniziano ad ospitare nomi eccezionali del progetto milanese, con le decorazioni di Bruno Munari o gli allestimenti di Franco Albini, e il Compasso D’Oro diventa un riconoscimento via via sempre più prestigioso fino a dar vita, due anni dopo, all’Associazione per il Disegno Industriale.
Se è vero dunque che la Rinascente detiene una sorta di primato nel fare da ponte tra grande pubblico e cultura del progetto, è vero anche che da quel momento in poi la città intera risponde con sempre più entusiasmo, lasciando che alla design fever si aprano con curiosità molti altri spazi, più piccoli, informali e indipendenti – negozi, bar, librerie, studi professionali e persino spazi industriali. Insomma la progettazione, la produzione, la tecnica e il commercio, viaggiano tutte spedite sotto l’ala protettrice della città di Milano. Il design ha iniziato a insediarsi in ogni interstizio disponibile e ha portato sotto gli occhi dei cittadini le potenzialità che solo gli architetti dallo sguardo più allenato intravedevano nello spazio urbano.
Un grande gioco che continua tutt’oggi. Il Fuorisalone è infatti un po’ come una creatura mutante che, pur mantenendo la sua identità, ogni anno si presenta con una forma diversa, si riadatta, reagisce alle nuove esigenze espositive e alle nuove mode che via via conquistano quartieri, locali e persone. D’altro canto la città non muta in maniera autonoma, ma assecondando chi la abita. E mentre Milano cambia, cambiano anche gli eventi che oggi danno vita a un racconto del design sì più frammentato, ma a scala più umana.
Da una conversazione con Mariana Siracusa.