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L’ascolto: un atto politico con uno sfondo poetico

Donato Dozzy racconta la sua pratica musicale in occasione del secondo episodio del ciclo L'Appuntamento, di cui sarà protagonista insieme ad Ange Halliwell il prossimo 26 giugno a Villa Lontana

Geschrieben von Vittoria Bonifati il 23 Juni 2025

L’Appuntamento è una serie di incontri dedicati all’ascolto collettivo nella natura urbana, nata a Roma nel maggio 2024 su iniziativa di Villa Lontana Records e Donato Dozzy. Ogni episodio si articola in due momenti: una sessione d’ascolto su vinile di Donato Dozzy, seguita da un live elettroacustico di un’artista di nuova generazione. Il primo incontro ha visto protagonista Verde Prato, alias Ana Arsuaga. Durante l’esibizione, Verde Prato ha cantato „L’appuntamento“, celebre brano di Ornella Vanoni reinterpretato da lei e Dozzy per l’album che stavano realizzando insieme.

È da quella canzone, da quel momento condiviso, che nasce il nome della rassegna: L’Appuntamento come invito a fermarsi, ritrovarsi, sintonizzarsi. Uno spazio-tempo che si rinnova di anno in anno, per ascoltare e ascoltarsi — nel paesaggio, nella presenza, insieme. Anche in questa nuova occasione, Donato Dozzy aprirà la serata con una nuova selezione di vinili pensata come preludio alla performance en plein air dell’arpista francese Ange Halliwell. In questa conversazione ospitata su Zero, Vittoria Bonifati, fondatrice del progetto Villa Lontana, e Dozzy si confrontano sul dialogo con le nuove generazioni di musicisti e sulle dinamiche dell’ascolto, gesto che oggi può avere anche una valenza politica.

L’Appuntamento continuerà nel 2025, con nuovi momenti di ascolto immersi nel paesaggio naturale, dove la musica non solo si ascolta, ma si abita. L’ascolto — come la promessa del titolo — resta un invito aperto.

 

Che tipo di contenuti stai immaginando per la listening session di giovedì 26 giugno? Ci puoi anticipare qualche suggestione sonora o traiettoria d’ascolto che hai in mente di esplorare?

Sto selezionando dei dischi che non creino contrasto con il concerto che seguirà, eseguito con uno strumento solo: l’arpa. Sto cercando materiali minimalisti, compatibili con quel tipo di situazione: qualcosa come Joshua Abrahms, oppure brani folk o folkloristici provenienti da diverse parti del mondo. Saranno pezzi composti con pochi strumenti, in grado di creare un’introduzione armonica a quello che accadrà dopo.

Hai una collezione di dischi vastissima. Come ti orienti nella selezione per un appuntamento come questo?

Inizio da una sezione specifica della mia libreria, dove raccolgo musica etnica, folkloristica,
percussiva, tutta con una forte componente world. È da lì che comincio a pescare. Quello è il punto di partenza, ma se trovo affinità con tracce del mondo elettronico, e vedo che possono collegarsi a quel primo blocco, allora faccio anche dei voli pindarici.
Alcuni dischi devo riascoltarli, perché non me li ricordo bene e voglio essere sicuro che siano adatti. Mi limito a selezionare un brano per ciascun album. Non voglio portare più di 20 o 25 dischi, quindi cerco di essere molto selettivo.

C’è un metodo con cui archivi i tuoi dischi?

Sì, li organizzo per generi e per argomenti. Non uso categorie rigide, né l’ordine alfabetico o per titolo: sono semplicemente ordinati in base ai contenuti, in modo abbastanza intuitivo.

In una recente intervista hai detto che per te clubbing, performance dal vivo e sessioni d’ascolto sono “esperienze diverse, con posture d’ascolto differenti, ma ugualmente necessarie”. Con L’Appuntamento ti trovi a condividere lo spazio con una nuova generazione di artisti e artiste, come Verde Prato e Ange Halliwell. Che tipo di dialogo nasce da queste dinamiche? E quanto è importante, oggi, costruire progetti fondati sulla collaborazione?

Nasce da un bisogno profondo di comunicare con le nuove generazioni. Se non lo facessi, potrei anche appendere la cuffia al chiodo. Durante L’Appuntamento faccio sempre un intervento prima del concerto: mi piace tornare a un ruolo di warm-up, che ho ricoperto per tanto tempo in passato. Oggi però lo vivo in modo più consapevole: non davanti a una pista da ballo, ma a un gruppo di persone che vogliono vivere un’esperienza condivisa. Mi piace l’idea di creare una cornice all’interno della quale l’artista possa trovare il proprio quadro.
Nel fare il mio warm-up cerco di mettere l’artista nelle condizioni migliori per costruire il suo set. Cerco di creare le basi affinché tutto questo avvenga nel miglior modo possibile.

È un gesto importante, perché non è scontato che un artista con la tua esperienza si apra così ai più giovani…

Per me è il minimo che io possa fare.

Ci sono dischi o artisti che consideri “pietre miliari” del tuo modo di ascoltare, che magari torni a riscoprire proprio in momenti come questo?

Walter Maioli.

Secondo te, perché è importante offrire oggi occasioni di ascolto focalizzato e collettivo? Ascoltare insieme è solo un gesto creativo, o può essere anche un atto politico? In una società in cui è sempre più difficile fermarsi, cosa significa proporre un formato che invita al silenzio, alla presenza, al tempo condiviso?

È un atto politico, con uno sfondo poetico. Perché dietro ogni passione politica c’è poesia. E mai come ora ce n’è bisogno.

Mi piace pensare che, con la collaborazione iniziata l’anno scorso, stiamo creando uno spazio in cui le persone possano fermarsi ad ascoltare, in un mondo che spesso non lo permette. L’idea stessa di fermarsi e ascoltare è un gesto di una semplicità estrema.

E già questo, di per sé, è un atto politico. Viviamo in un mondo che non lascia spazio alle pause, al silenzio, al tempo. E questo si riflette in tutto: nel cinema, nella musica, nell’arte. Va tutto troppo veloce.

In che modo luoghi come Villa Lontana, o il contesto specifico de L’Appuntamento, influenzano il tuo modo di immaginare un’esperienza d’ascolto?

Villa Lontana è un giardino dell’Eden. È un luogo dove i sensi di tutti si fondono. È un giardino magico, con il traffico a pochi metri, ma non se ne accorge nessuno. Non saprei come altro descriverlo.

Una bolla di natura urbana...

Mi viene da pensare al ballo finale de „Il Gattopardo“, mentre il mondo fuori va a rotoli.