Il record di presenze al Tunnel si è raggiunto con il dj set di Tom Findlay per la serata Le Cannibale e questo sabato si ripete, almeno così sperano Albert e Marco. Loro due sono le menti di Le Cannibale. Due ragazzi dal percorso formativo diverso ma complementari negli interessi e accomunati dalla stessa passione per far divertire le persone. Così hanno unito le forze e da quasi un decennio fanno ballare Milano. In questa lunga chiacchierata ci raccontano come hanno iniziato a organizzare eventi, come vivono Milano e cosa stanno pensando per il futuro.
Zero – Chi siete? Cosa fate? Quando siete nati? Da dove venite? Perché siete qui?
Albert – Mi chiamo Albert Hofer, lavoro nel campo degli eventi e della musica in generale. Sono – assieme a Marco Greco – uno dei due fondatori di Le Cannibale e di Reverso – Festival di Archeologia Musicale e uno dei soci dei progetti Wunder Mrkt e Kafka – Appuntamento in Segreto. Curo management e booking degli artisti del nostro roster (Uabos, Grand River, Athonal).
In passato sono invece stato uno dei creatori di Subterfuge, Rebel Motel, Rongwrong, e Il Mercato Nero progetti nati ed esistiti qui su Milano, mentre di altri quasi nessuno si ricorderà, quali Italian Minimal Synth Gathering oppure Scar-Tissue, quest’ultimo a Firenze.
Sono nato e ho vissuto a Firenze fino ai 18 anni.
Dal 1998 in poi ho vissuto per 11 anni all’estero: 8 a Londra, poi 3 a Berlino con una parentesi nella bellissima Madrid, e dal 2008 per una inaspettata curva del destino sono qui a Milano. Otto anni dopo sono ancora qui.
Marco – Faccio da 10 anni il promoter e l‘imprenditore culturale. Sono nato a Bergamo nel 1987 e mi sono spostato nel 2006 a Milano per motivi di studio, da qui non mi sono più mosso.
Cos’hai fatto negli 11 anni all’estero?
Ho fatto un dottorato di ricerca (PhD in Cultural Studies) presso la Goldsmiths University, precedentemente un tipico percorso universitario con laurea in Criminologia e poi un master (in Cultural Studies).
È divertente fare i promoter?
Albert – Stimolante lo è di certo, intrigante anche. Divertente di rado. Ci sono mille ansie, spesso c’è poca professionalità con cui avere a che fare e poi troppe variabili su cui non si ha controllo che possono decidere le sorti di un progetto: anche un vulcano che erutta, come mi è successo intorno al 2010. Ma è sicuramente un buon lavoro e me lo tengo stretto.
Marco – Divertente forse non è l’aggettivo giusto semmai è stimolante, interessante, dinamico e molto altro. Mi ritengo molto fortunato ad avere trasformato la mia passione in un lavoro vero e proprio. Lo ritengo un privilegio e amo profondamente il mio lavoro, i suoi aspetti divertenti e quelli meno.
Cosa facevate prima di occuparvi delle notte? E quali sono state le vostre prime esperienze legate all’organizzazione di eventi nightlife?
Albert – In un certo senso ho „sempre“ fatto eventi, sin da molto piccolo. Ho iniziato nel 1996, all’epoca avevo sedici anni e mezzo e volevo fare il dj: ti lascio immaginare come fossero le feste che organizzavo… dilettantismo puro. Ricordo che spesso dovevo andare via a metà serata perché avevo il coprifuoco. Nel mentre facevo la seconda voce in un programma radiofonico.
Ma velocemente la cosa si è fatta molto seria, se non nei risultati almeno negli intenti con investimenti ingenti di tempo ed energie. Da Scar-Tissue , anno 2001 in poi, direi che il mio approccio ha smesso di essere amatoriale. Dal 2008 questo è il mio unico lavoro.
Marco – Ho iniziato giovanissimo a fare questo lavoro: è stato un percorso nato negli anni di liceo quando al tempo facevo il dj . Era una passione genuina, ma mai avrei pensato che potesse diventare il mio lavoro a tempo pieno, questa consapevolezza è arrivata molti anni dopo. Ho studiato economia in Bocconi e credevo mi attendesse una carriera nel mondo del marketing aziendale così come tanti amici e compagni di corso. E inizialmente così è successo, poi ho iniziato a lavorare nel mondo universitario. Al tempo credevo di poter portare avanti entrambi i lavori, forse per mancanza di coraggio forse perché ancora la mole di lavoro richiesta non era come quella che devo affrontare oggi quotidianamente. Ben presto però ho capito che la situazione non poteva andare avanti. Mi ritengo una persona ambiziosa e ho maturato l’idea che se volevo puntare in alto, pormi degli obbiettivi importanti, dovevo dedicare il 200% del mio tempo alla mia passione ed eccomi qui.
Come funziona il vostro lavoro?
Albert – Curiamo entrambi tutto quello che riguarda Le Cannibale: tendenzialmente vediamo le cose in modo simile e dopo cinque anni abbiamo capito come non rischiare un impasse. Non ci sono ruoli rigidamente definiti, anche se di solito Marco fa la comunicazione sui social e cura la mailing list mentre io i testi dei comunicati, i conti e gli accordi e spesso seguo il ticketing online.
Marco – Il nostro lavoro è complesso da descrivere brevemente: io ed Albert gestiamo in prima persona tutti i vari aspetti. L’ideazione, la creatività, la progettazione, il marketing e la promozione degli eventi, il booking, la produzione, la contabilità, gli accordi economici. Il nostro lavoro è un fantastico susseguirsi di imprevisti e criticità da affrontare. Ti aiuta a diventare concreto, flessibile e determinato. Condividiamo ogni scelta. Siamo indipendenti, creativi e ci influenziamo positivamente l’uno con l’altro. Vi è stima, fiducia, rispetto reciproco e i nostri eventi nascono da un continuo confronto e critica reciproca.
Ci raccontate la vostra giornata?
Albert – Mi alzo intorno alle 9.00 del mattino, nel mentre ho già le mani sul lavoro per le urgenze. Verso le 10.00 di solito sento Marco e mi aggiorno con lui sul da farsi. Mi preparo e saluto le gatte che di notte hanno sfasciato la casa. Intorno alle 10.30 faccio colazione. Pranzo attorno alle 14 e ceno verso le 21.
Durante qualsiasi spostamento – se da solo – chiamo Marco o Uabos (dj resident de Le Cannibale, ndr) per ottimizzare i tempi. La „giornata lavorativa tipo“ per noi non esiste: capita di chiamarsi quattordici volte in un giorno o anche di passare undici ore assieme. Se vince la „corrente Greco“ ci vediamo, se vince quella Hofer ci chiamiamo. Mediamente lavoro 6 giorni a settimana dalle 9 alle 21, con pause più o meno lunghe, e una/due notti a settimana con orari variabili. Vivo di multi-tasking per questo.
Marco – Inizia presto la mattina con una centrifuga speciale e finisce tardi la sera. Nel mezzo ci sono riunioni su riunioni, decine di mail, altrettante telefonate e problemi da risolvere. Sono schematico, puntiglioso e non posso separarmi dalla mia preziosa agenda.
Come vi siete conosciuti?
Albert – Entrambi lavoravamo al Tunnel Club, con un party mensile, Rebel Motel io e Club NME lui.
Marco – Ci siamo incontrati la prima volta ad un Capodanno del 2009 al Tunnel Club, lavoravamo insieme. Ricordo ancora il suo outfit…
Ovvero, come’era „conciato“ Alert?
Marco Una fantastica maglietta traforata, una cresta super, un fascino invidiabile e i suoi anfibi d’ordinanza.
Albert quando per il progetto Da Zero ti abbiamo invitato alla Fondazione Arnaldo Pomodoro ci avevi illustrato un interessante lavoro sulle cicatrici, lo racconti anche ai lettori che molto probabilmente non lo conoscono?
Albert – Faceva parte del mio dottorato e non verteva tanto sulle cicatrici quanto sul concetto di ferita nella cultura contemporanea e come questo si relazionava a una nuova visione di corpo nel medesimo contesto: le cicatrici ne erano ovviamente parte integrante, assieme a body-art, S/M, performance art ecc…. Ne parlo raramente e oggi sono molto arrugginito a riguardo, mentre all’epoca la mia vita ha girellato attorno a questi macro-temi senza sosta.
Legato a questo discorso, per circa dieci anni, ho curato il progetto Channel 83: un archivio on-line di ferite e una piattaforma di sviluppo di contenuti legati a quest’ultime. Artisti affermati ed emergenti, performer, accademici, mostravano la propria incarnazione dell’idea di ferita e aprivano a loro volta „nuove ferite“ pensate appositamente per questo progetto o per gli eventi ad esso correlati. Sviluppai Channel 83 – An Archive of Wounds, un progetto legato all’arte e alla video-arte – da me ideato e curato con l’aiuto di Stefano Moretto e Mass_Prod – che portavo in giro per festival di video-arte, clubs, ecc…. Ad un certo punto sono cambiati i costumi e i modi di fruizione on-line e il progetto è diventato vetusto e l’ho chiuso.
Che locali di Milano frequentavate quando eravate più sbarbati? E quando vi siete conosciuti?
Albert – Quando sono arrivato a Milano ero grandicello: frequentavo il Plastic di Viale Umbria, il Rocket di via Pezzotti e mi imbucavo dalle mie amiche al Gaia 360. Amavo Cockette.
Quando ho conosciuto Marco uscivo già molto poco. Andavo a trovare il mio amico Andrea Ratti a Il Sabato del Villaggio che era proprio sotto la mia casa dell’epoca, a Cockette appena possibile, ogni tanto al Plastic e al Tunnel Club per Classic.
Marco – Ho iniziato a frequentare i locali milanesi lavorandoci: amavo il vecchio Rocket, le mie prime feste erano ai Magazzini Generali, qualche weekend al Plastic con gli amici dell’università e molti eventi qua e la in una Milano (2006/07) che era molto diversa da quella di oggi. Quando ho conosciuto Albert ho aumentato il numero di miei eventi e frequentare quelli degli altri è divenuto più complicato.
Cosa vi ha spinto a iniziare a organizzare feste?
Albert – Da ragazzino organizzavo le feste in cui poi „suonavo“. Ad un certo punto nei primi anni 2000 ho capito che fare il dj non era il mio futuro ma volevo continuare a fare eventi e sono passato permanentemente dall’altro lato della barricata, quello giusto per me.
Marco – Ho sempre adorato organizzare, gestire, proporre. Ero io che organizzavo le squadre durante partite di calcio alle Elementari, le pizzate alle Scuole Medie, le autogestioni e le occupazioni alle scuole superiori e i programmi della compagnia nei weekend. Quando avevo 17 anni con qualche amico organizzammo una nostra festa a Bergamo, una specie di risposta underground alla commercialissima festa delle scuole che organizzavano al Fluid. Fu un grande successo, da lì in poi non ho più smesso.
Quella con Tom Findlay, che riportate in via Sammartini questo sabato, è stato il vostro record al Tunnel, ma qual è la serata più bella che avete organizzato? E Quella più difficile? (foto di una di queste due serate) E quella che non è andata particolarmente bene ma di cui andate orgogliosi?
Albert – Quella con Tom ha scritto tre record assoluti per il Tunnel Club, di cui almeno due sono rimasti in piedi fino alla fine del ciclo! „Reverso“ – una delle più grandi soddisfazioni della mia vita, pari alla sua complessità: 14 ore di contenuti, 20 ospiti tra dj e relatori, 1500 presenze di pubblico…. Mi ha emozionato ricevere i complimenti dei dj che mi hanno „formato“ come clubber, ma soprattutto ho trovato tutto veramente bellissimo, fruendone da organizzatore e cliente. I parties migliori li abbiamo fatti negli anni con Boris, Bicep, Brodinski e Kim Ann Foxman, Simian Mobile Disco, Erol Alkan direi e, ovviamente, con il nostro guru Alexander Robotnick.
Le maggiori difficoltà le ho riscontrate con un Kafka anno scorso – location saltata alle 12.30 del giorno stesso con l’indirizzo già annunciato: abbiamo spostato tutto e trasformato il locale al volo grazie ad un amico, Carlo Mognaschi che ci ha aperto il suo Q 21 mentre lui era… al Louvre in vacanza con il fidanzato. Alla fine venne fuori un festone!
Sono invece molto fiero di T. Williams che fece un set stupendo davanti a un club che si riempí solo alle due. Tutti felicissimi alla fine! Mai visto tanti inediti suonati in un party.
Marco – Non so indicare la serata più bella, abbiamo fatto oltre 300 eventi…. Vi sono tantissime serate significative, una di queste è sicuramente la prima data di Tom al Tunnel, ma anche i secret party, i successi al Circolo Magnolia e Le Cannibale Club, le nostre date estive. Sono orgoglioso dei successi e anche delle date difficili, delle serate piene e meno piene. La più brutta data di Le Cannibale fu quella con Charli XCX (chi ci segue sa il perché) prima e unica volta in cui feci smettere il guest di suonare.
Ahimè o a questo punto forse per fortuna quella sera non c’era, cosa successe?
Marco – Un set indecoroso, musica fastidiosa e un comportamento forse persino peggiore. Ci siamo presi un rischio e ci è andata male, fa parte delle regole del gioco. Dopo 35 minuti di dj set avevo già sentito abbastanza.
Cosa avete imparato lavorando al Tunnel? Come eravate entrati in contatto con Diego del Tunnel e poi con Lorenzo del Club Haus? Raccontateci com’è nata l’esperienza de le cannibale Club? Raccontateci anche come sono iniziate queste due esperienze e come sono finite.
Albert – L’esperienza del Tunnel Club mi ha certamente completato. Fare sei anni in un club è diverso rispetto al fare un singolo evento, una one-night, devi incidere nel lungo e in profondità sulla struttura.
Diego (aka Sandiego, ndr), l’allora direttore artistico del Tunnel, non lo conoscevo, ci fece una offerta ai tempi di Rebel Motel: si era documentato per qualche mese e aveva deciso di scommettere su un prodotto un po‘ differente dagli altri. il ciclo del Tunnel è stato un bel pezzo di storia del clubbing milanese…. Gli altri ragazzi invece li avevo conosciuti a un party dove c’era una mucca legata alla porta, zona Corso Como, nel 2009 mi pare.
Sono venute meno le prerogative per sviluppare Le Cannibale Club come prospettatoci inizialmente e quindi abbiamo deciso di ridirezionare le nostre energie altrove, ad ogni modo è stata una esperienza illuminante che ci ha permesso di fare molte feste bellissime in un micro-club esteticamente stupendo, preambolo a un finale di stagione molto positivo che ci vede invece impegnati su varie locations con un format itinerante. Quest’anno ho re-imparato a ballare!
Marco – Ho imparato la dedizione, la costanza e la serietà: con il Tunnel sono cresciuto, ci siamo plasmati a vicenda. In 6 anni abbiamo costruito qualcosa di importante. Con Le Cannibale Club abbiamo iniziato un progetto che per vari motivi non si è potuto realizzare per lungo tempo. Non è detto che non riprenderemo da dove avevamo lasciato, abbiamo iniziato un percorso virtuoso che vogliamo portare avanti in un contesto nuovo. Sono orgoglioso e felice del lavoro svolto fin d’ora e il futuro prossimo è pieno di nuove idee ed eventi.
Invece progetti per l’estate e per la prossima stagione?
Albert – L’estate ci vedrà impegnati su 4 Cento, Magnolia, Bar Bianco e in un festival di fotografia.
Marco – Per la prossima stagione stiamo valutando tante proposte allettanti. Ci confrontiamo spesso con Albert su che futuro dare alla nostra attività, anche se non abbiamo definito ancora nulla perché i prossimi progetti e l’estate ci stanno impegnando molto. Le Cannibale da party settimanale si è trasformato in una grande piattaforma creativa. Quest’estate abbiamo un’agenda fitta di eventi di varia tipologia: dagli eventi al Circolo Magnolia (Flume, Floating Points, Gold Panda, Fritz Kalkbrenner) ai nostri party al 4 Cento, al Parco Sempione e un festivalino al Carroponte. E poi un Festival Internazionale di Fotografia a Luglio, l’evento per la finale di Champions League, i nostri aperitivi artistici allo STRAF. Il Wunder Mrkt estivo e qualche nuovo evento che non possiamo ancora svelare.
Caspita parecchia roba, ma come vedete la scena clubbing a Milano oggi? E come si è evoluta nel tempo?
Albert – Pur avendo finora vissuto un ottimo 2016 questo è un momento critico per il clubbing: da un lato ci sono investimenti ingenti, una grande offerta forse sproporzionata alla città, dall’altra la crisi del pubblico che mi appare abbastanza disinteressato e disattento: si rischia poco e si va dove tutti vanno o dove è gratis.
In compenso vedo nuove leve interessanti tra i dj, e addetti ai lavori maturi che si misurano con standards europei anche a costo di faticare. Insomma non è necessariamente il preambolo di una crisi più profonda. Stanno sorgendo tante situazioni, strutture… tornerà anche l’entusiasmo.
Marco – Milano da anni sta vivendo uno stupendo „Rinascimento“. La città ha una incredibile imprenditorialità culturale, vero e proprio tesoro di Milano. Per chi vuole vedere, e per chi lo vuole ammettere, Milano offre tanto, tantissimo a livello di club culture e di intrattenimento culturale. In un momento di crisi economica e sociale, il clubbing a Milano vive e sopravvive, è indubbio il primato nazionale della nostra città. Negli anni la scena clubbing è migliorata, aumentando la quantità e la qualità degli eventi. In futuro sarà importante, per tutelare la sua sostenibilità, concentrarsi sull‘aumento della domanda piuttosto che unicamente sull’offerta di eventi, creando le condizioni per rendere la città più attrattiva a livello di turismo nazionale e internazionale.
Dove vivete e con chi? Gatti, animali, coinquilini…
Albert – Ho vissuto per 6 anni in Ripa di Porta Ticinese. Adesso abito tra Lima e Loreto, un quartiere che non conoscevo e che sto molto apprezzando. Vivo con le mie tre gatte – Maria Valanga Veleno Bahamas Banana Baghdad, Edwige Transilvania e Aspirina – e la mia fidanzata Micaela.
Marco – Ho comprato casa e da 10 anni vivo a Milano in Zona Bocconi.
Qual è la tua vostra zona preferita di Milano? E vostro luogo preferito?
Albert – Amo molto i dintorni del Parco Palestro, Via Mozart, il PAC e in generale alcune zone di Porta Venezia. Adoro e mi appassiona il liberty milanese e la Stazione Centrale tanto cara a Testori. Anche la Martesana mi piace.
Marco – Adoro Milano in tutte le sue zone, amo sorprendermi camminando per la città. Non sono un abitudinario, non ho veri e propri luoghi preferiti. Milano ha una bellezza discreta, misteriosa e non ostentata in tutte le sue zone.
C’è un locale di Milano dove vi ritrovate per riunioni o appuntamenti di lavoro?
Albert – Tsuru è il nostro ufficio distaccato. Lo amiamo.
Marco – Ne abbiamo cambiati tanti: per comodità in questo periodo adoriamo incontrarci a Santeria Social Club tra una cheese cake e un’altra. Ma Tsuru è effettivamEnte la nostra seconda tana.
Dove andate a bere? Qual è il vostro cocktail bar preferito? E il vostro drink?
Albert – Il Rita è il miglior cocktail bar di Milano. Lo Steccalecca ed il Red Snapper sono dei capolavori nel bicchiere.
Marco – Non ho un drink preferito, adoro lasciare carta bianca al barista. La qualità del bere nei bar di Milano si è alzata molto negli ultimi anni: il Rita, il Mag, Elita Bar, Carlo e Camilla, il Cinc, il Pravda sono tutti ottimi bar.
E invece qual è il vostro ristorante preferito? E il vostro piatto? Albert è vero che tu non cucini mai a casa, tant’é che non hai neanche la cucina…?
Albert – I miei ristoranti preferiti a Milano sono: Nerino 10, Bharat, Basara per il sushi, I Segreti di Pulcinella e I Sapori di Giovy per la pizza, Al Mercato per gli hamburger. Zio Nino e Dawali le nuova scoperte. La Caletta e Il Faro di via Casoretto due classici.
I miei piatti preferiti sono estrapolabili dalla lista qui sopra, oltre a tartare, cassata, qualunque cosa con pasta di mandorla. Sono goloso e un po‘ cafone.
Adoro mangiare fuori, mi rilassa e adoro leggere nel mentre e mi aiuta ad ottimizzare il tempo. Non cucino volentieri, sono distratto e pasticcione e inevitabilmente chi mi vede cucinare si preoccupa e mi intima di sedermi e guardare e non prendere iniziative. Non è vero che non ho la cucina in casa: è una leggenda! Anzi ho appena raddoppiato i pensili.
Marco – Adoro la cucina giapponese e i buoni ristoranti di carne e pesce. Ho qualche asso nella manica che custodisco gelosamente e che non svelo a nessuno
Quando state a casa invece cosa fate? Marco tu cucini? Giocate ai videogiochi ? Se state su internet quali sono i vostro siti preferiti? Raccontateci un po‘ le vostre passioni oltre alla musica.
Albert – Guardo films, molto spesso, e in generale passo tutto il tempo libero assieme alla mia fidanzata con cui condivido mille passioni, spesso vaghiamo per Milano in cerca di ispirazione – quasi mai in posti legati al mio ambiente lavorativo. Ci piacciono i negozi di antiquariato, i mercatini, le librerie, le mostre e ceniamo spesso fuori, siamo mangioni. Sui videogiochi non rispondo perché ho 36 anni e devo darmi un tono.
Marco – Appena mi sveglio guardo il sito della Repubblica e La Gazzetta, sono un tifoso interista e un fanatico di NBA. Non sono un grande cuoco ma mangiare è una delle mie tante passioni. Oltre la musica sono un grande amante di politica e storia, mi piace l’arte e il cinema.
Amo vivere Milano, i suoi angoli nascosti, le sue mostre, la sua offerta culturale dinamica, i suoi cinema, i suoi teatri. Ogni mia giornata in settimana termina con un film o una serie televisiva.
Collezionate qualcosa? Marco tu collezioni camice, vero? Albert tu film, se non ricordo male…
Albert – Ho circa 3500 film originali: prendono una stanza. Films italiani di genere, giallo, poliziesco, erotico, oppure documentari. Un paio di migliaia di libri: ne ho almeno 60 sul mostro di Firenze. Amo la cronaca nera in generale e la saggistica, cataloghi d’arte e libri sul cinema. Sono un collezionista cronico.
Le mie collezioni sono ordinate secondo criteri precisissimi. Prima compravo molto vinile e tante camice hawaiane ma ora è Marco l’uomo camicia e sono passato alle Fred Perry. Ho il feticcio delle Dr Martens. Amo i posters d’epoca, ho una parete dedicata ai gialli italiani. Mi piacciono la grafica pubblicitaria ed illustratori quali Cappiello, Dudovich.
Marco – Non sono un collezionista. Mi piacciono le camice, non lo nego. Mi vesto tendenzialmente sempre di nero e la camicia è il tocco di personalità, di colore, di vivacità che mi voglio regalare ogni giorno quando mi sveglio. Persino la mia concentrazione aumenta se indosso la camicia giusta!
Ci sono dei luoghi a Milano che alimentano le vostre passioni?
Albert – Casa mia: alcune volte ci girello come se non fossero miei i mille oggetti che la popolano. Sono li in attesa di essere riscoperti. CosÌ giustifico il mio collezionismo cronico.
Marco – Adoro i parchi.
E invece dopo il club: after, casa, baracchino, night…?
Albert – After mai. Baracchino, volentieri ma tento di resistere. Di base mi rifugio a casa, mi piace stare tra la gente ma solo a piccole dosi.
Marco – Vivo emotivamente e fisicamente le mie serate, dopo il club per noi organizzatori vuol dire mattino e casa mia è l’unica destinazione plausibile.
E in generale chi frequenta le vostre serate? (foto eventi le cannibale)
Albert – Un pubblico molto vario tra i 20 e i 40 anni, è un party per tutti. I fenomeni possono stare a casa però, vogliamo un pubblico bello che si sappia divertire senza dover lisciare il pelo alla „Milano che conta“.
Marco – Concordo in pieno con Albert.
Il dj milanese che vi piace di più?
Albert – Uabos, un talento infinito. Lui, Nicola Guiducci e Max_M – che era un piacere ascoltare – per me rappresentano quanto di meglio ho sentito in città negli ultimi otto anni. Ma potrei citare altri dj bravissimi attivi a Milano… qui c’è una scena.
Marco – Uabos senza dubbio, ma seguiamo con piacere tanti altri dj (Bold As Gold, Athonal, Rollo//Dexx, Grand River) La scena di Milano è molto più viva di quanto si dica
Se aveste un budget illimitato che party organizzeresti?
Albert – Oggi organizzerei un mini-festival con solamente dj set back2back con:
Dave Clarke b2b DJ Godfather
Legowelt b2b MAT101
Bicep b2b Innershades
Anthony Rother b2b Le Syndicat Electronique
Simian Mobile Disco b2b Erol Alkan
Boris b2b Kim Ann Foxman
Deckmantel Soundsystem b2b Alexander Robotnick
Laurent Garnier b2b Uabos
Live di apertura di 65DaysofStatic con un feat. dei Massimo Volume.
Ovviamente sarebbe il mio ultimo party. A posto cosí.
Marco – Partirei senza dubbio da una location unica e sorprendente. Sarà che dopo tanti anni ho maturato una sensibilità diversa, ma mi pare che ci sia più urgenza di posti belli che di lineup super: le varie discussioni su club e festival sono sempre molto fuori focus secondo me. Milano offre il massimo desiderabile in termini di djset e live, ogni weekend ci sono 7/8 realtà che propongono eventi musicalmente qualitativi. Idem per festival. Club unici e location di festival mozzafiato molti meno.
Qual è il party più fico a cui avete partecipato?
Albert – Ho vissuto nottate stupende nei miei tre anni berlinesi: tutte le feste con Boris in consolle erano speciali. Al Berghain/Panoramabar alcune delle nottate migliori con Garnier e Dettmann. Stardust di Madrid è sempre un party bellissimo. Dave Clarke al Tresor un’altra serata indimenticabile: il suo è il miglior mixing style in assoluto.
Marco – Si può davvero rispondere a domande così difficili? Non amo le classifiche.
Se non fossi un promoter cosa ti piacerebbe fare nella vita?
Albert – Lavorare nel cinema forse. Oppure qualcosa di creativo legato alla scrittura, dato che mi riesce tendenzialmente bene.
Marco – Vorrei occuparmi della mia città o del mio paese, ho ancora una grande considerazione della politica come servizio per la comunità. Oppure vorrei avere il privilegio di fare un altro mestiere creativo (cinema, pubblicità, arte). Se avessi preso altre strade mi sarebbe piaciuto diventare uno storico o un giornalista.
Chi è la più bella ragazza e il ragazzo che viene ai vostri eventi?
Albert – Il più bel ragazzo che viene ai nostri party è dal mio punto di vista Sanni Restuccia, una persona elegante che rappresenta quello che vorrei sempre vedere nel mio pubblico: entusiasmo, sofisticazione, cultura. E poi il quartetto Pittan che non mi abbandona mai da otto anni.
La ragazza più bella è senza dubbio la mia! Non vale?
Marco – „di notte le ragazze sono tutte belle“ lo diceva Lorenzo Cherubini, lo ripeto anche io.
Vi è capitati di assistere a particolari situazioni promiscue durante le vostre serate? Ci Albert – raccontate quella più divertente che avete visto?
Rebel Motel faceva di certe tematiche un suo epicentro e ci insisteva sopra esplicitamente. Le Cannibale ha un profilo più musicale ma, alla fine, capitano cose anche qui, però non si devono raccontare.
Marco – Anni fa assistevo a molte più situazione promiscue ora meno. O la clientela si è imborghesita, o lo sono diventato io. Detto questo, non parlo, potrei farmi molti nemici.
Vi siete mai trovati in situazioni promiscue?
Albert – Il concetto di promiscuo è molto relativo. Io mi sento una persona assolutamente morigerata. Se chiedi a Marco ti dice che sono l’anticristo – e adora farlo!
Quando vivevo a Londra una volta sono andato a sentire una line-up imperdibile di djs della scena hard-house che seguivo all’epoca a Fist, un club che come il nome può suggerirti non era esattamente frequentato da educande. Ti risparmio i dettagli delle scene di cui sono stato testimone ma ti ricordo che Celentano diceva:
Cattivo come adesso
non lo sono stato mai,
e quando mezzanotte viene,
se davvero mi vuoi bene,
pensami mezz’ora almeno,
e dal pugno chiuso
una carezza nascerà.
Marco – Faccio rispondere Albert!
Vi hanno mai stalkerizzato?
Albert – Spesso. Soprattutto le mie gatte.
Marco – Stalkerizzato è un parolone, ma è successo.
Qual è la cosa più matta che avete fatto nella tua vita?
Albert – Mi hanno chiamato pazzo ogni volta che ho cambiato paese. Sono sempre state decisioni di pancia: dentro la mia testa ho traslocato da Londra a Berlino in mezz’ora. Il tempo di arrivare a Kastanienallee dall’aeroporto. Mi conosco bene, per cui se ’sento‘ che qualcosa va fatta, la faccio. Non è spericolato se sei sicuro della tua scelta.
Marco – Vorrei raccontare mille cose ma la verità è che sono una persona molto riflessiva, molto poco istintiva. Vivo con un bellissimo e fragile equilibrio interiore e lo tutelo con decisioni, scelte, azioni ponderate. Suona molto noioso e molto poco rock ’n roll ma è la verità
Chi è il vostro eroe e perché?
Albert – Eroe è un parolone…
Mi fanno impazzire i quadri di Alberto Burri e Jenny Saville, le illustrazioni di Ferenc Pinter, la cronaca nera ed in particolare il caso del mostro di Firenze, J. G. Ballard, Georges Bataille, Dave Clarke – il mio dj preferito. Infine i Massimo Volume, la band a cui sono maggiormente legato.
Marco – Ho mille figure che mi hanno affascinato, adoro i film e i libri biografici. Mi innamoro delle storie personali. Eroi per me sono tutti coloro a cui voglio davvero bene, che nella vita di tutti i giorni vivono con semplicità ma pensano con grandezza.