Mercoledì 27 novembre alle ore 18.30 il Teatrino di Palazzo Grassi di Venezia ospiterà I Declare a Permanent State of Happiness, una lecture del poeta e artista americano Kenneth Goldsmith, docente della University of Pennsylvania. L’incontro, a cura del duo curatoriale Francesco Urbano Ragazzi, è dedicato al Tractatus Logico-Philosophicus di Ludwig Wittgenstein e costituisce l’ultimo episodio di un ciclo di tre seminari intitolato I Declare a Permanent State of Happiness – Ludwig Wittgenstein e l’arte, in collaborazione con il dipartimento di Filosofia e Beni Culturali e il Dipartimento di Studio Umanistici dell’Università Ca‘ Foscari di Venezia, con Zuecca Projects, Claver e Despar Aspiag Service. Non potevamo lasciarci sfuggire la ghiotta occasione di parlarne direttamente con i curatori e di rivolgere un appello ai veneziani: non mancate.
Qual è il vostro stato di permanente felicità?
«La felicità è per noi uno strano territorio tra lo stato delle cose e lo stato dell’arte. Un luogo della mente che si manifesta attraverso il coraggio delle idee e che impone la sua esistenza al mondo. Come un’allucinazione. Come una dichiarazione di guerra e di amore».
Quali temi affronterete con Kenneth Goldsmith durante questa lecture?
«Wittgenstein ci guiderà con queste parole: “Non c’è nulla di più straordinario che osservare un uomo intento ad una semplicissima attività quotidiana mentre si crede inosservato. Proviamo a immaginare un teatro, il sipario si alza, e noi vediamo un uomo solo che vaga su e giù nella sua stanza. Vedremo allora, improvvisamente, un essere umano dall’esterno, come non è mai possibile vedere se stessi; sarebbe quasi come vedere con i nostri occhi un capitolo di una biografia- il che sarebbe inquietante e meraviglioso al tempo stesso. Più meraviglioso di tutto ciò che un poeta potrebbe far rappresentare o dire sulla scena, noi vedremmo la vita stessa».
Kenneth Goldsmith è protagonista dell’ormai mitologica mostra da voi curata presso il Despar Teatro Italia: Hillary: The Hillary Clinton Emails, la mostra giunge al termine, qual è il bilancio di questi mesi, potete raccontarci i momenti salienti?
«Quello che è successo é che in questi sette mesi abbiamo trasformato il Despar Teatro Italia in un luogo dell’arte molto movimentato. Il Teatro Italia è tornato prima di tutto ad essere cinema, con più di 35 ore di film selezionati da Ubu.com e proiettati sul grande schermo dietro il bancone gastronomia. È poi tornato a essere anche la sede universitaria che era fino a qualche decennio fa, ospitando la Zürcher Hochschule der Künste di Zurigo con un workshop intensivo e l’Università Ca‘ Foscari con un ciclo di lecture accademiche su Wittgenstein, di cui questa a Palazzo Grassi è l’ultima tappa. Sull’ormai nota replica del resolute desk in mostra sulla balconata si sono inoltre avvicendati Rose McGowan, la musa di Doom Generation e l’icona di #metoo, Leah Singer e Lee Renaldo, artisti e assi portanti dei Sonic Youth; il grande teorico e attivista Paul B. Preciado, Hillary Clinton… Ma soprattutto una straordinaria onda di gente curiosa. Nelle ultime settimane la mostra ha persino affrontato la spaventosa acqua alta che ha colpito la laguna e lo spazio espositivo si è fatto anche magazzino per le merci e riparo per i pedoni in preda alle maree. Questo è molto più che un padiglione o un museo. È uno stato di felicità».
Tre motivi per cui non ci si dovrebbe perdere l’occasione di assistere a questo talk.
«Prima di tutto la presenza di Kenneth, che torna a Venezia per la prima volta dopo l’inaugurazione della Biennale e ricongiungerà il Tractatus di Wittgenstein, l’archivio online Ubuweb e le email di Hillary Clinton in una lettura poco ortodossa del ready-made. Secondo: i collage filmici di Stan VanDerBeek, che si espandono in un cinema psichedelico senza ritorno. Non è poi così facile vederli su grande schermo in Europa. Terzo: ancora non ve lo posso dire».