Negli ultimi due anni è successo qualcosa di curioso a Roma. Qualcosa di anticiclico rispetto alla staffetta economico-culturale che vedeva Milano avanti a pieni giri, con il testimone ben saldo tra le mani. Qualcosa, se vogliamo esagerare con i termini, anche di miracoloso, visto che il Covid ha schiacciato e spazzato via tutto ciò che appartiene alla categoria dell’effimero nicoliniano. C’è da credere allora a chi dice che l’arte sappia sempre anticipare i tempi e che la creatività abbia almeno un piede nel futuro.
Non parliamo di rivoluzioni, né di movimenti, scuole o correnti: sono stati trovati dei terreni dove piantare dei semi, assieme a dei coltivatori volenterosi, con una tendenza non trascurabile alla condivisione, al supporto reciproco e con una logica economica più vicina a quella della cooperativa che non dell’azienda. Magari è casuale e involontario, ma il messaggio recita che non è il momento delle gallerie, né degli artisti soli al comando. Non è nemmeno il tempo delle fondazioni, che pure una dozzina di anni fa hanno contribuito, e non poco, a rimodellare il volto cittadino dell’arte contemporanea. Non sappiamo questi coltivatori cosa porteranno e che frutti ci daranno, ma ci sono, e questo è già qualcosa. Anzi, di questi tempi è tanto.
La carrellata dei partecipanti è già stata proposta altrove e per diverse volte, ma vale sempre la pena ripercorrere la lista per fissare nella memoria ogni nome. Partiamo da Centocelle e da Post Ex, vecchia carrozzeria tramutata in artist run space a metà del 2020 e che ha la scuderia più nutrita fin ora: sei artisti fondatori – Eleonora Cerri Pecorella, Francesco D’Aliesio, Luca Grimaldi, Gian Maria Marcaccini, Lulù Nuti e Gabriele Silli – ai quali si sono aggiunti successivamente Federika Fumarola, Guglielmo Maggini, Alberto Montorfano e due guest artist, Azzedine Saleck e Fabio Giorgi Alberti.
Altro ex luogo, altro nuovo spazio, ancora una volta lontano dal centro. L’incubatore è CityLab 971, una vecchia cartiera lungo la Salaria che da un paio di anni è in fase di rivalorizzazione e che dall’autunno del 2020 ospita SPAZIOMENSA. Affascinanti le possibilità espositive offerte da questo luogo e già molteplici le iniziative, dalla „mostra“ che di recente ha accompagnato il lancio del progetto ROMA NUDA, alla nascita di due format curatoriali: Magnete, dedicato all’editoria, e Tuorlo. Di SPAZIOMENSA fanno parte due teorici – Giuseppe Armogida e Gaia Bobò – e cinque artisti – Sebastiano Bottaro, Dario Carratta, Marco Eusepi, Alessandro Giannì, Andrea Polichetti.
Al Quadraro, in Via dei Juvenci, c’è la meravigliosamente scombussolata Off1c1na. Un po‘ più agée rispetto agli altri spazi – qualcuno di voi ci avrà fatto un primo sopralluogo a fine 2019 in occasione dell’ultimo Baba Festival – si trova in uno di quei no-sense urbanistici tipici del quadrante Est/Sud-Est di Roma, fatti di pratacci vuoti, villette popolari novecentesche e capannoni edificati chissà come e chissà quando. Dentro ci lavorano Paolo Assenza, Fabrizio Cicero, Raniero Berardinelli, Katia Pugach, Toni Franz, Ilaria Goglia e ci si appoggia Spazio Y, altro ritrovo del contemporaneo al Quadraro attivo già dal 2014.
A Tropignattara – e quindi alla famiglia allargata del Pigneto – appartiene invece Ostudio, progetto di co-abitazione artistica un po‘ atipico rispetto al canone fin qui descritto perché multimediale e multidisciplinare, nonché meno centrato sull’attività espositiva e di incontro con il pubblico. Lo spazio è bello ed estremamente ricco e vede tra i suoi protagonisti Daniele Spanò, Luca Brinchi, Anna Basti, Chiara Caimmi, Salvo Lombardo, Daria Greco, Federica Zacchia, Pietro Monetverdi, Giulia Pietrozzini, Valeria Testagrossa.
Da un approccio completamente territoriale arriva SA.L.A.D., acronimo che sta per San Lorenzo Art District, progetto che fa capo ad Alessandro Calizza e Tommaso Zijno e cerca di riprendere le fila di un quartiere storicamente votato all’arte contemporanea, ma inabissatosi sotto il peso di diverse dinamiche che ne hanno ingolfato il fermento creativo. SA.L.A.D. sarà principalmente un portale (web), che però avrà un braccio fisico ed operativo, l’artist run space Ombrelloni in Via dei Lucani, dentro gli spazi di una vecchia azienda che gli ombrelloni li produceva sul serio. Le porte di questa nuova realtà ancora si devono aprire, ma già c’è un cronoprogramma definito che da qui a luglio vedrà susseguirsi talk, residenze e un photo book festival.
La cartolina però non si esaurisce al panorama principale, altre vedute e altri scorci si lasciano piacevolmente ammirare. Ad esempio l’associazione Struttura, che ha fatto il suo debutto con una performance in piazza a Trastevere lo scorso sette marzo; Spazio Taverna, centralissimo e spettacolare, con la direzione artistica di Ludovico Pratesi e la curatela di Marco Bassan, e il Laboratorio Kaspar Hauser al Flaminio, ideato da Guido D’Angelo e Fabrizio Pizzuto per essere un „laboratorio creativo che indaga la nuova scena artistica“, entrambi nati nel 2020. E ancora, bisogna allungare l’elenco e andare di qualche anno indietro nel tempo per capire come il suolo di Roma sia diventato d’improvviso molto fertile. Non si può prescindere quindi dalle esperienze multiformi, materiali e immateriali, ma sempre orizzontali, di Spazio In Situ (2016), Curva Pura (2004), AlbumArte, Spazio Y (2014), Numero Cromatico (2011), Castro (2018), lo Studio 54 di Torpignattara che ha battezzato e dato una prima casa a tantissimi artisti (ora ci sono Nicola Rotiroti, fondatore nel 2003, Elio Castellana, Simone Tso, Ilaria Cappellini, Tomaso Medugno, Luisa Montalto), alle quali ci piace aggiungere anche la realtà no profit di Wang Yongxu, AAIE Center For Contemporary Art (2016) nato dalle ceneri della Funspace Gallery all’Esquilino. I terreni (e i quartieri) dove piantare i semi sono stati trovati, tra qualche anno capiremo se la città sarà stata brava a coltivarli e a goderne dei frutti.