Persone che fanno cose a Milano. Francesca Colombo, 42 anni, segretario generale e coordinatrice artistica di MITO dopo molti anni alla Scala, una parentesi a Expo e la sovrintendenza a Firenze a soli 36 anni. Una carriera fulminante nel mondo della musica classica e della cultura. L’abbiamo incontrata a poche ore dalla serata conclusiva, al Franco Parenti, della nona edizione del Festival Internazionale della Musica, per chiederle come sia andata. E un sacco di altre cose.
ZERO – Buongiorno Francesca. Come chiuderete MITO?
Francesca Colombo – Chiudiamo MITO con il grande ciclo della musica barocca Le passioni di Bach, interpretazione filologica di René Jacobs. Lavoro meraviglioso di cui vado molto orgogliosa. Abbiamo avuto anche Idan Reichel, la musica come strumento di pace. Il dialogo interreligioso. Non a caso quest’anno abbiamo dato spazio a canti religiosi di diverse confessioni col progetto Voci dello spirito. Stasera abbiamo la grande festa Hollywood al Franco Parenti. Siamo felici di essere ospiti di André Ruth Shammah. La piscina è ormai pronta. Quale momento migliore per inaugurarla?
La tua vita prima di MITO… e come sei arrivata al festival?
Vengo da Lecco, mia madre è una donna straordinaria; mi ha spinto a studiare musica. Mio padre faceva l’impresario edile. Era anche alpinista. Nascere sotto il Resegone vorrà pur dire qualcosa. Diceva che tra i muratori non mi avrebbe vista molto bene. Così ho iniziato a suonare il pianoforte. Sono arrivata a Milano a 14 anni, ospite del Collegio delle Fanciulle. Potevo suonare il grande Steinway in un salone con ori e pavimenti di marmo. Dalle 19 a mezzanotte. Spesso al buio. Credo abbia dato grande spazio alla mia immaginazione. Passeggiavo per le vie di Milano, fino al Duomo, San Babila. Mi incantavo davanti ai fenicotteri rosa di Palazzo Invernizzi.
Poi?
Poi mi sono laureata in ingegneria gestionale, al Politecnico di Milano. Un anno di Erasmus a Monaco di Baviera con una tesi sul no profit: un confronto tra la Bayerische Staatsoper e la Scala. La tesi me la diede il professor De Maio. Seguendolo una mattina mentre andava a prelevare in banca.
La Scala: dalle pagine dei libri ai suoi mattoni e palco…
Esatto; sono entrata alla Scala e ci sono rimasta 13 anni. Ho lavorato con Fontana. Lo seguivo ai convegni. Un uomo colto. Amava circondarsi di persone brave. Poi Riccardo Muti e la sua incredibile capacità comunicativa. Nessuno più di lui potrebbe dare una visione ai bambini italiani. In tempi più recenti l’ho corteggiato come mai nessun uomo. Volevo riportarlo al Maggio Musicale Fiorentino. Purtroppo quando è tornato lui, non c’ero più io.
Qual era il tuo compito alla Scala?
Stéphane Lissner mi affidò le coproduzioni internazionali, la mia vera passione. Abbiamo fatto il Trittico Monteverdiano e tante altre cose, che hanno aiutato la Scala ad aprirsi al mondo. Poi, come spesso mi succede, dopo tre anni ho cominciato ad agitarmi. Avrei voluto occuparmi di aspetti gestionali, dei costi del teatro. «Sotto c’è l’acqua che bolle e ci si scotta: io non ho voglia di farlo». Così mi disse Lissner. Era finito un ciclo.
Nel frattempo mi ero avvicinata a Francesco Micheli, che avevo conosciuto nel 2000 in Conservatorio. Nel 2007, una sera gli dissi: «perché non facciamo un festival?». Lui andò dalla Moratti e poi la Moratti da Chiamparino. Nacque così MITO Settembre Musica, un nome inventato da Vittorio Sgarbi.
In questi anni cosa, di MITO, ti ha resa più orgogliosa?
La mia più grande soddisfazione è aver formato 500 ragazzi in nove anni. Educazione al Management Culturale. Età media: 26 anni. Cito tre esempi per tutti: Federica Michelini: dal primo colloquio avevo sentito che aveva la stoffa giusta, pura, entusiasta è diventata la mia assistente e braccio destro, non potrei fare a meno di lei. Luisella Molina si occupa di gestione della produzione. È pacata, meticolosa, con lei fila sempre tutto liscio. Carlotta Colombo, mia sorella: curiosa, in motorino sempre alla ricerca di nuove sedi, realtà cittadine, chiese, spazi periferici.
Qual è l’appuntamento di MITO che ricordi come il meglio riuscito?
Avremo fatto mille concerti, ma la serata all’Hangar di Linate, con musica swing, è stata quella più difficile e più bella, per l’allestimento e anche per la gestione dei rapporti con tutte le persone coinvolte. Davvero in stile MITO.
Come ti diverti in città quando non lavori?
La cosa che più mi piace fare a Milano è correre la mattina presto al Monte Stella. Stamattina ero lì alle sette, sempre col mio cane: un bracco tedesco che si chiama Falstaff, che infatti è nato a Busseto.
Dove vivi?
Mi piace l’architettura, vivo in via Nievo in una casa di Caccia Dominioni. Ero amica di Gae Aulenti; ricordo un fantastico viaggio a Tokyo per vedere la sua Casa Rossa, insieme con Maurizio Pollini.
E dove vai a bere?
Mi piace andare da Marchesi. Fanno le migliori brioche di Milano e il cappuccino ha una schiuma irripetibile. Tante volte ci ho perso dei treni, per quel cappuccio.
Dove preferisci mangiare invece?
Quando voglio passare una serata con amici mi piace andare alla Langosteria Bistrot; mi piace moltissimo il clima. Ogni tanto poi ho degli attacchi di fame. Allora mi faccio un kebab in una traversa di corso Buenos Aires.
Vai a ballare?
Non sono una tipa da discoteca; mi piacciono le cene con amici, a volte fino alle quattro del mattino. Le mie amiche storiche sono Francesca, Alessandra, Ilaria, Tiziana e Marina. Un carissimo amico è Marco Margheri, disordinato e simpaticissimo. Abbiamo fatto mille viaggi per vedere opere nei posti più assurdi e lontani, viaggiando di notte, dormendo negli ostelli.
E a Milano dove preferisci trascorrere il tempo?
Se ci siamo incontrati proprio qui non è un caso: adoro la Triennale, mi piace perdermi in libreria e poi nel parco. Adoro anche la nuova zona con i palazzi di Zaha Hadid.
Qual è il tuo film preferito?
Dopo tanti anni mi emoziona ancora Il postino. Romantico. Dolce. Vero. Con un fantastico, meraviglioso Massimo Troisi.
E il disco?
Potrei elencare un chilometro di dischi di musica classica e staremmo qui fino a domani. Allora dico Tom Waits, Waltzing Matilda.
Se ti chiedessi di dirci qual è l’oggetto per te più importante?
Risponderei che gli oggetti da cui non mi separo mai sono due: il pianoforte, che non manca mai nelle case in cui vivo, e una scimmia. A Bologna ne ho una scolpita in legno da una donna di un villaggio messicano.
Chi sono le persone che stimi di più nel mondo della cultura milanese?
Quelle con cui sto bene e di cui ammiro i progetti e le cose fatte. Penso a Umberto Angelini, un amico vero anche se abbastanza recente. Mi piacciono il suo understatement, la sua capacità di fare rete tra le persone. Fare network. Abbiamo realizzato coproduzioni bellissime; poi c’è Francesco Micheli, il giovane, bravissimo regista e direttore artistico che avrei voluto portare al Maggio Musicale Fiorentino se la situazione economica non fosse stata così instabile. Sarebbe stato bello. Ero diventata sovrintendente a 36 anni, portata da Matteo Renzi. Portai Ventriglia e volevo una squadra tutta giovane. Altro talento cristallino è Margherita Palli, una scenografa che ammiro moltissimo. Meravigliosa, grande gusto italiano, una grande capacità di scelta. Poi un giorno mi piacerebbe fare qualcosa con Gianni Gualberto, uomo molto acuto, che conosce la musica come pochi. Certo,ha un carattere davvero tosto.
Milano ha trascurato qualche talento?
Francesco Ventriglia è l’esempio di un grande talento cittadino, che qui avrebbe meritato maggiore considerazione. Ci siamo conosciuti molto giovani, ricordo le pause pranzo alla mensa della Scala con lui e Roberto Bolle. Francesco è un bravissimo coreografo e ha rapporti incredibili con i ballerini. Ora se n’è andato anche da Firenze, per stare in Nuova Zelanda. Sono stati bravi e coraggiosi a scommettere su di lui.
E l’Italia chi ha trascurato?
Sono legata a Fabio Luisi, grande italiano. Che non a caso è stato preso al Metropolitan.
Facci un resoconto della tua esperienza fiorentina
Non cambierei una virgola di quello che ho fatto. Un giorno qualcuno mi dirà se e cosa ho sbagliato. Abbiamo portato avanti una rivoluzione e lasciato un teatro migliore, con un eccezionale teatro dell’opera. Ne sono orgogliosa, anche per la difficile gestione di due teatri in contemporanea e della complicata tournée per il 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia, quando capitammo in Giappone nei giorni dell’incidente a Fukushima.
Ora lavori anche a Bologna; c’è un angolo della città che apprezzi più di altri?
Mi piacciono moltissimo Bologna e il progetto che sto seguendo, il MAST, creato da Isabella Seragnoli con teatro, spazi culturali, galleria fotografica, palestra, asilo nido. Ha un legame molto saldo con la tecnologia ed è una grande esperienza culturale, un esempio straordinario di imprenditoria illuminata. A parte questo, adoro passeggiare per la città, da Porta Castiglione attraverso l’Osservanza fino all’Eremo di Rozzano.
Invece a Cremona coma sta andando?
Nel 2014 il cavaliere Arvedi mi ha chiesto di pensare a un appuntamento di alta qualità per Cremona e per il meraviglioso auditorium dentro il Museo del Violino; ed ecco lo Stradivari festival di cui sono direttore artistico che offre a un pubblico ampio, dai bambini ai più grandi, un programma con tanta contaminazione, eclettismo e musica di qualità pensata per valorizzare l’identità culturale della città, riconosciuta anche dall’Unesco come patrimonio immateriale dell’Umanità per il suo saper far liutario.
E che cosa mi dici della Festa del torrone?
Adoro la sagra! Sono golosissima del torrone cremonese; il dono che porto alle persone più care è un torrone a forma di violino.
Il tuo eroe?
Sarò banale, ma uno dei miei grandi eroi è Nelson Mandela. Di lui ho letto tantissime cose. La mia vera ossessione però è Paolo Grassi: massacro di domande chi l’abbia conosciuto. Ho raccolto racconti di ogni tipo e non sono ancora sazia.
La soddisfazione più grande che ti sei tolta
La più grande soddisfazione è stata portare in scena Pierino e il lupo per la direzione di Valery Gergiev e l’Orchestra del Marinskij con Elio in Conservatorio. Un teatro pieno solo di bambini. Credo e spero che ascoltare quella cosa abbia dato loro una visione diversa del futuro.
Quali sono stati gli uomini più importanti della tua vita
Ho avuto molti uomini importanti nella mia vita, ma sono soprattutto convinta di essere una stratificazione di tanti incontri e persone che mi hanno dato moltissimo, dalla preside Pavan al professor De Maio fino al professor Wildemann; e poi, ovviamente, Francesco Micheli e Fiorenzo Galli, segretario generale del Museo della Scienza e della Tecnologia, che dimostra sempre di credere molto nei giovani.
A proposito, anche MITO ha scommesso sulla musica giovane
Sì, abbiamo fatto cose molto belle. Penso alla serata con Ryoji Ikeda e a tante altre esperienze di musica elettronica. Indimenticabile poi la notte con John Zorn, Lou Reed e Laurie Anderson.
Credi sia stato quello il tuo momento indimenticabile?
Preferisco ricordare Claudio Abbado e la sua meravigliosa nona di Mahler, per l’inaugurazione a Firenze nel 2011. Quella settimana, con anche Zubin Mehta e Luisi fu indimenticabile.
Che cosa vuoi fare da grande?
Mi piacerebbe continuare a occuparmi di progetti culturali. Avevo anche ricevuto un’offerta dall’estero, ma vorrei rimanere in Italia per mettere a frutto le mie competenze di management culturale. Poi, certo, vorrei anche avere tempo per imparare a suonare il violoncello, studiare greco e filosofia.
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