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Utopie contemporanee: Funesta

Un manifesto di liberazione e autoaffermazione, uno sguardo magico e antispecista sulla vita e sulla morte

Geschrieben von MANDRA (di Sandra Beccaro e Marta Chinellato) il 9 Dezember 2025

Ph. Rinkaku

Abbiamo guardato fuori dalla finestra e abbiamo deciso di non mentirci. Abbiamo spalancato gli occhi su un presente che sentiamo opprimente e che ci appare sempre più catastrofico. Il nostro sguardo si nutre di arte: abbiamo la necessità di trovare nuove forme e nuovi modi di vedere la realtà. Quale modo migliore per comprendere la contemporaneità se non quello di guardarla con gli occhi dellə artistə che da sempre smuovono idee e coscienze nella società? Torna Utopie Contemporanee, ovvero storie di artistə che ci scaraventano nel mondo con dosi di realtà e possibilità. Ammettiamo la sconfitta e con le rovine raccontiamo le alternative. Noi siamo MANDRA (Sandra Beccaro e Marta Chinellato), un duo di curatrici che lavora sul confine dell’utopia.

Quando si sceglie di non sottostare alle volontà collettive della società si appare funestə, fastidiosə e spaventosə.

Vi presentiamo oggi Funesta (un progetto di Ilaria Demo De Lorenzi), un’artista che scavalca le definizioni per creare uno spazio dove riappropriarsi del sé, evolvere e rivendicare la propria esistenza fuori dagli schemi della società. Quando si sceglie di non sottostare alle volontà collettive della società si appare funestə, fastidiosə e spaventosə ed è proprio in questa ombra che Funesta vive e crea, ritrovando e abbracciando una comunità di esseri funesti e liberi.

Nel nostro primo incontro con Funesta abbiamo scoperto la sua ricerca antropologica sul concetto di strega, dallo stigma che ha portato al massacro di innumerevoli donne nei secoli, cancellando con loro storie e saperi alternativi a quelli dominanti; fino alle rivendicazioni femministe del termine come simbolo di liberazione da una società patriarcale. Ancora oggi le donne che si oppongono e infastidiscono il potere dominante vengono additate come streghe, e noi continueremo a rivendicare questo termine.

«Tu proietti su di me questa definizione di strega perché non corrispondo ai tuoi canoni ma se io accolgo questa definizione e divento la mia versione di strega, magari io sono peggio di come pensavi. Magari mi liberi e poi è peggio per te». Questa ricerca culmina nel progetto fotografico Ashes che diventa manifesto di ribellione e dissidenza, un processo di autoaffermazione e autodeterminazione che coinvolge diversə amichə, artistə, tuttə incompresə nella loro complessità da un sistema che tende sempre a semplificare e incasellare.

Un’altra ricerca che sfugge alle definizioni è quella degli Agalma, il termine indicava la statuetta votiva nell’antica grecia, l’offerta ad un dio per ricevere benevolenza. Negli studi lacaniani è l’oggetto del desiderio, la luce segreta che proiettiamo sull’altro, il bagliore che seduce perché non può mai essere pienamente posseduto se non da chi quella luce la porta. Questa denominazione è anche un modo per svincolare le opere da definizioni canoniche e standardizzate per cui se sono gioielli non sono arte, se sono sculture non sono moda, per gli Agalma queste definizioni sono solo parziali e limitanti; la scelta di questo nome diventa quindi una rivendicazione e riappropriazione delle varie definizioni possibili, uscendo da queste logiche per costruirne una nuova.

Funesta non uccide niente, si compone di ritrovamenti o donazioni che rendono il progetto quasi collettivo.

Gli Agalma nascono dalla necessità di rispondere alla domanda Adesso che il tuo corpo non esiste più, io dove ti trovo? Le opere sono realizzate a partire da resti organici che si fanno testimonianza di qualcosa che è finito ma che, con l’intervento di Funesta, evolve e prende nuove sembianze. I materiali sono i più disparati: corpi organici di origine vegetale come piante secche, spesso estirpate perché considerate erbacce o non degne, insetti trovati già morti, denti di gnu, ossa di delfino, vertebre di murena, testimonianze di un corpo che prima c’era e che ora non c’è più, ci sono poi diversi denti umani donati da persone che hanno incrociato il suo lavoro nel tempo. Funesta non uccide niente, si compone di ritrovamenti o donazioni che rendono il progetto quasi collettivo, in una costante collaborazione umana e non umana.

Molte di queste opere sono indossabili, è effettivamente abbastanza funesto anche il gesto di agganciare a se stessi qualcosa che è concepito collettivamente come morto. In una società occidentale, in cui non si fa altro che sfuggire alla morte e nasconderla, Funesta ci insegna che vedere la morte unicamente come una fine, oltre a essere una concezione scientificamente errata, è anche molto limitante e egoriferita. Proprio questa nostra tendenza a eludere la morte evoca una sensazione di repulsione verso l’opera di Funesta, ci racconta che non ci sono vie di mezzo, c’è chi ama le sue opere e chi non vuole saperne nulla, questo dice molto del nostro rapporto con la morte, solo chi l’ha affrontata in maniera consapevole riesce a connettersi con gli Agalma.

È interessante vedere il doppio standard rispetto all’idea della morte collegata al mondo vegetale, quasi irrispettosa in quanto la conosciamo meno, c’è infatti una percezione gerarchica delle diverse tipologie di vita, alcune meritevoli di lutto, altre meno. La concezione di Funesta è invece trasversale, tutto è vivo e tutto “finisce”. I resti, quando possibile, sono utilizzati così come vengono trovati ma la maggior parte delle volte vengono fusi. Anche questo passaggio è estremamente significativo, non vengono usati calchi o stampi, la fusione di questi pezzi è diretta, dettata dal corpo utilizzato e dal caso. La trasformazione è lasciata libera al materiale stesso, vi è quindi un’accettazione dell’indipendenza del corpo organico, la non controllabilità del gesto diventa parte della creazione ricordando il processo di elaborazione del lutto stesso. Conservare la memoria di qualcuno significa anche modificare il proprio ricordo nel tempo, lasciar andare delle parti per mantenere se stessi è un processo lungo, doloroso ma inevitabile; allo stesso modo i materiali, nel processo di fusione, non rimangono invariati, perdono alcune caratteristiche ma l’essenza rimane la stessa e da questo processo ne escono modificati.

Se come noi sei rimastə stregatə dalla poetica di Funesta qui puoi richiedere il catalogo degli Agalma e scoprire le meraviglie dell’ultima collezione.