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Er Box

Da garage a punto di riferimento locale, grazie all’elettronica e alla voglia di animare il quartiere

quartiere MACRO

Geschrieben von Giulio Pecci il 17 Juni 2022

foto di Guido Gazzilli

Wohnort

Roma

Attività

Promoter

Passeggiando su via Savoia verso la Salaria, si vive un’aria di irreale sospensione, di pace quasi narcotica. Poca gente in strada, quasi tutta vestita da ufficio. Ecco perché sentir uscire il battito di una cassa in quarti da un piccolo negozio lascia destabilizzati. Dentro due piatti, vinili, magliette, tantissimi adesivi e due frighi che ospitano birre e vino. Perfino una splendida Ducati 999 in un angolo. In questo negozietto quadrato Niccolò Orsi – nato e cresciuto qui – ha creato una realtà diventata punto di riferimento nel quartiere.

„Er Box nasce per soddisfare un mio bisogno.“

Come e quando è iniziata l’esperienza de Er Box?

Qua di fianco c’è un garage: la cosa è nata lì dentro una decina di anni fa, con due casse e un frigo. Per questo si chiama Box. All’inizio non si trattava neanche di un’idea definita, era solo un punto di ritrovo.

E poi?

Poi, circa cinque anni fa, mi hanno fatto scoprire una sfumatura particolare di minimal house dell’Est Europa. Io sono sempre stato appassionato di elettronica: sempre come ascoltatore, non ho mai studiato musica. Sentire questa roba è stata un’illuminazione: volevo portarla in giro, diffonderla il più possibile. Che dire di più? Non sono molto abituato a raccontare la storia di questo ritrovo…

Allora era proprio ora che questa esperienza venisse mappata.

Sì, anche se non è mai stato un mio obiettivo. Mi piacciono le cose “live”, che trovi in giro. Non mi sono mai promosso, non ho mai cercato pubblicità.

Entrando il colpo d’occhio è notevole, soprattutto per contrasto rispetto a quello che lo circonda.

Infatti, chi viene o ci casca dentro rimane folgorato e torna.

Allora la domanda è obbligatoria: chi viene? La gente di zona come ha recepito Er Box?

Molto bene. Siamo stati uno dei pochi posti aperti nel quartiere durante le zone arancioni del lockdown e questo ci ha fatto diventare un riferimento per bere una cosa o ascoltare musica. Vengono persone di tutte le età, dai diciotto ai quaranta.

Questo è un quartiere tranquillo, molto borghese in origine, oggi pieno di uffici. Tu abiti qui?

Sì, proprio qui accanto. Penso sia stato fondamentale essere nati in un garage perché non è un posto isolato, una casa o una soffitta: siamo letteralmente su strada. L’interazione con il pubblico è stata vitale da subito: quando mettevo musica all’aperto le persone si fermavano. Siamo cresciuti molto grazie a questo tipo di dinamica. Poi da qui è nato anche Juno.

Vai, raccontami di Juno World.

Come dicevo, sono appassionato di questa house romena che è stata ribattezzata ro-minimal (romanian minimal o minimal microhouse). Vado lì e in generale in Est Europa un paio di volte all’anno. Non sono tantissime, ma anche a Roma ci sono altre persone appassionate di questo genere e insieme organizziamo delle serate, prendendo spazi e chiamando dj anche da fuori, Germania e Russia principalmente.

Dove organizzate le feste?

Dipende. Ville private, locali ufficiali e improvvisati. Non ci piace l’atmosfera delle discoteche romane e il modo in cui si va alle serate a Roma. Qui di solito si finisce all’alba, non esiste il concetto di continuare fino al giorno dopo, a pranzo, con ricambio di gente. Noi invece cerchiamo di proporre questo tipo di esperienza.

Come si intersecano quindi Juno e Er Box?

Be’, diciamo che è la sua base fisica. Stando qui tutto il giorno c’è la possibilità di parlare con le persone, spiegargli cosa facciamo e come.

Da fuori questo rimane un quartiere difficile da mappare.

Sì, lo capisco, è vero: se vieni da fuori è così. È a metà strada tra Centro, Termini, Villa Borghese. Anche qui c’è una comunità, ma è più discreta: non è un quartiere dall’identità forte come Testaccio, Trastevere o Monteverde. Chi viene pensa di stare a Parioli, ma non è così.

E quindi com’è? Anche dal punto di vista di una persona che, come te, a un certo punto capisce che la musica è la sua strada?

Se non avessi avuto il box di famiglia da cui iniziare non so se sarebbe mai nato niente. Quando poi la cosa è cresciuta e mi sono spostato nel locale dove Er Box si trova adesso, c’è stata una riflessione più razionale. È inutile aprire un posto del genere in un luogo di “movida”, in cui già ci sono centoventi locali. Per non essere uno dei tanti, perché lì i controlli sono più stretti… Oltretutto, Er Box nasce per soddisfare un mio bisogno. Volevo andare a ballare ma non trovavo un posto in cui fossi a mio agio. Quindi alla fine la musica me la sono messa da solo e ‘sti cazzi! Facendolo mi sono reso conto che non ero l’unico con questa necessità, per cui mi sono chiesto se avesse senso andare da un’altra parte. Oltre a gestire bene questa attività, so che qui non c’è altra offerta o concorrenza.

Ti vengono in mente persone di queste parti che si muovono, come te, nel mondo della musica o dell’arte?

Bvka, che fa musica e street art. Poi Nessuno, anche lui fa arte, dalla street all’abbigliamento. Sono entrambi molto bravi.

Che posti di zona frequenti con piacere, al di là de Er Box?

Faccio sempre colazione nella pasticceria qui accanto, si chiama proprio “Dolce”. È buonissima e l’hanno anche recensita benissimo negli ultimi anni. Per il resto, io sto sempre qui dentro: ci lavoro da solo, non ho ricambio. Sette su sette sto qui, fisso, da un lato è un disagio, dall’altro va benissimo. Se chiudo è perché parto, se sono a Roma apro, anche perché se non lo faccio la gente comincia a scrivermi. Alla fine questo lavoro è totalizzante, la combo finale tra passione e, appunto, lavoro.