Una creatura si aggira nella notte con gli occhiali da sole, tra le luci rarefatte dei club: un crooner elettronico che si nutre dell’energia del dancefloor, mentre fuori si intravedono le rovine di un mondo agli sgoccioli. Un vampiro, che sul palco si sdoppia e a volte si triplica. Lorenzo Sutto e Mark Ceiling (aka Riccardo Marsili Feliciangeli) hanno dato vita a uno dei progetti più interessanti dell’ultimo anno, unendo atmosfere deep, influenze lo-fi e liriche da chansonnier decadentista, glam e nottambulo, ora recitate in inglese ora in francese. Roma è la culla del progetto European Vampire, ma c’è da scommettere che a breve farà la comparsa tra le strobo di molti altri club ben al di fuori della città. In attesa del primo album – che si vocifera uscirà tra qualche settimana – abbiamo realizzato quest’intervista per conoscere più da vicino il loro mondo, musicale e non.
Domanda di rito per iniziare l'intervista: come e quando è nato il progetto European Vampire?
Mark Ceiling: Il tutto è nato a inizio 2018: io e Lorenzo ci conosciamo dal liceo, ma nonostante fossimo già buoni amici, le nostre strade a livello musicale si erano incrociate sempre in maniera breve e informale. Abbiamo iniziato a scrivere per divertissement, esplorando liberamente, e abbiamo trovato un terreno comune nel quale sentirci confortevoli entrambi.
Lorenzo Sutto: La prima volta che abbiamo scritto insieme una canzone abbiamo anche capito di avere in comune qualcosa di forte.
Qual è il primo brano a cui avete lavorato?
Mark Ceiling: “First Living Proof”, un pezzo downtempo a metà tra King Krule e Yung Lean, molto incentrato su parti di chitarra. L’abbiamo scritto nella mia camera e il processo, almeno nella fase iniziale, è stato incredibilmente fluido. L’abbiamo ritoccato più e più volte una volta definita meglio la nostra visione estetica e il nostro suono, ma non lo abbiamo mai pubblicato (per il momento).
Lorenzo Sutto: Il primo vero brano in cui abbiamo fatto qualcosa di diverso è stato „Tom Ford“, un’invettiva mascherata da seduzione à la Gainsbourg, uscita fuori in modo inaspettato, ma che ha acceso questa torcia nella notte che ci portiamo ancora appresso: questa voglia di altro, di diverso, di nuovo.
Tra i vostri primi pezzi c'è anche "French Touch", omaggio a un genere che vi ha ispirato o citazione ironica? Ascoltandovi l'impressione è che abbiate una dimensione decisamente più deep, proprio nel senso letterale del termine: brani profondi, dai toni crepuscolari.
Mark Ceiling: Di French Touch e in generale di elettronica francese, ce n’è veramente poca nelle nostre produzioni. Questo pezzo in particolare deve molto di più a produttori come Shadow Child o Lone e al loro lavoro di rave revival che prende spunto dai Novanta inglesi. In generale, le nostre sonorità guardano molto più all’Inghilterra, a produzioni più sporche e lo-fi che non alla cura meticolosa e catchy dell’house francese.
Chi citereste tra i vostri riferimenti musicali principali?
Lorenzo Sutto: Più provo a rimanere pertinente alla forma e al genere musicale, dicendo Daft Punk, New Order, Aphex Twin, più mi viene da trascendere verso ciò che la musica vuole esprimere e a chi mi riferisco quando penso e scrivo, tipo Chet Baker, David Bowie e Serge Gainsbourg.
Mark Ceiling: Oltre ai producer già citati, tante ispirazioni vengono dalla nuova scuola lo-fi house (primo su tutti, Dj Boring), dalle atmosfere fumose e malinconiche di Lapalux, così come da quelle più cupe, spezzate ed enigmatiche di Andy Stott. Personalmente, vedo nei nostri pezzi anche frammenti di Piero Umiliani e qualche richiamo al prog anni Settanta, ma non so quanto questo traspaia.
Vi faccio due nomi, ditemi cosa vi viene in mente. Il primo è Tom Ford
Lorenzo Sutto: Il sesso vende sempre, soprattutto se è caro.
Mark Ceiling: Campagne di Gucci, velluto rosso, il vero vampiro è lui!
Il secondo è Lancia Delta Integrale.
Lorenzo Sutto: Idea veloce, strappa il vento e le pagine di Mark Fisher che non ho mai letto.
Mark Ceiling: Gruppo B, troppi cavalli troppo difficili da controllare: morte.
Come vivete la dimensione live? Preferite esibirvi in un club o lavorare in studio?
Lorenzo Sutto: È assurdo vedere la differenza tra un live con una band e un live con questo progetto. Con European Vampire l’energia è davvero una cosa fondamentale, una spinta a fare, essere, osare di più, un unirsi continuo di fronte a un soundsystem grande o piccolo che sia, che detta la perentoria legge della cassa, che bisogna seguire sempre, ovunque ti porti: la cassa non conosce fame e non conosce sete, conosce solo il tempo e non si ferma mai e allora tu stai la a inseguirla per vedere dove ti porta. Non sei tu che dirigi la gente: anche se stai sul palco sei un pedone, un pedone che si muove sempre avanti e che la cassa si porta via con sé, e che sul più bello lascia lì, sudato, privo di forze.
Mark Ceiling: Entrambi abbiamo suonato e suoniamo tutt’ora in band diverse e anche nella stessa, i Red Bricks Foundation. I live ci hanno formato come musicisti e come performer, e sono sempre un modo sia per connettersi in maniera più tangibile con chi ci ascolta, sia per capire quali produzioni funzionano e in quale contesto. Tuttavia, i momenti che si vivono nella tranquillità dello studio, specialmente nella prima fase di composizione e scrittura, possono rasentare il magico. Le due dimensioni coesistono ed è giusto che siano in equilibrio.
Di norma sul palco siete in due, ma avete anche suonato con delle formazioni allargate. Come muta la musica e la performance?
Mark Ceiling: Ultimamente sul palco siamo in tre, con l’aggiunta di un altro producer, Arssalendo. Essere più persone permette di avere più interplay, di interagire e giocare di più con la musica, che è una dimensione che facilmente può mancare in un set elettronico. Abbiamo anche avuto l’onore di suonare con Alfredo Santoloci, sassofonista ed ex direttore del Conservatorio di Santa Cecilia, che da turnista ha lavorato anche per Fellini. Con lui e Michele De Vincenti alla chitarra abbiamo riarrangiato diversi pezzi incorporando elementi fusion, jazz e bossa nova, ritrovando una dimensione suonata che ben si sposa con la nostra sensibilità e il nostro modo di fare musica.
Lorenzo Sutto: È sempre bello suonare in tre, personalmente è una dimensione che preferisco perché la trovo molto più equilibrata rispetto a quando ci siamo solo io e Riccardo.
Vi cito due frasi da "Tom Ford" e prendo spunto per altre due domande. La prima è "je parle français, mais je suis italien". Molti dei vostri testi sono in francese, da dove nasce questa scelta? L'utilizzo dell'inglese o del francese in un brano piuttosto che in un altro è legato alla musicalità o a qualche altro motivo?
Lorenzo Sutto: Penso che questa totale assenza di confini tra le lingue, quasi come fossero solamente diverse note che possiamo usare a nostro piacimento, sia una delle cose che più ci differenzia dagli altri. Un universo dove piegare il senso e il suono di una parola a favore di un’altra completamente diversa, dove significato e significante si perdono tra giochi di parole e traduzioni fittizie. Questa frase in particolare però vuole rappresentare anche altro. Nel nostro mondo, nel mondo della musica, nel mondo della moda, la posa è vita, la posa è tutto e la lingua non è altro che un’altra carta che aggiunge credibilità all’identità fittizia – o non – che ci si ritrova a ostentare in diverse situazioni mondane – o non. In questo caso specifico European Vampire sta ammettendo quanto tutto questo atteggiarsi a connaisseur sia finto e sfonda la quarta parete facendo quello che in questi ambienti rarefatti e finti non si fa mai: ammettere la verità. E quindi parlo francese ma sono italiano.
La seconda frase è "J'ai la fête dans ma tête 24 heures sur 24". Che rapporto avete con il clubbing?
Lorenzo Sutto: In verità non penso di aver mai frequentato così tanto i club come da quando abbiamo iniziato questo progetto, e sono fiero di questa cosa. Ora apprezzo molto di più la dimensione musicale e psicologica che rappresenta il clubbing, i suoi codici, le sue gerarchie: sono affascinato dalle luci e dall’atmosfera rarefatta che si crea nello spazio ristretto di una discoteca.
A Roma dove vi piace uscire?
Lorenzo Sutto: Trastevere, altrimenti La Fine (quando c’era), Alcazar, Forte Antenne, India, qualche serata a casa di amici.
Mark Ceiling: Generalmente vado dove mi porta la situazione, non ho un punto di riferimento preciso. Mi piacerebbe tornare all’Alcazar a Trastevere, uno dei pochi posti a Roma dove si suona r’n’b e jazz moderno.
Come avete vissuto questi ultimi due anni in cui i club sono rimasti sempre chiusi?
Lorenzo Sutto: Abbiamo scritto tre album, provato incessantemente e preso a testate il muro.
Mark Ceiling: Si può dire che abbiamo apprezzato/subìto la fête dans nos têtes.
Ultima domanda: avete una Lancia Delta nuova fiammante e Tom Ford sul sedile posteriore? Dove lo portereste e che notte gli fareste vivere?
European Vampire: Accelerare al massimo, il dove non importa.