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Alessandro Adriani

In occasione del debutto romano del progetto Movimento, abbiamo intervistato il fondatore della Mannequin Records.

Geschrieben von Nicola Gerundino il 1 Oktober 2019
Aggiornato il 2 Oktober 2019

Geburtsdatum

19 Juli 1980 (44 anni)

Geburtsort

Roma

Wohnort

Berlino

Attività

Dj, Musicista

Si farebbe prima a dire in cosa non sia impegnato al momento Alessandro Adriani. Un anno fa i festeggiamenti per il decennale della sua Mannequin Records, quest’anno il decennale della compilation seminale „Danza Meccanica“, la residenza al Berghain con la Mannequin Nacht, un nuovo progetto in tandem con The Hacker (Amato & Adriani), la curatela per Yard Press di un libro sulla new wave in Italia, senza contare una vagonata di dj set in lungo e in largo. A tutto questo si è aggiunto di recente anche un ambizioso progetto audio/video con il collettivo Movimento, fondato assieme a Nuova Astrazione e Domenico Romeo, che il prossimo 5 ottobre debutterà a Roma per Errore Digitale, all’interno della rassegna Videocittà. Più che un’intervista, un’occasione per riabbracciare e fare due chiacchiere con un amico di vecchia data.

 

Facciamo partire quest'intervista dalla fine e da quello che vedremo il prossimo 5 ottobre per Errore Digitale: “Movimento”. Come nasce questo progetto?

„Movimento“ nasce come collettivo di ricerca audiovisiva. Oggi siamo concentrati sul lato performativo e in ogni suo nuovo episodio „Movimento“ va inteso come un’opera a se stante, seguendo un numero crescente e una città dove l’opera viene eseguita, ma nel futuro vorremmo esplorare anche forme più installative e museali. Conosco Paulina Greta (Surogaat) e Andrea Reni di Nuova Astrazione da diverso tempo e loro erano già in contatto con Domenico Romeo (Off-White) per un’eventuale collaborazione. Tutto si è svolto molto naturalmente: fluidità, interazione, coesistenza tra diverse arti possono contenere elementi difficili, fortunatamente non è stato il nostro caso.

In cosa consiste il progetto? Cosa succede dal vivo e come interagite tra di voi?

La performance che stiamo presentendo per Errore Digitale, „Movimento #03 Roma“, prevede la completa interazione di tre differenti media e quattro attori. Ho creato specificatamente un live rituale/tribale con percussioni giapponesi, TR-808 e TB-303. La musica comunica con le videoproiezioni di Nuova Astrazione, modificandone il corso, e introduce in scena Domenico, che a sua volta segna la superficie dello schermo di vernice nera, lì dove sta scorrendo il video, „muovendo“ le proiezioni e glitchando la musica attraverso gesti bruschi. Noi attori ci troviamo dietro gli schermi, quindi si vedranno sono le nostre silhouette.

È la prima volta che porti dal vivo un progetto audio/video? È una dimensione in cui ti trovi a tuo agio?

Il primo live a/v l’ho fatto sempre insieme a Nuova Astrazione, con la collaborazione di Jonathan Castro, per l’edizione 2018 dell‘Atonal, dove ho curato anche lo stage „Null“ per una sera, esperienza serissima.

 

Ultimamente stai girando tantissimo come dj: è questa la tua dimensione ideale?

Live e dj set sono due esperienze molto diverse tra loro, pur appartenendo allo stesso campo. Toccando la soglia dei 40 anni ho deciso di abbracciare il live soltanto per episodi più importanti come i festival. Al momento questa dimensione vede da un lato „Movimento“, dall’altro il progetto Amato & Adriani (Michel Amato è il vero nome di The Hacker, nda). Da solo preferisco esprimermi nei dj set: portarsi in giro due bag cariche di macchine è veramente stressante.

Tornando alla dimensione clubbing, muoio dalla curiosità di sapere qualcosa sui vari club in cui sei stato ospite. Il più assurdo qual è stato?

Eh sì, ne abbiamo di episodi a disposizione… A Mexico City dentro una palestra di boxe, con ancora i sacchi appesi in giro, oppure un rave a Pristina (Kosovo) nel garage di uno stadio, con qualche macchina ancora parcheggiata e con l’allarme in funzione per tutta la notte: i proprietari vennero a riprendersele alle 10:00 di mattina completamente ignari di cosa stesse succedendo….

Quello di cui hai il ricordo più bello e quello di cui hai il ricordo peggiore?

Ho bellissimi ricordi dei set a Novosibirsk, in Siberia, per il Goethe-Institut, oppure all’Alphabet a Tel Aviv: esperienze estreme, ma cariche di significati. Situazioni negative possono sempre capitare, ma cerco sempre di non uccidere nessuno a fine serata…

A proposito di Russia, com'è il clubbing da quelle parti? Come quello europeo o ha qualcosa di diverso?

Beh, dopo circa un’ora che sei nel club, oltre ad avere il torcicollo, ti senti praticamente il più sfigato del quartiere: ti giri intorno e vedi solo modelle e modelli vestiti benissimo. Sono tutti alti, magri, perfetti. Insomma, c’è l’effetto Lino Banfi… Per fortuna compenso con le qualità artistiche! Il clubbing cambia molto tra Mosca e San Pietroburgo, però c’è sempre e comunque un’energia pazzesca: se guardi il dancefloor alle 10:00 di mattina sembra di essere in un film.

Ancora in tema clubbing, ormai le Mannequin Nacht al Beghain sono un appuntamento fisso. Come sei arrivato a loro? Qual è il racconto della prima che sei riuscito a organizzare?

Ti sembrerà assurdo, ma sono loro che sono arrivati a me. Le Mannequin Nachts sono partite all’OHM nel 2016: scrissi semplicemente un’email a „info@“ e non avevo nemmeno un resident da affiancarmi. Poi, proprio in quei giorni, incontrai casualmente Silvia (JASSS) a una serata al Cafe Futuro dove passavo solo e unicamente tracce dei Cabaret Voltaire per tutta la notte. La sua attitudine mi è subito piaciuta e spontaneamente le chiesi se voleva affiancarmi in questa storia. Guardando indietro, direi che ho ancora fiuto per gente seria!

 

Il Berghain è ancora il club numero uno di Berlino o comunque quello che mantiene un'atmosfera irreplicabile altrove, oppure l'eccessiva fama l'ha cambiato?

L’atmosfera del Berghain è certamente irreplicabile, ma come lo è l’atmosfera di tutti gli altri posti in cui ho suonato. Ogni club ha la sua struttura artistica e architettonica, che va a influire nella fruizione dell’esperienza „clubbing“. Certamente il Berghain è cambiato nel corso degli anni, ma non necessariamente in peggio. Mutare è fondamentale per esistere: è un discorso estendibile sia a tutta la città di Berlino, sia al clubbing in generale. Molti club stanno chiudendo, mentre il business si sta palesemente spostando sui festival.

E Berlino è ancora la città numero uno per il clubbing in Europa?

Siamo sempre al top in termini di offerta, basta buttare un occhio su Resident Advisor: ogni weekend c’è il delirio! La libertà che ho respirato e visto qui è veramente difficile da trovare altrove. È interessante il fatto che tanta gente che non è nata a Berlino ogni anno contribuisca ad apportare nuove e continue mutazioni.

Che città è oggi Berlino? Come la vivi e che ne pensi?

Dopo sei anni e mezzo di Neukölln, un mix esplosivo tra una periferia turca e un covo di hipster, anche io da Aprile mi sono finalmente imborghesito e sono andato a finire a Prenzlauer Berg! La prima cosa che ho pensato è stata: «Ah, finalmente mi sono trasferito a Berlino!».

Oltre che per il clubbing, di Berlino si parla per i grandi processi di gentrificazione. Li stai toccando anche tu con mano?

Gentrificata, ma ancora sexy.

 

https://jonacthan.tumblr.com/post/186474980082

Domanda di cui so già la risposta, ma che ti faccio lo stesso: immagino che senza il trasferimento a Berlino il percorso tuo e della Mannequin sarebbe stato totalmente diverso e sicuramente non avrebbe avuto un'accelerata come negli ultimi anni.

Sì, è esattamente così. A parte casi rarissimi, come il grandissimo Giorgio Mortari – non sai quanto mi manchi! – a Roma e in Italia ho avuto pochissimo terreno fertile.

Uno dei primi racconti che mi hai fatto appena trasferito a Berlino riguardava l'avere Shackleton come vicino. Com'era vivergli di fianco? Hai avuto altri vicini del genere?

Grandissimo Sam! Il suo cane era sempre incazzato perché portavo il cappello, quindi mi toccava toglierlo ogni volta che lo incontravo, cosa non facile per me, perché è come chiedere a una qualsiasi altra persona di togliersi i capelli. Sempre lì vicino c’è il Das Gift, un pub scozzese tirato su da Barry Burns dei Mogwai e da sua moglie Rachel. Ci suonavo spesso i primi tempi del trasferimento, portandomi una vagonata di vinili wave da casa

Se andare a Berlino è stata una tua tappa fondamentale, esattamente dieci anni fa lo era stata anche la compilation "Danza Meccanica". Qual è la storia di questo progetto?

„Danza Meccanica“ è stato un processo laborioso che ha richiesto anni per trovare tutti i gruppi, anche se negli ultimi tempi ci fu un’accelerata decisiva grazie a Myspace. Sono riuscito a terminare la prima delle due compilation esattamente cinque anni dopo il concept. Volevo semplicemente dire al mondo che in quel periodo c’eravamo anche noi ed eravamo altrettanto fichi. Tra l’altro ho curato per Yard Press un libro di foto sulla new wave italiana che dovrebbe uscire a breve.

 

Per il secondo volume della compilation le cose sono state più semplici?

Sì, grazie a Discogs e, subito dopo, Facebook, trovare i proprietari dei master è stato un gioco da ragazzi.

A distanza di dieci anni come vedi e che ne pensi di questo disco? Con il senno di poi lo avresti fatto in maniera diversa?

No, assolutamente. Spacca tutto ancora oggi.

A cosa stai lavorando ora?

Con Mannequin mi muovo sempre tra il confine delle ristampe e dei nomi nuovi. Una vagonata di release, principalmente industrial, post punk ed ebm.

Ci dici un nome nuovo che sentiremo nei prossimi mesi, sempre su Mannequin ovviamente?

Dissemblance – „Over The Sand“. Discone electro/cold wave prodotto da Mathilde Mallen e mixato da Silent Servant.