1978, Lavabiancheria P6.71 serie Primato - arch. Bellini

“Adesso mi limiterò a fare queste semplici azioni di manutenzione quotidiana e a convogliarle nella coscienza come Arte. Tutto quello che dico è Arte. Tutto quello che faccio è Arte”. Sono parole che l’artista statunitense Mierle Laderman Ukeles scrive nel Manifesto della Maintenance Art (1969), con il quale dichiara la rilevanza di azioni quotidiane come pulire e accudire, definendoli atti artistici non diversi dalle creazioni degli artisti delle avanguardie storiche. Negli stessi anni, in Italia, Marisa Merz radica un segmento della propria pratica artistica nell’intimità del focolare domestico. Invece, pochi anni dopo, Milli Gandini lasciava che le pentole e le superfici della sua cucina si impolverassero, diventando carte bianche su cui tracciare con il dito slogan e simboli femministi. La casa e le pratiche di cura normalmente note come “casalinghe” entrano a gamba tesa nel mondo dell’arte e  viceversa. Sempre negli anni Settanta, la ditta italiana Candy si appresta a vincere il Compasso d’Oro con il condizionatore disegnato da Joe Colombo, quasi vent’anni dopo la produzione della prima lavatrice, il Modello 50: i suoi elettrodomestici sono ormai diffusi nella maggior parte delle case italiane.

Nel 2025 dunque, Candy compie ottant’anni: era il 1945 quando nasceva l’azienda, rinominata l’anno successivo con questo nome divertente, ispirato da un tormentone coevo. “Volevamo entrare nella vita e nelle case italiane come quella canzone” si legge in un vecchio articolo, che prosegue come in quelle case si volesse modificare la qualità della vita delle persone, migliorandone la quotidianità. Oggi Candy torna alla ribalta per festeggiare un compleanno importante e ribadire l’obiettivo di incidere nella vita della persone, lanciando la nuova lavatrice MULTIWASH a tre cestelli e  sostenendo due progetti culturali significativi: la mostra An Archive of Possible Machines – 80 anni di Candy: tecnologie visionarie dall’archivio con fotografie di Mattia Balsamini, e il film Vivono di Roberto Ortu.

La mostra An Archive of Possible Machines – 80 anni di Candy: tecnologie visionarie dall’archivio è il risultato del progetto fotografico che ha visto Mattia Balsamini frequentare l’archivio storico di Candy. Curata da Andrea Tinterri e patrocinata dal Comune di Milano, che inaugura il 31 ottobre alle 17 e sarà poi visitabile fino al 9 novembre 2025 nella Cattedrale della Fabbrica del Vapore (con ingresso gratuito, da non perdere). Invitato da Candy, è entrato con la sua macchina fotografica nell’archivio storico, ritraendo e reinterpretando le tecnologie domestiche che hanno segnato la quotidianità delle famiglie italiane dal dopoguerra ad oggi. Il suo lavoro è stato guidato da riflessioni sul design italiano del secondo Novecento con le sue infinite possibilità e ispirato dall’opera dell’illustratore francese Jacques Carelman, membro del Collegio di Patafisica.

In mostra ci troveremo a contatto con dieci fotografie di grande formato, «immagini sospese riemerse dall’archivio, spazi latenti mai realmente esplorati, possibilità che Balsamini rielabora dando forma a un immaginario pubblicitario» anticipa Tinterri, che racconta come la mostra sia frutto di «un carotaggio negli ottant’anni dell’azienda» evitando citazioni dirette. Infatti, il lavoro di Balsamini è caratterizzato da uno stile fotografico che fa dell’evocazione del ricordo e della speculazione visionaria le sue cifre stilistiche. L’allestimento delle fotografie è stato sviluppato dal fotografo insieme a Studio GISTO, unica installazione completata da materiali provenienti dagli stabilimenti Candy come scaffalature e modelli di elettrodomestici, elementi capaci di rimodellare la propria funzione originaria innestandosi nel progetto espositivo. Un corpo a corpo tra le opere di Balsamini e i frammenti della storia dell’azienda, che risponde sia all’esigenza di mostrare prodotti iconici del marchio, sia alla tendenza contemporanea all’azzeramento dello scarto, creando una continuità tra produzione industriale e possibilità di riuso in ambito culturale.

L’altro progetto è il film Vivono, girato da Roberto Ortu in stretta collaborazione con il curatore Michele Bertolino, che lo ha voluto per aprire il suo ultimo progetto espositivo, l’omonima mostra VIVONO. Arte e affetti, HIV-AIDS in Italia. 1982-1996. Visitabile al Centro Pecci fino al 10 marzo 2026, si tratta della prima mostra istituzionale che ripercorre la storia delle artiste e degli artisti italiani colpiti dalla crisi dell’HIV-AIDS. Una storia in gran parte dimenticata, oggi fatta riemergere da un allestimento composito in cui si intrecciano al film Vivono numerose opere d’arte e poi poesie, paesaggi sonori, video e importanti materiali d’archivio. Nel film di Ortu prendono vita le parole di Dario Bellezza, Massimiliano Chiamenti, Nino Gennaro, Ottavio Mai, La Nina, Marco Sanna e Pier Vittorio Tondelli, poeti che hanno vissuto con HIV e lo hanno raccontato nei loro testi. Le loro poesie vengono rilette da attrici, attivisti e artiste e tornano vive, anche precipitando nel tessuto della vita quotidiana contemporanea, sullo sfondo di cucine e salotti in cui brillano gli elettrodomestici Candy.

Due progetti diversi ma obiettivi complementari: da un lato sostenere la ricerca e la narrazione della storia culturale e sociale italiana, problematizzata secondo le urgenze più attuali, dall’altro il prendersi cura della propria storia e del proprio archivio d’impresa, rimettendolo in gioco attraverso una pratica artistica contemporanea capace di parlare al presente.