Come può l’ennesimo festival di musica elettronica essere (davvero) diverso? Come può riuscire a risvegliare i sensi sopiti, attivando quei meccanismi sensoriali perduti? Il Lost Music Festival è partorito da questi presupposti e quesiti proponendosi come risposta. Dove i sensi si perdono si ritrova dell’altro: qualcosa di nuovo, alieno, eppure intrinseco a noi.
Tecnologia e natura, emozioni e dubbi, si incontrano e snodano tra gli infiniti sentieri del Labirinto della Masone.
L’evento musicale si svolgerà il 17, 18 e 19 giugno al Labirinto della Masone di Fontanellato (Parma), che denota il record di labirinto di bambù più grande al mondo. Ispirato dai discorsi sui percorsi sempre dubbiosi dell’uomo, dall’amico e scrittore Jorge Luis Borges, sarà l’editore, grafico e collezionista Franco Maria Ricci ad inaugurare il colossale dedalo nel 2015. Costituito da più di 200.000 piante di bambù di oltre 20 specie diverse (alte fino a 15 metri), il percorso si estende per oltre 3 chilometri. Il perimetro a forma di stella è fortemente ispirato dalla “Forma Urbis” delle città rinascimentali, circondate da mura difensive. Curioso notare come le due strutture, effettivamente simili, abbiano però due ruoli opposti: l’una rende titubanti, l’altra certi del cammino.
A fianco al labirinto sorge un museo contenente l’intera collezione d’arte privata di Ricci. Eclettica, imponente, libera da pregiudizi, vasta, personalissima. Si tratta, a tutti gli effetti, di un ennesimo rapimento mistico per gli occhi e la mente. Si snoda in opere che vanno dal cinquecento al novecento, percorrendo pittura, letteratura e scultura. L’allestimento non è né casuale né scientifico, va semplicemente per associazioni. Una sala introduttiva è interamente dedicata al misterioso “Codex Seraphinianus” di Luigi Serafini, la cui prima edizione fu realizzata proprio dalla casa editrice Ricci. Illustrato da lunghe serie di metamorfosi grafiche, si presenta come un’enciclopedia di un mondo parallelo. Ad ogni grafica è associata una descrizione, scritta in un linguaggio ideato dall’autore stesso. Seppur esteticamente naturale, rimane del tutto incomprensibile.
Il “giretto nel salotto di Ricci” ci offre un continuo contraddirsi tra figure angeliche e morti strazianti. Una marea di sontuosi Cristi e Madonne seicenteschi ad olio ci accompagnano dinnanzi al movimento rotatorio carnivoresco leonino di Ligabue. I paesaggi ad acquarello di Bagetti riescono a farci sentire microscopici mentre i busti di Casario ci osservano e giudicano. Lo sguardo giudicante sarà la prima cosa a svanire nel momento in cui ci troveremo dinnanzi la Piramide, il cuore del labirinto; che come tutti gli altri edifici presenti, si ispira alle utopie architettoniche neoclassiche della rivoluzione francese. Ogni edificio è stato progettato dall’architetto Pier Carlo Bontempi, il quale condivideva con Ricci la passione per le forme classiche ed, evidentemente, la follia.
È a due passi da noi nel futuro il momento in cui potremo assistere (e vivere) il violento impatto della macchina musicale scontrarsi con le fitte muraglie di bambù. Ciò non va frainteso come un momento d’incontro di due opposti, ma bensì come un ricongiungersi di due aspetti che si appartengono l’un l’altro. La natura è tecnologica e la tecnologia è naturale. Il Lost Music Festival sarà tecnologia vegetale: un eterogeneo embrione di emozioni, cultura, suoni, natura. L’affascinante ossimoro che genera la sensazione di essersi persi: nei pensieri, nel corpo e nell’anima, quando in realtà si è solo parte di un organismo più grande, caratterizzerà il festival.
Uomo, macchina, natura. Diverranno solo aride etichette nel momento in cui si fonderanno e il linguaggio non sarà in grado di descriverle. Laddove avvenivano gli incontri pomeridiani tra il genio di Borges e la visione di Ricci, tu potrai goderti la techno mentre bevi i gin tonic.