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Una cosa che mi manca: il SAM

La destinazione, il punto di arrivo, la tappa definitiva

Geschrieben von @fabio.colt il 9 Mai 2020

Ma ce lo meritiamo? È davvero necessario? Sarà la punizione per tutti noi che, a turno, il lunedì dichiariamo “un mese di rehab” e il venerdì dopo sorrisoni sottocassa. Sarà che il nostro gruppo WhatsApp si chiamava “Forget To Go Home” e ora si chiama “Poi Lo Cambieremo”. Sarà che della nightlife milanese uno dei posti che mi manca di più è il SAM.

Vi narro il SAM a sprazzi, lo ricordo per aneddoti, quelli che si raccontano i miei neuroni alla sera mentre cerco di prendere sonno in quarantena. Sarà che abito dall’altro lato della città, sarà che ci inventiamo sempre dei tour improbabili, ma SAM è una destinazione, un punto di arrivo. Devi guadagnartelo, come le cose più belle, a cui poi dai più valore.
Serata di fine gennaio, la prendiamo larga: cena al K2, drink al Picchio, evento Manawa al Doria e atterraggio morbido in Mecenate. C’è la serata di Millesuoni con un programma da pro: inizia all’1 am e va avanti fino alle 10 am. Botte techno non indifferenti, la crew è carica, l’impianto che spinge, tutto è permesso. I bassi ci perforano, la cassa scandisce il tempo, lo dilata e lo accartoccia. Sta suonando la guest: Aetha, dj polacca dal viso angelico e gli occhi industrial.

„Tutti impazziti. I backflip sui bassi, le capriole catartiche. La dopamina con l’idrante“

Siamo al picco della serata: un’ora dentro al suo set, nel mezzo della notte, sgabberiamo carichi come non mai e cade il silenzio. Sguardi persi, tante domande, zero risposte, crisi esistenziali. Sono le 4.30 e la musica è ferma. Mentre chiedo, indago e provo inutilmente a rendermi utile, qualcuno ancora balla senza essersi accorto di nulla, qualcuno fuma un sizzone, qualcuno boh. „Ogni spettacolo che si rispetti ha l’intervallo“ dice il barista, ce lo meritiamo anche noi: dopo 20 minuti di silenzio Aetha riattacca a prenderci a sprangate in testa e saltiamo per aria. Ci tremavano le mani. Tutti impazziti. I backflip sui bassi, le capriole catartiche. La dopamina con l’idrante.

Le cose più scontate spariscono in un attimo, ciò che era normale scompare in un istante, fino ad affannarti il respiro: non lo notavi nemmeno e ora scopri che è vitale. Un collega raver e sognatore ci fa riflettere: “Questa quarantena è come quando è andata via la musica al SAM: vi ricordate cosa è successo dopo?”. Grazie SAM per le lezioni di vita e sticazzi chi si lamenta di quella serata, l’intervallo è stato bellissimo.

„Arriva la luce e siamo di nuovo nomadi ma Sam ci ha scaldato tanto che tutta sta carica non la spegni“

Un altro ricordo notevole è la serata che inizia con Watergate a Masada, evolve al Leoncavallo con Break Out e poi? Siamo 5 anime che camminano in via Gioia cercando un mezzo e una meta – non si molla un cazzo – dobbiamo andare ma non sappiamo dove. Sono le 4.30 e sto scrivendo a tutti. Whatsapp a J: “Oh com’è li?”. Risponde: “Bello. Pieno. Chiude alle 7”. Rispondo: “Godo”.
Avvistate 5 anime impazzite che gridano e corrono per via Gioia verso una Enjoy introvabile che si trasforma in un taxi per quattro e un MiMoto per il sottoscritto perché – come spiegato pocanzi – non si molla un cazzo di niente. Mi faccio mezza Milano con 4 gradi senza guanti e il vento in faccia. Mecenate l’ho fatta urlando: Sparta!

Entriamo al SAM più carichi di Cristiano Ronaldo: ma che bello è? Abbracciamo qualsiasi cosa si muova. Siamo alla tappa definitiva, la festa è di Phoenix Room, vibe alle stelle. C’e chi ulula, chi salta, chi sgabbera, chi limona e chi fa tutto insieme. Belle facce e belle situe, un contesto che sa di casa, dove vale tutto nel rispetto di tutti. Arriva la luce e siamo di nuovo nomadi, ma SAM ci ha scaldato tanto che tutta ’sta carica non la spegni. “Oh ma voi che fate ora?”. “Ma l’after?”. “Te dove vai?”. “Raga after da Ale?”. La soluzione è una sola: l’after da Ale.

SAM mi manchi tanto, fatti sentire, fatti vedere. Ci accogli sempre alla grande, e ci lasci alla grandissima, tra ricordi e racconti che in questi giorni echeggiano da uno zoom a un hangout, perché anche se non ci vedi, in realtà siamo tutti lì, sotto cassa. Non si molla un cazzo.