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Lele Sacchi

Dall'underground alla televisione, passando per Ibiza

Geschrieben von Emanuele Zagor Treppiedi il 31 August 2015
Aggiornato il 16 Oktober 2017

Foto di Davide Manea MZNG

Se bazzichi il mondo della notte prima o poi incontri Lele Sacchi. Ha vissuto in pieno il fermento musicale tra club, centri sociali e concerti della Milano degli anni 90 (City Square, Zimba, Soul to Soul, Bulk vi dicono niente?), nel 1995 è diventato dj resident del Tunnel di via Sammartini e nel 2000 ha svoltato grazie alla sua residenza ai Magazzini Generali nella serata Jetlag. Fino alla collaborazione con Elita, di cui è uno dei soci, le trasmissioni alla radio e alla TV, e alla novità della stagione “Iconic”, la domenica con Rollover. Nato a Pavia, milanese d’adozione, è affascinato dal quartiere Isola, è un gran tifoso dell’Inter, odia il cazzeggio su internet, mentre invece si diverte un sacco a parlare di musica. Ora è anche papà e tutta la sua vita fatta di drink e serate è cambiata parecchio, ma spesso lo vedi che si diverte a feste e concerti con la moglie. E in consolle, ovviamente.

Zero – Chi sei? Che cosa fai?
Lele Sacchi – Lele Sacchi, sono un dj.

È divertente fare il dj?
La possibilità di emozionare le persone tramite la musica non è solo divertente, è una sensazione che tocca talmente tanti aspetti della relazione fra una persona (il dj), l’arte (la musica in questo caso, che per me è sempre stata la cosa più importante) e il rapporto con gli altri che è un’esperienza unica e totalizzante.

Come funziona il tuo lavoro? Non nel senso di come si mettono a tempo due dischi eh…
Il lavoro del dj è cambiato molto da quando ho cominciato a conoscerlo e poi a praticarlo a livello professionale. Ormai non si tratta più solamente della somma dei suoi elementi fondamentali, che comunque rimangono sempre gli stessi: lo studio, la ricerca della musica e la tecnica di mixaggio. Nel 2017 a un dj è giustamente chiesto anche molto altro. Siamo chiamati a essere „media“ non solo dietro alla consolle. Essere in radio, avere il ruolo di promoter di eventi musicali, essere label manager, produttore di brani musicali, comparire in tv… Sono alcuni degli aspetti che ormai la maggior parte dei dj conosce benissimo.

Sul lato promoter uno dei miei impegni da molto tempo è a Elita dove mi occupo dei contenuti musicali. Avendo la possibilità di ascoltare ore e ore di musica nuova e di seguire le programmazioni della scena internazionale sono in una posizione privilegiata per dare una mano a trovare gli artisti adatti alle varie situazioni prodotte da Elita. In realtà poi, dentro questa società, a tutti i soci e ai collaboratori capita di occuparsi di altro oltre al proprio compito specifico: c’è sempre scambio di idee ed esperienze. Quando abbiamo deciso di mettere in piedi questa avventura, dieci anni fa, ognuno di noi aveva competenze più specifiche, ma tutti venivamo dal mondo della musica (Dino da Elettrowave, Alioscia dai Casino Royale, Manfredi dalla sua agenzia di booking e poi si è aggiunto Claudio con altre mansioni, ma che comunque aveva vissuto la produzione di eventi musicali al Link di Bologna), perciò è naturale che il focus, un po‘ per tutti, sia sempre stata la musica.

Dino Lupelli, Lele Sacchi, Manfredi Romano aka Dj Tennis, Claudio Fagnani, Alioscia Bisceglia
Elita: Dino Lupelli, Lele Sacchi, Manfredi Romano aka Dj Tennis, Claudio Fagnani, Alioscia Bisceglia
Ci racconti la tua giornata?
La mia giornata è cambiata radicalmente da quando ho una famiglia. Se non ho lavorato la notte per qualche evento, la sveglia si è spostata parecchio in anticipo perché i bambini si alzano presto. Per il resto le giornate sono molto differenti: se ho in programma un mio dj set e devo viaggiare, devo prepararmi la selezione musicale e ciò che serve per partire, altrimenti la routine è fatta di musica, di email, di appuntamenti per Elita o della preparazione dello show Radio2 Inthemix, che essendo di due puntate a settimana occupa parecchie ore di preparazione (non solo di ascolto, ma di organizzazione delle interviste agli ospiti ecc…). Tutto questo nei periodi in cui non c’è altro tipo le lezioni allo IED o eventuali programmi televisivi.

Ci racconti invece come hai iniziato quest’avventura?
Sul mio inizio abbiamo fatto una bellissima intervista speciale per il vostro progetto Notte Italiana, molto approfondita, consiglio di andare a leggerla anche perché c’è del materiale di repertorio fotografico che neanch’io pensavo più di avere.

Lele Sacchi (con la maglietta rossa di Screamadelica) & friends a Pavia nel 1993
Lele Sacchi (con la maglietta rossa di Screamadelica) & friends a Pavia nel 1993

Per farla breve diciamo che a Pavia (dove sono nato e cresciuto da ragazzo) ho frequentato una piccola radio locale. Con l’influenza dei miei fratelli maggiori, vedere il lavoro dietro una radio mi ha lasciato una passione per la musica e i vinili che mi son portato dietro come una malattia. Fortunatamente da subito, a 13/14 anni, mi sono appassionato di altre sonorità. Erano anni in cui la musica si legava a culture stradali come lo skate e a tante altre sottoculture che dettavano uno stile di vita. Era difficile disintossicarsi dal non voler far parte di un mondo e quello della musica alternativa/indipendente (non necessariamente elettronica, anzi io ascoltavo tantissimo punk, hip hop, tante cose differenti) si proponeva come la piattaforma totale per potersi esprimere in libertà.
Grazie alla fortuna, a tantissimo lavoro sudato gradino dopo gradino e attraverso fasi che mi hanno portato a conoscere diversi aspetti del mondo musicale, alla fine il sogno di diventare un dj professionista si è avverato. Prima „residenza“ professionale al neonato Tunnel, nel 1995.

Più di 20 anni dietro la consolle non sono pochi, quali sono stati alcuni momenti secondo te fondamentali per il clubbing milanese? E per la tua carriera?
Vent’anni significa principalmente un sacco di tempo. Se ripensi a quante esperienze hai vissuto, al percorso di conoscenza che hai fatto come essere umano, da neonato ad adulto, e lo trasporti ad una esperienza come l’essere dj allora davvero capisci fino in fondo che è tanta tanta roba….

Parlando di come è cambiata Milano in questi vent’anni mi piace ricordare quel periodo di metà/fine anni 90 per l’effervescenza che si respirava, molto spontanea e naïf (io stesso ho cominciato con un sacco di lacune, fortunatamente bilanciate da tante idee e originalità). Adesso tutto è più curato e più professionale, ma ai tempi veniva realizzato quasi tutto da ragazzi molto giovani: anche l’apertura dei locali era nelle loro mani. Se penso al Tunnel o ai Magazzini, nati tutti in quel periodo, e ad altri posti che non ci sono più come Bataclan, Soul to Soul, Gasoline, Binario Zero oppure a tutti gli spazi occupati e i centri sociali, Cox 18, Pergola, Bulk, quello che mi è rimasto impresso è l’enorme voglia di fare degli allora ventenni (o poco più) che si inventavano progetti da zero. Un’altra differenza enorme rispetto ad adesso è il numero di ragazzi e ragazze che frequentava le serate. I locali e gli spazi erano sempre pieni, con proposte anche molto diverse fra loro, per più giorni a settimana.
Oggi fra promoter ci si spaventa se ci sono due produzioni in competizione lo stesso sabato! C’è da dire anche che erano parecchie le cose peggiori, a partire dagli impianti audio e dalla disorganizzazione della gestione del pubblico.

«Bataclan, Soul to Soul, Gasoline, Binario Zero oppure a tutti gli spazi occupati e i centri sociali, Cox 18, Pergola, Bulk, quello che rimane impresso è l’enorme voglia di fare di allora ventenni (o poco più) che si inventavano progetti interi da zero»

Poi sono arrivate le esperienze che mi hanno portato a un altro livello di professionalità. Nel 2000 sono diventato resident dj e direttore artistico della serata Jetlag dei Magazzini Generali, che per anni è stato un punto di riferimento, non solo in Italia, per un clubbing fatto sia di grandi numeri che di competenza del pubblico, per non parlare della stellare scelta dei guest dj. Sono stati anche gli anni in cui ho pubblicato le mie prime compilation e poi le produzioni e ho iniziato a girare come dj in tutto il mondo. A quel punto tutto è diventato meno „traballante“ (letteralmente! la maggior parte delle consolle e dei palchi traballavano!) e più serio. La cosa che però non vorrei mai perdere degli anni 90 è la voglia di essere originale e spontaneo nell’approccio al set.

Lele Sacchi in consolle ai Magazzini Generali nei primi 2000
Lele Sacchi in consolle ai Magazzini Generali nei primi 2000
Cosa facevi prima di fare il dj e prendere parte a Elita?
Ho avuto esperienze radiofoniche già da adolescente, poi a 19 anni ho iniziato a collaborare con la rivista „Rumore“, la redazione ai tempi era a Pavia e quindi incontravo il direttore spesso. Un po‘ correggevo le bozze e un po‘ passavo le estati fra Londra e i festival inglesi. Anni incredibili, intervistavo e andavo a feste con Oasis, Blur e compagnia varia. Poi ho iniziato a fare il dj e quasi contemporaneamente a dare una mano alla Right Tempo, label mitica di ristampe anni 60 e ai tempi anche di elettronica nuova. Ah, ci ho provato pure con l’università, l’anno ad architettura al Politecnico in Leonardo non era nemmeno andato così male, 4/5 esami li avevo dati, ma fare le 3 di notte e svegliarsi al mattino per andare a lezione… no, non era per me.

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Che locali di Milano frequentavi?
Lavorando per riviste non pagavo i biglietti e quindi appena c’era un concerto di un gruppo interessante ci andavo. Al Rolling Stone e al City Square (che poi diventò Propaganda)sono stato decine e decine di volte, ma sempre solo per i live. A mischiare live e dj set c’era il mitico Zimba in via Forze Armate (ex Prego, ex Odissea 2001, nomi precedenti alla mia frequentazione), che proponeva serate di musica alternativa, ma anche hip hop e black. Poi il Soul to Soul era una figata! Sembrava di stare a Londra, Minella miscelava tutta la black futuristica. Conchetta/Cox 18 è sempre stato uno dei miei luoghi preferiti, un po‘ perché da piccolo ci arrivavo velocemente da Pavia, un po‘ perché ai tempi faceva un sacco di techno, ma senza avere tutte le pippe dei club dell’epoca. Da piccolo ero molto „alterna“ e nelle „disco“ mi avrebbero rimbalzato di sicuro…. C’è da dire che il Tunnel dei 90 era talmente una famiglia e con una programmazione ideale tutti i santi giorni che finivamo per essere i primi clienti oltre che collaboratori. Più tardi, fase quasi obbligatoria per tutti milanesi, ho cominciato anche ad andare al Plastic (Guiducci riusciva a far stare bene sia me che i modaioloni) e poi al The Base, ma era già un’altra fase.

Hai vissuto sempre a Milano? Dove vivi? Con chi vivi?
Sono nato e ho fatto le scuole a Pavia. La mia famiglia vive ancora lì. Poi dal 1994 quando ho frequentato un anno al Politecnico mi sono gradualmente trasferito a Milano. Prima ospite in case di amici, poi ho trovato un appartamento bellissimo con un’altra persona e alla fine da solo. Ora vivo con mia moglie e i bambini in zona Maggiolina.

Qual è la tua zona preferita di Milano?
Nonostante i grandi cambiamenti io rimango affezionato all’Isola. Ci sono tante aree caratteristiche di Milano e con aspetti che mi incuriosiscono, ma per molti motivi l’Isola è stato un luogo particolare. Negli anni 90 era un quartiere attivissimo e poi dormivo spesso a casa del dj/producer Painè, che è un vero isolano. C’erano Garigliano, Pergola e un’atmosfera che ricordava un pochino Brixton. Poi dal 2000 ci ho vissuto stabilmente per tanti anni. Adesso si è „portaromanizzata“, ma non riesco a tradirla lo stesso.

Hai un ufficio? C’è un locale di Milano dove ti ritrovi per riunioni o appuntamenti di lavoro?
Elita ha un ufficio che purtroppo frequento meno di quanto vorrei dovendo andare anche in radio e in altri luoghi, ma se devo fissare un appuntamento importante lo fisso lì. Poi in realtà alcune delle cose più importanti che mi siano capitate sono frutto di appuntamenti o incontri nei posti più assurdi.

L'ufficio di Elita
L’ufficio di Elita

Dove vai a bere? Qual è il tuo cocktail bar preferito, escluso Elitabar please?
Escluso Elitabar ormai è difficile per me trovare un bar del cuore, perché se non devo lavorare non esco più a bere con il ritmo (alto!) di una volta, e quindi finisco proprio lì da noi. Negli anni ho avuto i miei punti fissi: in ordine direi Luca’s, Cuore, ATM, Mac Duff, Capetown. Due hanno cambiato faccia e gestione, gli altri proseguono ancora. Ora ce ne sono talmente tanti di baristi bravi e di banconi ben forniti che è difficile fare classifiche…. All’Eppol in porta Venezia mi sembrano molto bravi.

E invece qual è il tuo ristorante preferito? E il tuo piatto?
Impossibile rispondere alla prima domanda. Mi esprimo solo sul piatto perché messo alle strette vado sul classicissimo linguine e vongole veraci. Da lì si capiscono tante cose di chi sta in cucina. Adoro anche i giapponesi che osano un po‘, e a Milano ce ne sono tanti.

Quando stai casa invece cosa fai? Cucini? Videogiochi? Se stai su internet quali sono i tuoi siti preferiti?
A casa inevitabilmente sto con i bambini e se io e Valentina (mia moglie) abbiamo un po‘ di tempo per cucinare invitiamo qualche amico: fra una ruspa di plastica e un monopattino riusciamo a creare un sentiero fino al tavolo del soggiorno. Un tempo ero molto appassionato di videogiochi, ma adesso aspetto di ricominciare con il più piccolo. Chissà che versione di PES giocheremo…. Cerco di leggere ancora un pochino quando riesco, soprattutto saggi su musica e sottoculture. Odio il cazzeggio su internet, già ci devo passare ore per tutto quello che faccio come professionista, quando stacco dal www non ne voglio proprio più sapere, men che meno di social network.

«Da piccolo ero molto „alterna“ e nelle „disco“ mi avrebbero rimbalzato di sicuro…»

Dove compri i dischi? Cosa compri?
Non compro più le nuove uscite di vinili di elettronica, ma compro ancora dischi „vecchi“ o meno „vecchi“. Metropolis, Metropolis 2, Vinylbrokers: l’offerta a Milano non è niente male. Ma è ovvio che il grosso del mercato si sia spostato online. Per il vinile nuovo invece Serendeepity di corso Porta Ticinese è un eccellente negozio; se comprassi i nuovi 12 pollici andrei sicuramente lì più volte a settimana. Storicamente Milano ha sempre avuto un discreto panorama. Dove ora c’è Serendeepity c’era il leggendario Supporti Fonografici, che per tutti gli anni 80 e i 90 ha importato direttamente e aveva un’offerta altissima di tutti i generi possibili non commerciali. C’era Merak/Time Out per i dj dall’hip hop alla house, Zabriskie Point per i punkettoni, Ice Age, Psycho, Fridge…. Poi c’è stato il momento dei corner di dischi dentro altri negozi e con Marcello aprimmo una sezione vinili e CD dentro la sua boutique Frip. Quindi arrivò Nika in via San Gregorio, forse il negozio per dj più completo che ci sia mai stato a Milano, ho passato migliaia di ore là dentro.
D’altronde quando si poteva suonare solo con i vinili, si passavano le giornate nei negozi, erano scuole formative, punti d’incontro, di confronto, di promozione. Adesso si passa un sacco di tempo davanti al computer da soli. Questo è sicuramente un elemento peggiore, ma si è guadagnato in tempo e in possibilità di scambiarsi i brani molto velocemente.

Lele Sacchi e la sua parete di vinili
Lele Sacchi e la sua parete di vinili

Ci dici il più bell’album che hai comprato?
Il più bel disco che abbia mai comprato andrebbe premiato per categorie, avendo sempre avuto una visione ampia della musica dovrei risponderti per generi. Ricordo bene il primo vinile acquistato: una raccolta dei Misfits, gruppo mezzo punk mezzo dark degli anni 80 di cui tanti ragazzi di oggi conoscono il logo ma non la musica. Dai mi lancio: What Color Is Love di Terry Callier per il soul, Television dei Television per la new wave, Dubnobasswithmyheadman degli Underworld per l’elettronica…. Me ne sono venuti in mente altri cento…. non vale!

Dove vai a fare shopping?
Anche lo shopping è passato un po‘ in secondo piano rispetto ai vecchi tempi. Ora faccio un mix & match da collezioni di linee commerciali o più „fashion“ passando per i vecchi amori „street“ (Vans, Doc Martens ecc…). Con tanti marchi mi capita fortunatamente di lavorare e da un po‘ di tempo mi occupo delle musiche per Trussardi. Gaia Trussardi, la direttrice creativa del marchio, ha una forte cultura musicale „indie“ e ci troviamo a meraviglia. Parlando di negozi ho grandissimo rispetto per il percorso che hanno fatto due persone che conosco bene: da un lato il mio amico Marcello con il suo Frip, che è stato il primo a portare in zona ticinese marchi nordeuropei molto puliti, nuovi e di qualità. Dall’altro Claudio Antonioli, uno capace di captare lo spirito dei tempi e diventare un tempio mondiale non solo del retail, ma anche della creazione di moda/mode.

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Oltre la musica hai altre passioni?
A livello di espressioni artistiche nessuna altra forma si avvicina al tempo che dedico alla musica, perché alla fine anche gran parte dei libri che leggo o dei documentari che guardo è sull’argomento. Andavo tantissimo al cinema e ora cerco di fare il possibile da casa, ma non è lo stesso. Poi sono sempre stato un grande tifoso di sport, soprattutto dell‘Inter e dell‘Olimpia.
Di entrambe sono abbonato. Per l’Inter ne ho fatte di tutti i colori: c’è stato un periodo in cui cercavo di prendere date fuori Milano in concomitanza con le trasferte della squadra. Se europee meglio ancora!

Ecco il calcio, come nasce questa tua passione? La partita dell’Inter che porti di più nel cuore?
È una passione tramandata dalla famiglia e vado allo stadio con mio fratello. C’è stato un periodo in cui andavo anche con fidanzata e relativi genitori….
Migliore partita? Evito il 2010, sarebbe troppo facile pescare da un anno in cui si è vinto tutto. Ne sceglierei una del primo anno di Ronaldo. Era un’emozione pura vederlo giocare all’epoca, qualcosa di vicino alla sindrome di Stendhal per le opere d’arte. Allora ti dico stagione 1997/1998: Inter-Juve 1 a 0, gol di Djorkaeff, assist di Ronaldo.

20 maggio 2010 Lele Sacchi davanti allo stadio di Madrid quando l'inter vinse 2-0 la finale di Champions League contro il Bayern Monaco (Milito, Milito!)
20 maggio 2010 Lele Sacchi davanti allo stadio di Madrid quando l’inter vinse 2-0 la finale di Champions League contro il Bayern Monaco (Milito, Milito!)

Il tuo film preferito? E il tuo libro?
Il film che potrei riguardare ogni sera è di sicuro The Blues Brothers di John Landis (anche qui come vedi ritorna la musica) ed essendo di „intrattenimento“ lo bilancio con uno di quelli „pesi“ come Solaris di Tarkovsky. Sul libro vado con Generazione X di Douglas Coupland, d’altronde i segni dell’adolescenza ce li portiamo dietro per sempre. E come saggio musicale Rip It Up and Start Again (in italiano Postpunk) di Simon Reynolds.

Ci sono dei luoghi a Milano che alimentano le tue passioni?
Tolti i locali musicali, il luogo che propone „arte“ a Milano che ho frequentato di più è sicuramente il Cinema Anteo. Un esempio a cui tutti i promoter di „arti“ dovrebbero ispirarsi per come sia possibile far convivere qualità/ricerca e successi commerciali.

«Per l’Inter ne ho fatte di tutti i colori, c’è stato un periodo in cui cercavo di prendere date fuori Milano in concomitanza con delle trasferte della squadra. Se europee meglio ancora!»

Oltre a quelli che frequenti per suonare o perché con Elita ci organizzate degli eventi, quali altri locali/club frequenti?
Con Elita grazie all’idea del „City Network“ negli ultimi dieci anni siamo entrati in tutti i luoghi di musica che stimo di più in città. L’unico che frequento con una certa cadenza al di fuori di quel giro è il Blue Note. Almeno 3 o 4 volte l’anno (prima anche molto di più) riesco ad ascoltare un concerto jazz/black e cenare nel locale di via Borsieri.

Qual è invece un locale che non frequenteresti mai?
Non mi sono mai posto limiti, ma non andrei mai nella vita a un concerto affine all’ambiente neofascista/nazi. Fortunatamente non mi risulta ci siano più dei luoghi così a Milano, ma una volta c’erano.

Dopo il club: after, casa, baracchino, night…?
Ho una certa età, dopo il club a casa.

Il dj milanese che ti piace di più?
Ce ne sono stati tanti durante gli anni, ora come ora direi l’amico fraterno Diego aka Parker Madicine aka Sandiego, perché volendo spacca su 3, 4 generi diversi con grande studio e cultura.

Lele Sacchi e Sandiego in Conchetta
Lele Sacchi e Sandiego, probabilmente in Conchetta

Qual è il party più fico cui hai partecipato?
Proprio in queste settimana ho avuto la fortuna di suonare a Circoloco al DC10 di Ibiza e in questo momento è il mix ideale di proposta, pubblico, ambiente. Un party imperdibile. Andando indietro nel tempo preferisco portarti due esempi come cliente e non come dj: un party di Prada (non ricordo l’anno potrebbe essere il 1997/1998?) post sfilata in un locale in centro, che era stato allestito con lettoni ovunque e c’era Coccoluto ai piatti. Se lo ricordano ancora tutti quelli che c’erano. Poi una serata a Londra a cui andavo spesso che si chiamava That’s How It Is, sempre metà/fine anni 90 al Bar Rhumba, una miscela esplosiva di lunedì sera, un modo perfetto per far finta che i ritmi „normali“ non esistano. Il senso ultimo del clubbing.

Lele Sacchi al Circoloco DC10 questestate 2015
Lele Sacchi al Circoloco DC10, estate 2015

Se non fossi un dj cosa ti piacerebbe fare nella vita?
Forse l‘architetto, avevo cominciato gli studi ed è una forma espressiva che mi affascina e che condivide con il djing il fatto che ci sono dei limiti nel modo in cui si vuole esprimere: non è un’arte totalmente libera, ma bisogna conoscere le regole della fisica e dell’ingegneria per costruire la propria idea. Così come un dj deve lavorare con il materiale, vale a dire la musica già composta e l’apparato di missaggio.

Come hai conosciuto tua moglie, a un party? E da quanto siete sposati?
Sono sposato dal 2012 e no, non ci siamo conosciuti a una festa, ma in qualche modo c’entrano la musica e il mio lavoro.

Lele Sacchi e consorte al Sonar
Lele Sacchi e consorte al Sónar

Dove siete andati fuori a mangiare e a bere la prima volta?
La prima volta siamo andati a bere all‘Atomic, lei non è una vera bevitrice, io insistevo… vecchi trucchi. Prima cena al Soho Cafe di via Farini, era vicino a casa mia, il giardino fa sempre colpo.

Il regalo più bello che ti fa fatto? E quello che le hai fatto tu?
Il suo regalo migliore è l’organizzazione delle mattine in cui ho lavorato la notte prima. Deve sorbirsi il piccolo per tutte le mattinate di weekend da sola. Il mio più bel regalo a lei credo sia una delle prima raccolte di musica che le ho fatto: era estate e il titolo era Sun.

Chi è il ragazzo o la ragazza più bella che hai visto in questi anni di clubbing?
Domanda difficilissimissima! Di solito la notte ti colpisce molto anche il carisma oltre alla bellezza estetica e allora direi Roisin Murphy. Tanti anni fa mi aveva lasciato un’impressione molto forte.

E come hai visto invece cambiare il pubblico del clubbing meneghino?
Direi che adesso è molto più conscio di ciò che succede nella scena mondiale. Internet e i voli cheap hanno erudito moltissimi. Vedo anche più voglia di allegria, più sorrisi e meno tensioni. Di negativo direi che i numeri si sono contratti parecchio sul clubbing continuativo in favore dei grandissimi eventi.

«…una miscela esplosiva di lunedì sera, un modo perfetto per far finta che i ritmi “normali” non esistano. Il senso ultimo del clubbing…»

E oggi invece quali sono le evoluzioni del clubbing?
Oggi il clubbing sta cambiando a velocità stellare. C’è stata una fase a cavallo fra la fine dei 90 e durata fino a 4/5 anni fa in cui la scena elettronica mondiale si manteneva su una sorta di economia ‘autarchica’. Tutti guadagnavano la propria parte con equilibrio: i dj internazionali di più (qualcuno già moltissimo), i dj locali guadagnavano comunque bene, i promoter locali spesso molto bene, le agenzie di booking parecchio. C’era un grande rispetto per ogni aspetto dell’ingranaggio, funzionava e nessuno sentiva il bisogno di cambiarlo dall’interno, inoltre c’era ancora un’etica quasi ‘artigiana’ e in qualche modo legata alla ormai antichissima parola ‘underground’ e anche persino ‘DIY’ (do it yourself, autoproduzione, parola dal retaggio punk). Nel frattempo, però, i grandi management angloamericani e le grandissimissime agenzie di booking (sempre dell’asse Londra-NY-LA) si sono accorte che questo ‘giochino’ di cui non facevano parte generava ampi utili mentre il loro sistema delle megaband e dello sparare nel mucchio del calderone indie per scovare una band di successo su trenta in perdita era altamente rischioso. Allora hanno deciso di spostare l’attenzione sull’elettronica e sono arrivati come i barbari, distruggendo tutto.

Dopodichè il piangere e ricordare i tempi andati non serve a niente e non è un’attitudine che ho mai condiviso, a questo punto bisogna analizzare che cosa è successo e riadattarsi.

Con il mio nuovo progetto ICONIC cerco proprio di ripartire in questa nuova era proponendo da un lato qualcosa di molto personale e dall’altro una piattaforma aperta che rifugge dal modello moribondo del semplice booking di dj internazionale che suona dalle 2 alle 5. Un po’ mi sono rotto io di quel tran tran, un po’ volevo rieducare il pubblico a studiare la storia delle sottoculture musicali: il perché ascoltiamo ciò che ascoltiamo oggi, lo scoprire momenti iconici della musica anche attraverso le foto, i documentari, l’arte (e il cibo perché no) e dove il tutto poi si conclude con il party vero e proprio. Per realizzare questo l’Apollo a Milano è la venue ideale, se non ci fosse forse non avrei cominciato. Partirà anche l’etichetta discografica, ristampe, remix e re-edit. La storia, il presente e il futuro.

In questo scenario generale è ovvio che anche un progetto come Elita che portiamo avanti da più di dieci anni riveda le proprie strategie e ad esempio vedo in Linecheck un’ottima proiezione verso il futuro (e chi lo conosce sa che Dino Lupelli guarda sempre qualche metro oltre l’orizzonte) proprio perchè oltre al festival musicale aperto al pubblico, con proposte di altissima qualità come sempre, si basa sulla parte dedicata ai professionisti del settore. Incontri e workshop per capire, innovarsi e andare oltre.

In 20 anni di clubbing avrai visto o vissuto situazioni promiscue, ci racconti quella più divertente che hai visto
Non so perché, ma una delle serate più promiscue che ricordi è stata l’inaugurazione di una serie di party che si chiamava I Love America al Gasoline nel 1998 (li organizzavo con Annamaria Negri, ora proprietaria di Bullfrog, e Luca Merli, ora affermato regista di documentari e clip). C’era nell’aria qualcosa di magico ed esaltante, il locale era murato e il mix di pubblico aveva creato un’atmosfera al limite. In tutto il locale la maggior parte delle persone si baciava, si toccava, ci provava. C’erano anche gli N-Sync in after dopo il loro live, quindi qualcuno quella sera avrà combinato qualcosa con Justin Timberlake di sicuro…

Ti sei mai trovato in situazioni promiscue?
Non sono mai stato conosciuto come un satiro assatanato, ma la notte è sempre la notte…;)

Ti hanno mai stalkerizzato?
Non in una maniera preoccupante. Forse il più assillante è stato un maschio via web, non con fini sessuali, per pura ossessione musicale.

Chi è il tuo eroe? E perché? (foto del tuo eroe)
Eroe è una parola che non amo molto, troppo legata all’epica guerresca, ma diciamo che Joe Strummer dei Clash si avvicina al senso comune della parola. Intelligente, carismatico, eclettico, sempre in movimento e con la voglia di rinnovarsi e stupire. E che musica ha scritto!

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