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Lo spazio pubblico a Bologna dai Clash ai CCCP

Il 21 maggio al Centro della Pace l'incontro 'Almeno i Clash erano gratis'

Geschrieben von Salvatore Papa il 15 Mai 2024
Aggiornato il 16 Mai 2024

Foto dal libro "Bologna 1980. Il concerto dei Clash in Piazza Maggiore nell'anno che cambiò l’Italia" curato da Ferruccio Quercetti e Oderso Rubini (Goodfellas, 2020)

„Almeno i Clash erano gratis!“: è stata l’esclamazione di molti/e qualche settimana fa dopo aver appreso che i CCCP avrebbero fatto partire il tour della reunion proprio da Piazza Maggiore, che fu – appunto – anche l’arena in cui si esibì la band di Joe Strummer in quel mitico concerto del 1980. Con una differenza sostanziale, secondo i detrattori: il concerto dei CCCP costa 60 euro (57,50 per la precisione e ora è sold out), mentre i Clash – appunto – erano gratis.

Dalla lunga discussione sviluppatasi, è nata l’idea di organizzare un incontro pubblico proprio il giorno stesso del live di Lindo Ferretti & co, il 21 maggio alle h 18, al Centro sociale della Pace in via del Pratello, ispirato da quell’esclamazione indignata e intitolato proprio Almeno i Clash erano gratis!

L’evento, curato da Bookmakers e Istigazione culturale 414 (ovvero Mauro Boris Borella, ex Link Project), non vuole essere una rievocazione storica di ciò che fu, ma si pone l’obiettivo di analizzare attraverso il confronto tra gli/le ospiti il mutato contesto e i nuovi usi dello spazio pubblico che hanno permesso l’arrivo di quello che di fatto sarà il primo evento a pagamento in Piazza Maggiore a Bologna.

E gli ospiti sono – come si suol dire – „di peso“, tutti/e parte di questa lunga storia iniziata nel 1980 e arrivata sino a noi: Massimo Buda, giornalista e critico musicale per Lotta Continua / Paese Sera, ovvero l’unico che riuscì a intervistare Joe Strummer in occasione del concerto bolognese; Laure de Lauris Carroli (Attack Punk Records / fondatrice e batterista dei RAF Punk), Stefano ‘Steno’ Cimato (membro e fondatore Nabat) ed Helena Velena (Fondatrice Attack Punk Records/ produttrice dei primi 4 dischi dei CCCP), ovvero coloro che fecero parte di quel gruppo che contestò il concerto dei Clash in Piazza contro l’uso strumentale della cultura punk da parte del PCI che governava la città; Mauro Felicori (asssessore alla Cultura della Regione Emilia Romagna) e Oderso Rubini (Fondatore Italian records / Digital Humanities e Musica presso Regione Emilia Romagna) che all’epoca organizzarono il concerto; e Alberto Ronchi, ex assessore del Comune di Bologna che nel 2012 „rischiò“ di mettere a segno un primo precedente di concerto a pagamento in Piazza Maggiore, con i Radiohead, se non fosse stato per alcuni problemi di sicurezza legati al terremoto. L’incontro verrà introdotto da Mauro Borella e moderato da Federico Montanari (Professore Associato UNIMORE / ex bassista dei Bacteria – Attack Punk Records).

Ma visto che ci siamo, proviamo anche noi a fare un breve excursus e qualche riflessione, poiché alla stessa discussione abbiamo partecipato intervistando la stessa Helena Velena.

Riavvolgiamo, quindi il nastro.

L‘1 giugno 1980 in Piazza Maggiore a Bologna, per la prima volta in Italia, suonano i Clash. Non è un concerto qualsiasi, ma un evento organizzato dall’amministrazione comunale del PCI cha ha uno scopo preciso: riavvicinare i giovani alle istituzioni e al partito in un momento di enorme frattura generazionale caratterizzato da fatti molto dolorosi come la morte di Francesco Lorusso e la strage alla stazione. Quella Bologna, già capitale italiana del punk, si riempie così di creste come non mai. I Clash hanno da poco pubblicato London Calling, sono un gruppo che parla chiaro, ma non sono già più quelli dell’inizio, quindi in piazza c’è anche chi ci va per criticarli di essersi svenduti e ne approfitta per criticare il Comune stesso. Tra i contestatori, i RAF Punk: «Contestammo i Clash – racconta Helena Velena – perché stavamo facendo una battaglia col Comune. Chiedevamo uno spazio dove poter fare i concerti, perché all’epoca non si poteva suonare da nessuna parte. Volevamo un centro di ritrovo, un centro sociale, uno spazio nostro, e invece il Comune spendeva i soldi per darci l’intrattenimento, perché darci un posto poteva significare creare un fulcro di opposizione politica contro il Comune stesso […] contestavamo prima di tutto la merce dello spettacolo e la politica spettacolare del Comune».

Qualche anno dopo, Helena Velena stessa, su un palchetto di provincia scopre i CCCP – Fedeli alla linea e da lì nasce la loro storia. La band pubblica nel 1984 per la sua Attack Punk Records il primo singolo Ortodossia, i primi ep e l’album d’esordio, prima di passare a una major, la Virgin, e venire accusati anche loro – come successo ad altre band punk partite dall’underground – di essere “Fedeli alla lira”.

La storia dei CCCP prende poi derive già note fino alla reunion di quest’anno preceduta da una mostra a Reggio Emilia. Dopo tre date a febbraio scorso a Berlino, la band ha annunciato un tour vero e proprio che partirà, appunto, da Piazza Maggiore a Bologna.

Chi organizza il concerto è Estragon: costo del biglietto € 57,50. Apriti cielo. Partono gli strali da parte di chi crede nella matrice punk dei CCCP immaginandoli ancora come un gruppo „comunista“ – scordandosi evidentemente della loro storia che racconta ben altro – a cui fanno da sponda le risposte risentite da realismo capitalista per cui „se non volete pagare state a casa“ o „il prezzo non è affatto alto“. In mezzo quelli che „Bologna città di comunisti e zecche“ (vabbè, ciao). Fin qui la polarizzazione da social.

Nel frattempo però si sviluppa un’altra discussione, che mette da parte l’oggetto musicale per concentrarsi sulla questione dello spazio pubblico. Ci si chiede: è giusto chiudere uno spazio pubblico per il profitto o l’interesse privato? Quando e perché una città come Bologna, che dal dopoguerra in poi è stata forse la grande città italiana che meglio di tutte è riuscita a difendere lo spazio pubblico, ha deciso di rinunciare a questa caratteristica distintiva per omologarsi ad altre città italiane ed europee? Ricordando che pretendere solo eventi gratuiti in una piazza non significa non pagare chi ci lavora (perché la cultura e la musica sono lavoro e vanno pagate), ma far ricadere su chi organizza (che sia un’amministrazione pubblica o un privato) il costo totale dell’operazione per garantire un importante diritto quale è la fruizione libera di uno spazio pubblico (almeno finché le disposizioni in tema di ordine pubblico e sicurezza lo consentano).

Insomma, di carne al fuoco ce n’è, vedremo cosa ne verrà fuori. E vedremo chi saranno i contestatori del concerto nel 2024, oltre al CUA che ha già annunciato di voler entrare gratis per protesta.