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La memoria collettiva della montagna

Cinquant’anni di cinema privato raccontano come gli italiani hanno imparato ad amare l’alta quota, grazie a Memoryscapes

Geschrieben von LR il 15 Dezember 2025

Fondo Buratti Zanchi_ Festival Ladin in Val Gardena (16mm, 1962) - Fondo Home Movies

C’è un momento, nei film di famiglia, in cui tutto sembra fermarsi: la neve che cade piano, una funivia che sale lenta, un gruppo di persone che ride davanti a un rifugio. È lì che la montagna smette di essere solo paesaggio e diventa memoria. Un luogo vissuto, attraversato, desiderato.

Da oggi questa memoria prende forma dentro Montagne, la nuova sezione di Memoryscapes, la piattaforma online della Fondazione Home Movies – Archivio Nazionale del Film di Famiglia di Bologna. Oltre 500 filmati amatoriali, girati tra il 1924 e il 1987, raccontano sessant’anni di relazione profonda – fatta di scoperte, trasformazioni, contraddizioni – tra gli italiani e le loro montagne (e di cui vi abbiamo parlato molto qui).

La montagna entra nella vita quotidiana e diventa protagonista di un racconto collettivo.

Non sono immagini patinate né racconti ufficiali. Sono sguardi privati, cineprese leggere, mani inesperte che provano a trattenere qualcosa: una gita domenicale, una scalata, un inverno particolarmente nevoso, una festa di paese. È così che la montagna entra nella vita quotidiana e diventa protagonista di un racconto collettivo.

Nell’arco del Novecento la montagna cambia volto e questi filmati lo raccontano con una chiarezza sorprendente. Arrivano gli impianti di risalita, le funivie, le seggiovie, gli skilift. Salire diventa più facile, più veloce, più democratico. La vetta non è più solo per pochi.
Ad esempio Sestriere, che già dal 1932, appare come un avamposto del futuro: architetture moderne, sciatori ovunque, un nuovo immaginario fatto di sport e socialità. Le cineprese seguono le prime funivie di Cervinia, la Sass Pordoi che nel 1964 porta quasi a 3.000 metri in pochi minuti, la Selva – Dantercepies, all’epoca la più lunga d’Europa. Alcuni impianti oggi non esistono più, ma continuano a vivere qui, sospesi nel tempo.
È una montagna che si apre, che accoglie, che si offre allo sguardo e al consumo. Una montagna che diventa vacanza, tempo libero, esperienza condivisa.

Con l’accesso cambiano anche i gesti. Nei film di Montagne si vede l’evoluzione dello sport: l’abbigliamento che si fa tecnico, l’alpinismo che diventa organizzato, le imprese raccontate con orgoglio ma anche con leggerezza.
Ci sono discese in corda doppia, scalate ardite, bambini legati in cordata insieme agli adulti. Uomini e donne, adolescenti e famiglie intere che avanzano tra ghiacciai e pendii, come nella spedizione del 1966 verso Punta San Matteo. Non manca lo sport ufficiale: il Trofeo Mezzalama, le cronoscalate, le Olimpiadi di Cortina del 1956. La montagna come palcoscenico, ma anche come sfida personale.

Accanto al turismo, c’è un’altra montagna che emerge con forza: quella abitata. I film raccontano il lavoro, le tradizioni, le comunità che resistono e si trasformano. Sull’Appennino emiliano, soprattutto, il cinema amatoriale diventa racconto corale: bambini, preti, famiglie, feste popolari.
La Baìo di Sampeyre, la cultura Walser, il mondo ladino: riti e lingue che si tramandano, gesti antichi che trovano spazio davanti all’obiettivo. È una montagna fatta di relazioni, di cura, di appartenenza.

Guardati oggi, questi film fanno anche un altro effetto. La montagna diventa un archivio naturale del cambiamento climatico. Ghiacciai allora compatti, oggi ritirati. Nevi estive che sembrano impossibili. Laghi ghiacciati, fioriture, vulcani coperti di bianco. Dalla Marmolada al Monte Rosa, dall’Etna al Vesuvio in eruzione nel 1925, la montagna si mostra fragile, sensibile, attraversata dal tempo. Un grande sensore ecologico, prima ancora che ce ne rendessimo conto.

Montagne è una mappa emotiva dell’Italia in quota: dalle Alpi agli Appennini, dalle isole ai vulcani, dai laghi alpini alle vette sarde. Un viaggio che passa per Ischia, la Sila, il Pollino, il Gennargentu. Un invito a perdersi, a guardare con calma, a riconoscersi.
Memoryscapes è tutto questo: una piattaforma libera e accessibile che restituisce voce al cinema privato del Novecento. Un mosaico di vite, paesaggi, trasformazioni. Un modo per tornare a guardare la montagna non solo come sfondo, ma come protagonista delle nostre storie. E forse, rivedendo queste immagini, capire che la montagna – molto prima di noi – stava già raccontando tutto.

Scopri qui il progetto completo.