Il termine „geniale“ di norma viene usato quando si riconosce la capacità di creare e immaginare qualcosa di nuovo o quando si riconosce l’abilità di sbrogliare sistemi complessi con intuizioni semplici. SBAGLIATO appartiene a questa seconda categoria e la sua genialità – che pone i tre membri del collettivo tra le realtà più interessanti di Roma e dell’Italia tutta – sta nell’aver preso un tradizione artistica secolare, quella del trompe-l’œil, e averla portata in strada, innestandola quel tanto che basta sulla tecnologia digitale. Questa genialità trova conferma anche nel saper stupire in campo aperto quanto in una galleria, come vi accorgerete il prossimo 14 ottobre, quando verrà inaugurata alla galleria Varsi la loro personale Vertigine. In attesa dell’opening, li abbiamo intervistati.
ZERO: Chi è Sbagliato?
Sbagliato: Sbagliato sono tre ragazzi di Roma dalle identità non ben specificate.
Quando nasce questo progetto?
Maggio 2011.
Perché avete scelto questo nome?
È lui che ha scelto noi.
Chi sono i vostri genitori artistici, sia “street” che classici?
Non abbiamo mai seguito particolarmente lo scenario “street”, fatta eccezione per qualche amico. Sui classici sarebbe troppo lungo rispondere.
Perché la scelta dell’illusione ottica su poster?
L’idea di una finestra attaccata su un muro cieco è arrivata in maniera fulminea, come un sogno, e il poster era lo strumento più versatile per iniziare un discorso architettonico connesso alla fotografia. la componente “effimera” del nostro lavoro ci piace molto: la caducità della carta rispecchia anche i processi di deterioramento architettonico.
Vi ricordate il primo lavoro che avete fatto? Dov’era e cosa rappresentava?
Il primissimo lavoro lo abbiamo messo su un muro della stazione vicino al fiume Aniene e rappresentava una classica persiana romana di colore verde scuro. Quel giorno capimmo realmente il potenziale dell’intuizione.
L’ultimo, invece?
Lo abbiamo fatto a Santiago del Cile.
Quello che state preparando e vedremo nel futuro prossimo?
La nostra mostra personale alla Galleria Varsi di Roma, che inaugurerà il prossimo 14 Ottobre.
Oltre che a Roma, dove avete “incollato” i vostri lavori?
Viaggiare tanto è quello che ci siamo sempre augurati e per fortuna abbiamo iniziato a farlo fin da subito. L’Italia praticamente l’abbiamo girata tutta, da Nord a Sud, ma siamo stati anche a Madrid, Barcellona, Londra, Berlino, Budapest. Ci hanno invitato anche fuori dall’Europa per lavorare a delle grandi superfici, siamo stati a Miami e Las Vegas. L’interazione con altre città per noi è fondamentale perché cambiando gli scenari si arricchiscono per noi le possibilità di campionare e di usare quelle stesse città come teatro di intervento, andando a ragionare sullo scambio di codici architettonici di città in città.
I lavori di cui siete più orgogliosi fin ora?
Ci sono sono dei lavori di cui siamo orgogliosi per riuscita e risultato: uno dei primi è stato „Causa effetto“ per il festival Memorie Urbane a Gaeta, poi „Terremoto“ per Altrove Festival lo scorso anno. Questo se ci riferiamo a grandi superfici, anche se non riteniamo che la grandezza determini la qualità del lavoro, ci sono molti interventi di piccole dimensioni che raccontano perfettamente il nostro approccio al lavoro.
Quelli che invece vorreste rifare?
Tutti e nessuno.
Dopo che avete sistemato un lavoro in strada vi fermate a vedere qual è la reazione dei passanti? E generalmente la reazione qual è?
Di solito quando finiamo un affissione per strada non ci fermiamo a guardare la reazione dei passanti. Il giorno dopo, quando andiamo a fotografare il lavoro, è capitato di notare qualche reazione e principalmente è di piacevole stupore.
La reazione più assurda alla quale avete assistito o vi hanno raccontato?
Quest’anno a Venezia abbiamo attaccato un negozio di alimentari sotto casa di una signora che quando si è affacciata ha esclamato: «E adesso che ci faccio? Domani ci compro il latte?!». Abbiamo amato tanto quella nonnina.
Qual è la durata media di un vostro lavoro?
La durata dipende dall’ubicazione del poster e dalle condizioni climatiche. Fatta eccezione per l’interno, che è permanente.
Non vi dispiace neanche un po‘ che un lavoro per cui avete speso tempo (e soldi) vada inevitabilmente a deteriorarsi e quindi a scomparire?
No. Come dicevamo prima, la componente effimera del nostro lavoro ci entusiasma: quando lavoriamo cerchiamo di non suggerire alcun tipo di risposta, ma di generare un qualche tipo di domanda. E questo deve avvenire sia quando il lavoro è in perfette condizioni, sia durante il processo di deterioramento.
Ci potete raccontare come è il vostro processo lavorativo, dall’ideazione, alla stampa, alla strada? Il dietro le quinte, ecco.
Fotografiamo un elemento architettonico (finestre, porte, scale etc.), lo impaginiamo a grandezza naturale, lo stampiamo con il plotter e poi scopa, secchio, colla e via per la città.
Di media che dimensione ha un vostro lavoro? Vi ricordate quello più grande che avete realizzato e quello più piccolo?
Il gioco divertente è proprio questo: possiamo spaziare con infinite dimensioni di lavori da un buchetta naturale di 20 cm a una doppia arcata prospettica di 400 mq mantenendo sempre un rapporto 1:1. Detto questo, non siamo assolutamente convinti del „big is better“, anzi…
Questa da Varsi sarà la vostra prima mostra in una galleria?
No, abbiamo fatto una mostra a Roma dopo un anno dalla nascita del progetto alla galleria 999 e l’anno scorso alla Galleria Toselli di Milano.
Cosa porterete da Varsi?
Rovesceremo a 90° una scala 1:1.
C’è un motivo particolare per cui avete scelto il titolo “Vertigine”?
Venite in galleria e lo scoprirete.
Sulla vostra pagina facebook la mostra è introdotta da questa frase “Le illusioni ottiche chiariscono come la comprensione intellettuale, l’intuito e perfino il buon senso comune siano impotenti contro la forza delle distorsioni percettive. Una mente messa a contatto con un’illusione andrà ad adattarsi all’illusione stessa, dimostrando l’impossibilità dell’uomo a correggere le distorsioni percettive”. Che significato ha per voi?
Si tratta di una constatazione, che apre un po’ quello che è il discorso generale sulla mostra e sulle intenzioni. E di quale sia solitamente l’approccio che abbiamo al lavoro.
Parlando di Roma, che giudizio ne date da un punto di vista artistico? È (ancora) un terreno fertile?
Roma è sempre stata e sempre sarà un teatro di azione unico nel suo genere, con tutte le sue contraddizioni, solamente per la quantità di informazioni che offre e che tutti noi molte volte non abbiamo gli strumenti per digerire. Detto questo, c’è una ragione precisa per cui è sempre stata scelta dagli artisti più importanti della storia. Roma è ancora terreno fertile? Sì, molto.
Quali sono gli artisti – “colleghi” e non – che apprezzate di più?
Ci sarebbe un elenco molto lungo da fare e lo faremo, se ci dimentichiamo qualcuno chiediamo venia in anticipo: tutti i nostri amici astrattisti italiani per primi, Alberonero, 108, 2501, Tellas, Ciredz, Giorgio Bartocci, Turbosafary, Moneyless, Robi Alfano, Edoardo Tresoldi, Basik, Luca Zamoc, gli amici argentini, il nostro amico spagnolo Borondo.
Se aveste a disposizione una qualsiasi parete di Roma per un vostro lavoro, quale scegliereste e cosa ci realizzereste?
Dobbiamo avere davanti il muro per capire cosa fare. Detto così è un po’ complicato: uno spazio deve essere osservato prima di essere modificato.
A proposito, chi volesse andare in giro per Roma a vedere dei vostri lavori dove può trovarli?
Purtroppo sono rimaste solo le tre statue in via Benedetta a Trastevere.
Un’ultima curiosità riguarda gli adesivi con il semplice nome Sbagliato, che sono stati disseminati un po‘ ovunque, anche con accostamenti geniali. Come avete reagito quando avete iniziato a vederli? Questa pratica bi ha aiutato a far girare il vostro nome? Ne avrete piazzati a centinaia anche voi immagino.
Il discorso dell’adesivo ha caratterizzato tanto i primi anni, poi, piano piano, abbiamo deciso di sgonfiare la cosa perché a un certo punto stava andando sopra al progetto reale. È stato un modo semplice ed efficace per far partecipare gli amici al progetto. Dobbiamo dire che hanno girato parecchio, qualcuno è stato avvistato anche in Cina.