Su YouTube c’è un video leggendario di una celebre, fantascientifica ed esilarante ospitata di Suzanne Ciani al David Letterman Show. È il 1980 e quella che oggi è a tutti gli effetti considerata se non la prima delle „pioniere dell’elettronica“, sicuramente quella che per prima è arrivata a farsi conoscere e a colpire il grande pubblico, illustra al disorientato conduttore i numerosi effetti e utilizzi del suo allora preferito e pirotecnico sintetizzatore Prophet 5. Tra echi, riverberi, suoni bubble spaziali e dimostrazioni pratiche, nell’ilarità generale del pubblico, Letterman intervista a suon di gag e reale incredulità una Ciani allora abituata a non essere presa molto sul serio o essere vista come un’aliena: nonostante i Kraftwerk, a quei tempi l’elettronica era ancora considerata a tratti impenetrabile; ma poi, soprattutto, perché mai una donna appassionata di musica non si era messa a cantare invece di maneggiare quelle macchine così ostili? Con una classe e una naturalezza disarmante, alla domanda un po‘ goffa del conduttore sul cosa ci facesse con quegli arnesi infernali, «Magari vai a suonare porta a porta dicendo che crei questi suoni un po‘ buffi?» la Ciani risponde, sorridendo: «Beh, con queste macchine ci campo».
C’è un filo rosso che lega una Delia Derbyshire che nel 1963 compone il tema principale della mitica serie „Dr. Who“ (vedendosi riconosciuti i diritti solo anni e anni dopo) alle esperienze (e poi il successo) della Ciani, fino a musiciste contemporanee che hanno fatto della ricerca in ambito elettronico e avant il proprio campo di azione come Valentina Magaletti, Eva Geist, Lucrecia Dalt, Cucina Povera o Lena Willikens. Non un vezzo o un trend del momento, non un capitolo secondario della storia o un’appendice trascurabile. Il contributo delle compositrici alla storia e all’evoluzione della musica elettronica è sempre stato presente ma troppo spesso oscurato dalla maggiore presenza maschile o concentrato sulle espressioni più conservatrici „al femminile“ legate alla canzone o, più di recente, al clubbing. Baluardi come Suzanne Ciani, ma anche produttrici oggi affermate come Marta Salogni o musiciste capaci di unire la sperimentazione con il pop come Kaitlyn Aurelia Smith e Caterina Barbieri hanno recentemente contribuito a mettere in luce una parte importante delle trasformazioni e dei passaggi che hanno segnato la musica elettronica, trovando una narrazione coesa, puntuale e illuminante nel documentario „Sisters With Transistors„: voce narrante della sempiterna Laurie Anderson, regia di Lisa Rovner e protagoniste le ragazze e le donne „sperimentali“ del passato (Clara Rockmore, Delia Derbyshire, Daphne Oram, Éliane Radigue, Maryanne Amacher, Bebe Barron, Suzanne Ciani, Pauline Oliveros, Laurie Spiegel e Wendy Carlos) che tra sintetizzatori modulari, computer di prima generazione, theremin e quant’altro hanno lasciato un segno importante su questa storia – seppur relativamente prese sul serio in tempo reale.
Un documentario necessario, che va di pari passo con KORE, neonata fanzine e progetto con base a Milano ideato durante il lockdown a partire dalla fanzine „proattiva“ Drums & Chants, che si propone di indagare territori finora non abbastanza esplorati come quelli della creatività e della ricerca più laterale e underground perpetuata da artiste e ricercatrici donne. Il primo capitolo sarà presentato giovedì 17 giugno dalle 20 nel Giardino della Triennale ed è interamente dedicato a sperimentatrici in ambito elettronico, contemporanee e da tutto il mondo, con le esperienze e le voci della svedese Maria w Horn, Tot Onyx (leader del progetto sull’asse Berlino/Tokyo group A), la finlandese Cucina Povera, le „nostre“ Valentina Magaletti ed Eva Geist, da Cipro Maria Spivak, la tedesca Lena Willikens, le contaminazioni di Devi Mambouka con Masma Dream World, l’immaginaria Cindy Savalas, la tunisina Azu Tiwaline, le australiane Laila Sakini e Jonnine, la colombiana Lucrecia Dalt e due focus sulla piattaforma Mutant Radio e l’agenzia di booking Futura.
«KORE è nato come un progetto di approfondimento sulle donne creative più attente alla ricerca del suono che ai like sui social», raccontano gli ideatori. «Le uscite editoriali non avranno una cadenza precisa ma saranno almeno un paio l’anno, e dopo questo primo capitolo sulle musiciste in ambito elettronico e sperimentale stiamo pensando a un vinile che raccolga brani originali di altre musiciste. Quindi non necessariamente tutte fanzine, ma output diversi, per divertirci un po’ di più. La musica è e rimarrà il focus, ma pensiamo di utilizzare KORE come contenitore di storie di creatività al femminile: potrebbero esserci uscite su designer, performer, registe… Sempre e solo in ambito di ricerca – underground, se così possiamo dire. Kore cerca di raccontare storie da tutto il mondo, cerchiamo i personaggi in tutti i continenti, provando a capire anche le differenze che emergono nel fare ricerca provenendo da paesi molto diversi tra loro». Oltre alla proiezione del documentario „Sisters with Transistors“ e la distribuzione del primo numero della fanzine, all’interno della quale ci saranno materiali inediti sulle artiste coinvolte e un QRCode per ascoltare un mix esclusivo di Laila Sakini, ad aprire la serata ci sarà il nuovo set di una delle artiste che sull’asse Roma/Berlino ha esplorato le potenzialità dell’elettronica di ricerca e dell’uso della voce nella forma canzone, Andrea Noce in arte Eva Geist.
La tecnologia ha un potere liberatorio. Fa esplodere le strutture di potere. Le donne sono naturalmente attratte dalla musica elettronica, non avevi bisogno di essere accettata da nessuna delle strutture dominate dagli uomini – Laurie Spiegel
«Ho passato anni a studiare letteralmente le storie di queste pioniere che vengono citate nel documentario. Tra tutte, quella che mi ha più sconvolto è sicuramente Suzanne Ciani – con il suo carisma, la sua determinazione, la sua sensualità e il suo potere comunicativo. Fino a quel momento faticavo a trovare esempi o guide. Senza punti di rifermento è più difficile credere in se stessi» – racconta Eva Geist, attualmente attiva sia con la produzione da solista sia con il più recente progetto Il Quadro di Troisi, condiviso con Donato Dozzy. «Suzanne mi insegnato e ispirato tantissimo. Conosco tutto il suo lavoro a menadito. Un’altra artista a cui ho dedicato molto tempo è stata Doris Norton, entrambe infatti hanno origini italiane e le ho sentite musicalmente più vicine a me. Ma Doris Norton è assente in questo film e spero di vederne uno dedicato interamente a lei. E anche tutte le altre artiste coinvolte nel documentario sono state per me madrine: sacre, infinite, muse». In apertura di serata, Eva Geist sarà sul palco dei Giardini della Triennale con un set inedito basato su live sequencing, uso di strumentazione analogica, digitale, sampling e voce. «Una sorta di narrazione introspettiva che racconta un processo di scarnificazione, semplificativo, in un certo senso „allegerito“, in cui si alterneranno momenti ritmici e strutturati con altri più sospesi, anche attraverso l’uso del mixer come „blender sonoro“ di tutte queste diverse cellule sonore». Dopo i sei mesi come regina del „mondo di sotto“ (e quindi underground), Kore (o Persefone) torna a gettare un nuovo seme sulla Terra.