Per contrastare l’isolamento, spesso acuito dalle piattaforme digitali, a Bologna dal 2020 esiste una piattaforma diversa, fisica e non virtuale, che ha come obiettivo quello di creare battaglie collettive attorno a temi come reddito, salario, abitare e giustizia climatica.
PLAT (abbreviazione di platform) è una „Piattaforma di Intervento Sociale“ nata al risveglio dall’inverno pandemico per iniziativa di un gruppo di soggetti provenienti da diverse realtà sociali e politiche: Laboratorio Crash, Si Cobas, Rent Strike Bologna, Bolognina Boxe ed Assemblea per la Salute del Territorio. Il suo spazio fisico è in Corte 3, in via Nicolò dall’arca 34/b (Bolognina), e ospita un caf, sportelli antisfratto, uno sportello migranti e attività di supporto legale che negli ultimi anni hanno dato aiuto gratuito e volontario a centinaia di persone con problemi diversi.
«Quello che cerchiamo di fare – ci ha raccontato Giovanni – è connettere chi subisce maggiormente l’isolamento e lo sfruttamento che la nostra società tende a riprodurre, soprattutto in un periodo come questo, in cui ogni richiesta di diritti e condizioni dignitose viene soffocata con la repressione. Per questo portiamo avanti quello che definiamo un „sindacalismo metropolitano“ per diffondere le lotte in città, ovunque ci sia bisogno di unirsi».
Il 2023 è stato un anno di svolta: prima con l’occupazione, insieme ad alcune famiglie, di una palazzina di proprietà comunale in via Raimondi 14 (Bolognina) chiamata “Radical Housing Project – Condominio Sociale”, poi con l’attivazione di un’incredibile rete solidale a seguito dell’alluvione che il 3 e 4 maggio dello stesso anno ha colpito duramente alcune zone della Romagna.
Attraverso i propri canali digitali, PLAT ha organizzato immediatamente una raccolta di materiali come stivali, pale, viveri, vestiti e beni di prima necessità, per poi unire ogni giorno carovane di volontarie e volontari che da Bologna partivano in massa per portare aiuto nelle zone allagate: «Sin da subito si sono presentate centinaia di persone che avevano bisogno di coordinamento in una situazione che ha trovato Stato e istituzioni totalmente impreparati. Abbiamo compreso che c’era bisogno non solo di ricevere, ma anche di dare solidarietà. Per questo, dopo aver spalato il fango, abbiamo deciso di ritrovarci in alcuni percorsi assembleari che hanno portato prima a una grande manifestazione di protesta sotto la sede della Regione Emilia-Romagna, poi all’organizzazione di un festival a Villa Angeletti, (FE)STIVALe, che ha permesso di raccogliere fondi per sostenere le zone alluvionate».
Sabato 19 ottobre 2024 la crisi climatica ha colpito direttamente Bologna e la sua provincia e già dal giorno dopo PLAT era in strada: «Eravamo pronti perché si sapeva che sarebbe risuccesso». Grazie a un presidio nel cortile della parrocchia di San Paolo del Ravone, in collaborazione con gli scout Agesci, ogni giorno, dalle 9:30 del mattino, PLAT ha organizzato squadre di volontarie e volontari, smistandole dove c’era maggiore necessità, «per coprire ancora una volta le carenze del governo e l’assenza di fondi». L’attivazione creatasi è stata incredibile, qualcosa di «storico – secondo Giovanni – che in termini di partecipazione trova precedenti in città solo nei giorni successivi alla Strage della Stazione di Bologna del 1980. Migliaia di persone, soprattutto ragazze e ragazzi dai 15 ai 30 anni».
Tra i tanti sorrisi, c’era però anche tanta rabbia: «Le ragioni sono tante, a partire dal fatto che si continuano a finanziare con milioni di euro guerre genocidarie, ma mancano le idrofore per tirare via l’acqua dalle zone alluvionate; c’è poi la questione della cementificazione e dello sfruttamento intensivo che hanno reso invivibili i territori; e infine la repressione che subiamo per aver sottolineato i rischi della crisi climatica, ricevendo denunce e fogli di via, nonostante i fatti dimostrino che abbiamo ragione e che siamo sempre noi a spalare il fango per sopperire alla mancanza di politiche e risorse adeguate».
«Tutte le battaglie per i diritti che portiamo avanti con PLAT – conclude Giovanni – sono, perciò, collegate tra loro, ed è chiaro che quando parliamo di cambiamento climatico non possiamo tenere separata la giustizia sociale, quindi lo sfruttamento di classe, razziale e di genere, oltre a quello dei territori, che provocano enormi dislivelli rispetto al modo in cui si affrontano i disastri. Un cambio di rotta non può prescindere da questo».