Prendi un vecchio palazzo nobiliare appena fuori Roma (Palazzo Rospigliosi a Zagarolo), prendi un team di curatrici e curatori con un consolidato curriculum nel mondo dell’arte contemporanea, prendi 28 gallerie e altrettanti artisti. Il risultato è GRANPALAZZO, una delle manifestazioni più interessanti di Roma per quel che riguarda l’arte contemporanea. Vero: tecnicamente non si svolge a Roma, ma il suo team pensante è al 100% capitolino: Paola Capata e Delfo Durante (Monitor Gallery), Federica Schiavo (Federica Schiavo Gallery), Ilaria Gianni. Proprio con quest’ultima (a sinistra in foto) abbiamo deciso fare due chiacchiere per farci raccontare l’edizione 2016 di GRANPALAZZO (dal 28 al 29 maggio) e su come Roma e la sua provincia possano far sistema per promuovere l’arte contemporanea.
ZERO: iniziamo dalle presentazioni, dove e quando sei nata?
Ilaria Gianni: Sono nata a Roma, agli sgoccioli del 1979.
Quando hai iniziato ad appassionarti all’arte? C’è stata una mostra, un artista o un’opera che ha innescato la scintilla?
Strada principale e strade secondarie (1929) di Paul Klee, visto al MoMA nel 1987. Era all’interno di una grande retrospettiva su Klee ed è la prima mostra di cui ho perfetta memoria. Conservo ancora il quaderno su cui ho disegnato e scritto i nomi delle opere in mostra per ricordarmela.
Sei partita subito dall’arte contemporanea?
Sì. Sono sempre stata convinta che per vivere il presente dovessi rimanere nel presente e rapportarmi alla produzione culturale contemporanea.
Quando hai capito, e poi deciso, che sarebbe stata la professione?
A 19 anni, davanti ad un pannello introduttivo di una mostra, ho deciso che avrei voluto fare la curatrice. Da quel momento ho diretto il mio percorso verso quell’obiettivo.
Qual è stato il tuo percorso formativo e lavorativo?
Ho prima seguito un percorso accademico storico-artistico, poi ho frequentato un MFA in Curating a Goldsmiths, Londra, ma al contempo mi sono da subito confrontata con il mondo dell’arte reale, frequentando gli studi degli artisti, le mostre, le gallerie, le biennali e triennali, le fiere etc. Ho anche sempre cercato di lavorare nel settore (collaborazioni con musei, fondazioni e assistenza a curatori indipendenti) e mi sono buttata a curare i miei primi progetti da indipendente molto presto. Sono rientrata in Italia per co-dirigere Nomas Foundation, dove ho lavorato per gli ultimi per sette anni.
Tra i tanti ruoli che hai avuto nel mondo dell’arte – critica, curatrice, insegnate – ce n’è uno che ti è più congeniale, un ruolo preferito? E perché?
Curatrice senza dubbio. Oltre ad amare il confronto diretto con l’artista e le sue opere, mi diverte e mi soddisfa costruire percorsi di mostra che raccontano una storia complessa, spesso alternativa a quella nota, attraverso lavori specifici. In tutto questo non dimentico mai che ciò che faccio è per un pubblico non necessariamente avvezzo a un immaginario contemporaneo, quindi l’aspetto della mediazione rimane cruciale.
Curare una mostra rende più comprensibili e umani i difetti che magari si trovano nel giudicarla? Insomma, ricoprire i ruoli di chi fa e di chi osserva aiuta nell’essere più equilibrati ed è un percorso che consiglieresti a chiunque si occupa di arte?
È un percorso che ti costringe a confrontarti con il presente, con le sue problematiche politiche e sociali, con le sue trasformazioni culturali e con i suoi linguaggi in costante trasformazione. Insomma, ti trovi a seguire una pluralità di voci e per prima cosa bisogna essere disposti a porsi in modalità di ascolto. Dopodiché, un curatore – come un artista – si trova a costruire dei discorsi che mette in atto attraverso le mostre, mettendosi ogni volta a nudo e in discussione dinanzi a un pubblico.
Arriviamo a GRANPALAZZO, ci puoi raccontare di questo progetto? Come e perché è nato?
È nato dalla volontà della sottoscritta, di Paola Capata e Delfo Durante (Monitor) e di Federica Schiavo (Federica Schiavo Gallery) nel tentativo di riattivare la vita culturale di questa città. Volevamo portare più persone del mondo dell’arte internazionale ad avvicinarsi a Roma. L’idea di decentrare GRANPALAZZO è avvenuta per una pluralità di motivi e ci ha dato la possibilità di pensare il progetto come un momento di confronto autentico tra pubblico e operatori del settore, in un contesto rilassato, lontano dalle dinamiche dei soliti grandi eventi di arte. Una sorta di manifestazione di slow art.
Come siete arrivati a Palazzo Rospigliosi e qual è stato il primo feedback che avete avuto sul progetto?
Ci è subito piaciuta la sfida di decontestualizzare l’arte contemporanea, allontanandola dal „white cube“ e inserendola in un palazzo antico affrescato come quello di Palazzo Rospigliosi. Tutti gli invitati – artisti, galleristi, pubblico – sono rimasti molto affascinati dal dialogo tra tempi e dall’atmosfera che si è creata lo scorso anno.
Com’è andata l’edizione 2015? Immagino il bilancio sia stato positivo vista la conferma del 2016.
Molto bene! È per questo che siamo di nuovo qui e con il doppio degli artisti!
Ci puoi raccontare brevemente l’edizione 2016?
Saranno presenti 28 artisti presentati da 28 gallerie, in un percorso di mostra che si snoderà tra le stanze di Palazzo Rospigliosi. Alcune opere sono state sviluppate appositamente per lo spazio. Avremo un ricco programma di performance che prevede una partita di calcetto decisamente non convenzionale, orchestrata da Gabriele De Santis, che coinvolgerà due squadre formate da artisti, collezionisti, curatori costretti a muoversi in campo con l’“ingombro” di un’opera d’arte, da indossare o tenere in mano. Rä di Martino proporrà una performance ispirata al celebre racconto The Swimmer di John Cheever, che vedrà un uomo in costume da bagno aggirarsi per le sale di Palazzo Rospigliosi. Reto Pulfer metterà in scena un’originale cerimonia del tè e cioccolato che, con l’accompagnamento di una chitarra elettrica, coinvolgerà in maniera diretta gli ospiti. Infine, nel giardino del Palazzo, Roxane Borujerdi presenta una spiazzante sessione di tiro con l’arco in cui il bersaglio è rappresentato dai dipinti dell’artista stessa. Ci saranno poi progetti speciali a cura di Nomas Foundation, smART e Fondazione Volume!. Inoltre, laboratori didattici per bambini e adulti a cura di Wunderbar Projects.
Cinque nomi di artisti o di gallerie da tenere d’occhio durante GRANPALAZZO?
Sono tutte da tenere d’occhio in modo diverso, altrimenti non le avremmo scelte!
Di solito ci si immagina che manifestazioni del genere avvengano a Roma, come mai avete scelto la provincia, seppure a pochi chilometri dal centro città?
Perché fuori da centro si è più rilassati e meno distratti e in queste condizioni si tende a essere più disposti a relazionarsi con il contesto proposto. Fuori da Roma c’è tanto da scoprire e la gente, i romani per primi, tende a uscire poco dal Raccordo.
Che rapporto c’è attualmente tra l’arte contemporanea e la provincia di Roma? Quale dovrebbe o potrebbe essere, anche rispetto a esperienze riuscite di altre regioni d’Italia o estere?
Il rapporto è misero. Il Ciac di Genazzano è stato uno dei pochissimi tentativi riusciti, anche se con grande fatica da parte del direttore. La Provincia di Roma dovrebbe certamente essere più valorizzata anche attraverso le iniziative culturali.
Perchè il Ciac ha faticato così tanto?
Purtroppo è stato poco sostenuto a livello di fondi e comunicazione.
Un altro giudizio su esperienze non positive di Roma, che per contenuti possono essere considerate confinanti con GRANPALAZZO: i tentativi di creare una fiera d’arte, come quelle di Milano, Bologna o Torino. Cosa è andato storto?
Roma è una città molto complessa, con dinamiche difficili che bisogna cercare di superare per costruire un tavolo di dialogo comune, in cui risulti chiaro che le nuove iniziative sono in grado di dare un valore aggiunto alla città. Finché l’onnipresente politica non capisce questo sarà difficile riuscire a realizzare qualcosa di valore e culturalmente indipendente.
In generale, qual è il rapporto tra arte contemporanea e Roma? Cosa c’è da cambiare e cosa da consolidare, anche alla luce della tua esperienza alla Nomas?
Pensare all’arte contemporanea come una risorsa. Far vivere Roma nel presente e non solo nella venerazione del passato. Investire nella cultura contemporanea con logica, coscienza e trasparenza. Formare un pubblico grazie a percorsi di comunicazione e mediazione.
Il tuo artista preferito in assoluto?
Va a cicli. Da un po’ di tempo Sigmar Polke.
Artisti di cui prima o poi ti piacerebbe curare una mostra?
Limitiamoci agli artisti in vita. Marvin Gaye Chetwynd, Tino Sehgal.
Artisti italiani sui quali scommettere per il futuro?
Ce ne sono tanti con cui ho collaborato e la cui ricerca sostengo. La lista sarebbe un po’ lunga quindi invito tutti a tenere gli occhi aperti e le orecchie tese perché ci sono molti artisti italiani di cui sentiremo parlare.
La mostra più bella che hai visto ultimamente?
L’image volée alla Fondazione Prada.
La più bella, sempre vista ultimamente, a Roma?
Studio Systems all’American Academy in Rome curata da Peter Benson Miller. Il sermone di Theaster Gates e la performance di Dawn Kasper sono state tra le opere più belle viste in città da anni.
Il tuo museo preferito in assoluto e il tuo preferito di Roma?
A Roma la Galleria Doria Pamphilj. All’estero il Victoria & Albert Museum a Londra.
Il tuo scorcio preferito di Roma?
Il Palatino.
Un luogo di Roma in cui ti piacerebbe realizzare una mostra?
Il Gianicolo.
Ci dici un bar e un ristorante di roma che ti piace frequentare?
L’Osteria di Monteverde e Il Goccetto.