Il caldo si spalma in faccia, si suda anche da fermi, la notte non si dorme neanche se hai il condizionatore che tanto non lo accendi mai perché poi che fastidio la cervicale il giorno dopo. Il cuscino ha stampato sopra un bel connubio tra la tua maledetta sindone, il sangue delle zanzare e lue imprecazioni: prima di dormire maledici il capitalismo, quella tua insensata e ponderata scelta di vivere nel cemento e nelle cementificazione, e guardi alle ferie con la tenerezza dell’italiano medio, in cui ti ci ritrovi a pieno in questi casi. Pensi anche alle stronzate che ti hanno rifilato negli anni, pensi a quella imcomprensibile patologia che trasforma tutti in crepuscolari urbani, volti all’ode strascicata della città in agosto: vuota, deserta, sognante e placida, bellissima e finalmente tutta da scoprire. Stronzate.
Perché alla città nessuno vuole più bene in agosto, quello strambo mese sospeso nel tempo di nessuno, nella terra di mezzo.
Il cliqué della città in agosto che respira ed è lì tutta per te non ti ha mai convinto, ripeti mentre imprechi sulla linea rossa e pensi al tuo amico in smart working alle Canarie che poi se ne andrà in vacanza in qualche angolo che vedrai al massimo su Discovery Channel. Quasi ridi, sotto il baffo sudato, ragionando sull’incongruenza delle persone, compresa la tua sia chiaro. Perché alla città nessuno vuole più bene in agosto, quello strambo mese sospeso nel tempo di nessuno, nella terra di mezzo. Tutto diventa indigesto, insopportabile, da temere, evitare, combattere. Se ne vogliono andare tutti, povera città. Così torni a volerle un po‘ bene alla città, la tua città, quella per cui ti vanti con i paesani, per cui intavoli arringhe semi sobrie al bar sotto casa difendendola dai suoi detrattori, quella città che ti ha comunque donato un lavoro, che ti ha dato tanto accogliendoti nel suo grembo metallico.
Che poi, a pensarci bene, non siamo mica negli anni 80 quando il ritmo delle fabbriche in città le faceva svuotare all’unisono. Ora, vuoi un po’ per i soldi, un po’ dal fatto che non siamo più nel boom economico di una volta, vuoi che le abitudini sono cambiate, in città ad agosto ci si rimane. Chiuso per ferie non è certo più il mantra della città globale, cosmopolita, al passo con i tempi e che produce instancabilmente. Soprattutto dopo il grande lockdown che tutti conosciamo, come si fa a chiudere a cuor leggero? Ti guardi intorno e capisci che forse non morirai di fame, non finirai senza benzina, non verrai privato di quelle certezze che rendono la tua città importante nel resto dell’anno. L’aperitivo? Anche. Sedersi a mangiare in qualche dehors al caldo? Pure. Magari riesci a vederti anche un museo quasi da solo. No non stai facendo il gioco di quelli che ti vogliono convincere che si sta meglio in città che al mare o in montagna, stai solo tornando sul piano della realtà e soppensando le tue possibilità. Anche in agosto.
Chiuso per ferie non è certo più il mantra della città globale, cosmopolita, al passo con i tempi e che produce instancabilmente.
Perciò renditi conto che alla base della salvezza c’è prima la resa e poi l’accettazione di passare – per tutto il mese o anche solo una sua porzione – le tue ferie o pre partenze a Milano. Te la prendi con comodo, speri in un anticiclone propiziatorio, poi capisci che non devi tirartela perché te la puoi godere in piscina, timido surrogato del lido, un po‘ come il surimi lo è con il granchio. Va bene lo stesso, tanto sei in ferie e ci scappa anche una bevuta rilassata senza la foga di prenotare o pensare al distanziamento. Sarai quasi da solo. Oppure incontrerai qualche altro poeta vagabondo come te e chissà che strada prenderete. Seduti al bancone dei bar che rimangono aperti o di fronte a qualche opera che ti riappacifica la vita, decidi finalmente di abbandonarti alla città, che ancora una volta ha la meglio su di te. Ma va bene così.