Dopo avervi presentato l’architetto Carlo Caldini che sarà presente al talk Radical Clubbing per lo Zero Design Festival, vi raccontiamo la discoteca che lui e il suo Gruppo 9999 ha realizzato a Firenze nel 1969.
Nel percorso che ci permette di ricostruire la storia del clubbing nostrano, lo Space Electronic rientra in quella corrente architettonica, l’unica, che si è occupata di progettare discoteche: l’avanguardia dell’Architettura Radicale.
Allo Space Electronic, tra convegni sull’architettura, proiezioni in loop di fotografie del progetto spaziale Apollo, allestimenti dal design pop, qualche performance teatrale (su tutte si ricorda quella della compagnia newyorkese The Living Theatre) e installazioni con acqua o vegetali, si poteva assistere a una serie di concerti per appagare così tutti i sensi.
Si spaziava dal rock’n’roll, come quello dell’inaugurazione con Dik Dik e New Trolls, a gruppi beat come The Rokes o gli Sopworth Camel, oppure si migrava dai live progressive rock folk degli Audience alle esibizioni più freak dei Canned Heat (osannati a Woodstok) passando per session di stampo jazz con Jimmy Smiths. Insomma, lo Space Electronic aveva una programmazione sia nostrana che internazionale invidiabile e, per di più, era ospitato in un luogo progettato dallo studio d’architettura Gruppo 9999, attivo nel dibattito architettonico dell’epoca insieme con tutti i gruppi radicali come Superstudio, Archizoom, Ufo e Strum. Lo Space Electronic ha inaugurato il 27 febbraio del 1969 a Firenze. L’idea era da Carlo Cladini e Fabrizio Fiumi, che tra il 1967 e il ’68, per motivi diversi, vivono la loro esperienza americana. Interessati oltre che all’architettura anche a musica e arte, per lo Space Electronic vengono particolarmente influenzati da locali come il Fillmore di San Francisco, lo Shrine di Los Angeles e soprattutto l’Electric Circus di New York, con il suo gioco di luci e immagini impressionante.Così in quell’ex officina di rettifica motori di via Palazzuolo vogliono anche loro creare un „multimedia enviroment“, che doveva offrire al pubblico più stimoli possibili grazie a installazioni, videoproiezioni, performance e architettura. Carlo si occupò del ponte e della regia, Fabrizio dell’ingresso, del bar e della balconata, mentre Paolo Galli (altro membro del gruppo) pensò all’arredo interno con i cestelli di lavatrice e i sacconi di polietilene lunghi sei metri riempiti di gommapiuma; ognuno comunque si confrontava con gli altri per i lavori. All’ingresso del locale c’era un primo televisore che, grazie a una telecamera interna, mostrava le persone che nelle altre sale ballano; al piano “underground” c’erano un lounge bar con i “serpentoni” di plastica e un acquario tropicale con tanto di piranha, mente al piano rialzato spiccavano il parallelepipedo nero dove si tenevano i concerti e la sala regia da dove venivano azionate le luci stroboscopiche e proiettate le immagini che illuminano folla e pareti. Di giorno la vasta sala da ballo veniva usata dal 9999 e da alcuni studenti della Facoltà di Architettura come aula in cui progettare e tenere performance.
Oggi lo Space Electronic esiste ancora il proprietario è l’archietto Carlo Caldini, il locale si chiama solo Space ma non fa più ricerca e sperimentazione e come un tempo…