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Niente di Strano: tra palcoscenico e divanetto

Samuele Bersani, Francesco Bianconi ed Emma Nolde per il quinto episodio del format

Geschrieben von Giacomo Zani il 7 Dezember 2020

foto di Davide Di Ninno

Da Mercoledì 4 Novembre stiamo seguendo la seconda edizione di “Niente di Strano”, una rassegna che porta sul palco le performance dei migliori artisti e delle migliori artiste della scena contemporanea. Il format è promosso dalla piattaforma di streaming musicale Tidal insieme a buddybank, la banca smart e full digital di UniCredit.

Va in onda ogni giovedì, fino al 10 Dicembre, in diretta streaming e purtroppo senza pubblico dal vivo – ma di questi tempi diciamocelo, beccarsi nomi come Gue Pequeno, Margherita Vicario, Mecna, Francesco Bianconi e altri è tanta roba. La diretta è trasmessa dalle 19 sul sito del Corriere della Sera e sul canale YouTube di buddybank. La location non è casuale, siamo all’Alcatraz, un simbolo della musica dal vivo a Milano, che in questa occasione torna gremito di passi e di voci, affollato di musica e di facce sorridenti.

Tra luci ed effetti scenografici si muove Carlo Pastore, autore e conduttore del format.
Chi se non lui: giornalista, presentatore, speaker radiofonico, direttore artistico – quando ancora c’erano i festival. I minuti passano in fretta tra musica dal vivo e chiacchiere sul divanetto, rosa e bellissimo, di fianco al palco. Dopo ogni esibizione si apre il dialogo con l’artista. Niente di Strano è infatti un mix di musica, parole e pensieri che accompagnano il pubblico alla scoperta degli ospiti nella loro più spontanea intimità. Lo show è curato dalla casa di produzione Except e diretto da Pepsy Romanoff e Andrea Folino.

foto di Davide Di Ninno

Il quinto episodio della serie ruota attorno all’autorialità raccontata da diversi punti di vista. Due cantautori affermati come Francesco Bianconi e Samuele Bersani ed una talentuosa esordiente, Emma Nolde, ci fanno immergere nei loro mondi interiori. Una puntata umana, che mette a nudo la voce e l’anima di chi canta sul palco.
Al centro del set troneggia un pianoforte. Lo spettacolo si apre con un timbro basso, un sussurro che somiglia più ad una preghiera che ad un canto: “resta, potremmo sempre far finta di nulla”. La voce di Emma Nolde si unisce presto al suono del pianoforte, creando un’infusione di melodie dolci e chorus elettrificati che riverberano il canto dell’artista toscana.

Niente di Strano è infatti un mix di musica, parole e pensieri che accompagnano il pubblico alla scoperta degli ospiti nella loro più spontanea intimità

Le parole rimangono sempre in bilico tra flussi di coscienza e slanci lirici virtuosi. La sua sonorità ricorda Björk, una voce aliena che arriva a noi come un allunaggio, accompagnato solo da un pianoforte. Le canzoni sono lacerazioni, sono descrizioni di ferite aperte, senza orpelli poetici. Dirette, crude, ma struggenti.

Emma Nolde alla fine del concerto si racconta a Carlo Pastore e Andrea Laffranchi del Corriere. La prima cosa che colpisce dell’artista è la sua delicatezza e la sua profondità. “L’altro lato della Gen Z”, un racconto intimo della provincia, delle notti sul marciapiede a non fare niente. Emma descrive con la sua musica quel senso di attesa che ti spinge a lottare per costruire un futuro che sia davvero pienamente tuo. Il suo album si chiama “Toccaterra”, come se venisse da un altro pianeta. Alla domanda “cosa significa per te scrivere canzoni?” risponde con sicurezza e senza esitazioni: a fermare il tempo.

foto di Davide Di Ninno

Emma rimane sul divanetto per godersi il prossimo artista: Samuele Bersani. Il cantautore torna a suonare “dal vivo” dopo 3 anni di pausa. Il suo inizio tradisce un po’ di timidezza, ma dopo pochi minuti sembra non aver mai staccato dai concerti. La sua voce non è diversa da come la ricordavamo: limpida, chiara e decisa, accompagnata da una componente strumentale complessa, che miscela melodie acustiche a sonorità elettroniche.

Lo dice chiaramente Samuele: “La musica deve riprendersi i suoi spazi”

Le canzoni di Samuele – le prime tratte dal nuovo album Cinema Samuele e le ultime suoi grandi classici – risuonano potenti anche dalle casse del computer. A metà dell’esibizione, tra un pezzo e un altro, fa una cosa molto significativa: ferma il concerto e presenta i musicisti. Un gesto d’altri tempi, che assume ancora più importanza in un momento in cui la musica sembra essere dimenticata dalle istituzioni. Un momento in cui le persone che la rendono possibile vengono lasciate in balia degli eventi. Lo dice chiaramente Samuele: “La musica deve riprendersi i suoi spazi”.

Prima della fine suona Il mostro, che non eseguiva dal vivo da 5 anni, e Spaccacuore.
Dopo averci fatto salire la nostalgia di quando ai concerti si andava davvero si accomoda al divanetto. La chiacchierata parte da un confronto: se Emma Nolde canta al singolare Samuele parla in terza persona. La musica per lui è “inventare personaggi” e raccontare le loro storie. Il suo ultimo album, già dal titolo, esprime questo taglio da regista, da osservatore esterno, in grado di cogliere la verità delle cose. “Cinema Samuele è il primo album che ho scritto pensando al live”. In un momento in cui i live non si possono fare questo paradosso ci strappa un sorriso prima dell’ultima esibizione.

Francesco Bianconi – foto di Davide Di Ninno

Una voce profonda e spiritata apre la performance. La figura di Francesco Bianconi svetta al centro del palco, eterea, asciutta ed esile, ma con la solita energia primordiale. È una voce inconfondibile, nonostante appaia in una veste nuova, spogliata da arrangiamenti e accompagnamenti strumentali, seguita solo dal piano. Non a caso il suo ultimo album è un esperimento da solista: Forever appare come un’operazione di elisione del superfluo.
Una metodica ricerca dell’essenziale che ci fa immergere in un racconto intimo. Il suo canto sembra un testamento e insieme un’invocazione: “Perché io vivo perché ho voglia di morire”.

La voce del cantautore, in apparenza tetra e scura, si schiude piano piano per rivelare un forte senso di speranza. L’esibizione finisce con “Andante”, “una canzone d’amore, perché ne abbiamo bisogno di amore in tempi e in valli di solitudine e separazione”.

Una metodica ricerca dell’essenziale che ci fa immergere in un racconto intimo

Il momento più bello di tutto lo show arriva adesso, quando Bianconi si siede sul divanetto e comincia un dialogo a cuore aperto. Le sue canzoni devono “coincidere con l’essere umano che le scrive”. Questa è l’ambizione dell’album, essere un segno dell’individuo che sopravviva all’individuo stesso. Si svelano anche alcuni tratti stilistici che contraddistinguono la sua autorialità: usare linguaggi e lessico mettendo in collisione registri diversi. Le parole acquisiscono senso e potenza a seconda del contesto in cui risuonano. Ecco allora che la parola “fica” nel testo di “Certi Uomini” assume eleganza, si alza, verso un senso ancestrale della femminilità.

Francesco Bianconi – foto di Davide Di Ninno

Bianconi conclude il dialogo con un messaggio molto forte al mondo musicale: smetterla di schifare il mondo dello streaming paragonandolo ai concerti veri. “Bisogna imparare a fare una cosa che non è un concerto, non c’è il pubblico, è un’altra cosa”. E questa altra cosa, questo campo inesplorato, può essere davvero meraviglioso, come questa puntata di Niente di Strano.

L’episodio si chiude con una lettura poetica di Valerio Millefoglie che scorre sopra ad una raccolta di fotografie di Perimetro, che racconta la musica dal vivo da una prospettiva autoriale.