Pima di „Layers“, l’ultimo album di Khalab aka Raffaele Costantino (voce storica di Rai Radio 2, per cui conduce „Musical Box“, da tempo collaboratore instancabile dei principali festival e iniziative a tema musicale presenti in Italia e all’estero) risaliva a due anni fa. „M’berra“ nasceva da un viaggio in un campo profughi della Mauritania, da registrazioni in field recording catturate in presa diretta e usate poi come architrave per brani elettronici crudi e senza tanti fronzoli. Uno sforzo quasi più etnomusicologico e divulgativo che musicale; il diretto predecessore del disco appena pubblicato va quindi individuato in „Black Noise 2084“ del 2018.
Quell’album era uscito nella parte discendente della stagione d’oro della „global bass“ (neologismo di cui tutti sembrano essersi già dimenticati, sic!) durante un periodo florido in Italia di cui lo stesso Costantino è stato promotore e anticipatore, affiancato all’epoca dalle ricerche sonore di Clap!Clap!, Populous, Lorenzo BITW, Go Dugong, Ckrono, Viva Viva Malagiunta, Machweo e altri ancora. Tutti producer che oggi hanno intrapreso percorsi diversi, spesso lontanissimi da quei suoni che volevano invece l’elettronica e il clubbing di matrice europea alle influenze africane e sudamericane in primis, ma con un occhio attento anche al folkore italiano, specialmente del Sud Italia.
„Layers“ riprende quel discorso senza nostalgia, grazie a una ricerca che per Costantino non è mai stata moda, ma il perno di gran parte della sua carriera. Si concentra per altro sempre di meno sulla dimensione club e molto di più sulla ricerca di una qualità trascendentale, sciamanica e ipnotizzante. Lo fa soprattutto grazie allo spirito collaborativo che emana il disco: ogni singola traccia è il frutto di uno sforzo collettivo orchestrato da Khalab. E se a sforzarsi è gente del calibro di Tenderlonious, Tamar Osborne, Cristiano Crisci (Clap! Clap!), Yazz Ahmed, Tommaso Cappellato e Joshua Idehen (oltre a Dj Knuf, partner storico nella produzione di tutti i dischi di Costantino) il risultato non può che essere affascinante. Per eviscerarlo al meglio, abbiamo chiesto a Raffaele Costantino di raccontarci ciascuna traccia.
DRONE RA
È un brano nato da una linea di basso drone che ho realizzato in studio e su cui si è costruita tutta l’impalcatura del pezzo, che è stato realizzato a distanza e che presenta diversi strati. Inizialmente ho inviato il drone ad Alessia Obino, che ha sviluppato le armonie e le melodie vocali, poi l’ho mandato a Yazz Ahmed, che ha suonato sulla linea vocale. Infine, Alessia ha riregistrato di nuovo la sua voce cambiando alcune tonalità per entrare meglio sul suono del flicorno di Yazz. Successivamente ho inviato tutto a Nicola Guida chiedendogli di fare un lavoro di armonizzazione su quei due strati e ho chiamato Fabio Sasso in studio per registrare la batteria sulla parte finale. Alla fine ho preso tutto e ci ho lavorato sopra come se fossero stati dei campioni.
CONSCIOUS FRIENDSHIP
Nasce da una collaborazione con Emanative per il suo ultimo disco, da quella traccia che avevamo realizzato insieme ho tirato fuori una cellula ritmica, su cui ho rilavorato costruendo un beat più scuro, più cupo. Con Tamar Osborne abbiamo provato su questo brano in un pomeriggio, durante il soundcheck di un live, e abbiamo scritto delle parti melodiche che lei poi ha registrato in studio a Londra, e anche lì ho fatto un lavoro di editing ed arrangiamento molto impegnativo. Il pezzo finiva con questo beat molto elettronico, quasi hip-hop, anche se sotto manteneva la parte alta della batteria di Emanative. Quando ascoltavo quel momento finale, sentivo la necessità di una voce e così abbiamo contattato Grove chiedendole di registrarci una melodia: lo ha fatto alla grande!
TUNNEL OF JEALOUSLY
È partita dalla registrazione di una voce di Lady Blue Eyes: una sciamana e intellettuale africana che vive a Roma. Ha registrato un suo sermone su un clic che le ho fatto sentire in cuffia per farla andare a tempo nel suo spoken. E poi da lì in studio con Knuf abbiamo iniziato a lavorare su un’idea di giro di basso e su un paio di campioni di percussioni a legno. Nel giro di un paio d’ore abbiamo tirato fuori quel beat devastante e la sua voce ha chiuso il cerchio.
ACID VACCINE
Nasce dal vivo con la band Avevo lavorato su delle sequenze molto minimali e ripetitive con le quali volevo fare iniziare il live, ma non avevamo assolutamente provato nulla. Finché, a un certo punto, dopo un po’ che le sequenze giravano, Pietro Santangelo se ne esce con il giro di sax che riprende la sequenza del synth e così, dal vivo ,pian piano abbiamo costruito il brano. Quando avevamo registrato anche in studio e sembrava tutto finito, Cristiano Crisci (Clap! Clap!, ndr) che stava realizzando il mix finale, ha avuto l’intuizione di aggiungere un altro strato di rhodes synth, che va a chiudere il pezzo in una maniera molto più cool, con dei riferimenti losangelini che fanno assumere al brano un carattere ancora più jazzy.
LAYERS
È il „classico“ lavoro di Khalab di compressione e di sintesi tra le basse frequenze e le ritmiche con accenti strambi, è un lavoro sul flusso sonoro, tra l’altro dentro ha anche una registrazione con field recording che ho fatto in Sila, in Calabria, con i campanacci delle mucche. Ho inviato la traccia a Joshua Idehen chiedendogli di rappresentare nel testo l’idea, il concept di “Layers”. Lui è un grande poeta con una timbrica bellissima e ha reso il brano uno dei miei preferiti dell’intero album. Difatti l’ho scelto come primo singolo, anche se è uno dei più difficili da recepire, ma rappresenta tutto il lavoro di Khalab da qui ai prossimi anni.
FEMALE SIDE
Nasce da una cellula melodica che mi aveva mandato Tommaso Cappellato, che aveva realizzato con dei synth. Mi è piaciuta molto anche se suonava male, era molto lo-fi, l’abbiamo dovuta ricostruire. Tommaso aveva anche registrato il beat di batteria su quel pezzo per farmi capire come secondo lui doveva essere la scansione ritmica. Però, appunto, era un provino che poi è stato trasformato grazie anche al lavoro di Enrico Truzzi dei Phresoul alla batteria e Davide Paulis al basso. Anche per questo brano Cristiano Crisci mi ha dato una mano aggiungendo degli strati. È un altro pezzo che è frutto di un lavoro estremamente collettivo.
MENTAL COACH
Nasce da una di quelle session stupende fatte con Gabin Dabirè, che mi mancheranno tantissimo. Veniva in studio a Roma una giornata, spegnevamo le luci e cominciavamo questa sessione rituale, quasi sciamanica, in cui lui, con i suoi strumenti, le sue percussioni e la sua voce, ricreava delle ambientazioni esotiche ed esoteriche. È solo una parte di una session molto lunga. Tra l’altro, c’è anche un altro pezzo registrato insieme tratto da quella session, che forse faremo uscire in un EP di remix in cui vorrei mettere anche altri brani rimasti fuori dalla scaletta del disco. Quest’altra traccia è comunque presente nella scaletta live, e la melodia della voce di Gabin è sostituita dalle voci dei sax.
ROMANTIC LOCO
Parte da un campione e da lì ho lavorato tantissimo sull’unione timbrica delle due batterie, quella acustica e quella elettronica, la 808. Dopo aver fatto questo lavoro, che è durato tanto e in cui ho provato ad unire, diciamo l’electro con il jazz, la parte dinamicamente più stabile delle batterie elettroniche con quella invece più isterica della batteria acustica (oltre a fare un lavoro di mix tra le timbriche dei due suoni per fare in modo che potesse sembrare un unico strumento). A quel punto ho mandato il brano a Tenderlonius, che è un mio carissimo amico, chiedendogli di contrastare quella pazzia ritmica (data anche dai synth in distorsione) con una melodia poetica, morbida, quasi arabeggiante. Lui ha capito perfettamente quello che volevo, mi ha registrato diverse take e io ho portato in studio questi diversi strati incastrandoli nell’architettura ritmica che avevo costruito.
TRIBAL NOISE
Parte tutto da un field recording registrato in Senegal, a Dakar, una sorta di macchina per raccogliere il fieno nei campi che crea questo groove ripetitivo, rumoroso, molto scuro. Poi, una volta inserito nel campionatore e filtrato, ha iniziato a dare l’idea di qualcosa di molto tribale: ho arrangiato delle armonizzazioni con diversi synth trattati, che ho ripassato nei synth analogici. Poi ho chiesto a Magnus PI dei Penya di registrare le percussioni e su quelle Enrico Truzzi ha registrato la batteria. Pietro Santangelo ha costruito la melodia del sax, molto melodica ma anche aggressiva, groovy come lui sa fare. A quel punto ho chiamato Alessia Obino chiedendole di lavorare all’aspetto corale del brano. Avevo bisogno di chiudere il pezzo con la sua voce per dare un senso di coralità a tutto il disco, chiudendolo con la stessa voce che apre “Drone Ra”, che è un brano che parla del primo dei „layers“, i nostri antenati: quelli che hanno fatto in modo che noi arrivassimo ad essere quello che siamo.