Da un garage abbandonato al titolo mondiale: sarebbe il coronamento perfetto per la Quadraro Gym, riferimento del quartiere per boxe, kickboxing e afrobeat. E se l’ambizione è sicuramente presente, su tante altre cose ci vuole inventiva, forza di volontà e una certa capacità di essere visionari. Ne abbiamo parlato con Silvano Setaro, maestro di pugilato e una delle forze trainanti della palestra, giunta al dodicesimo anno di attività nei sotterranei di Via Treviri, che dopo quarantaquattro anni di inutilizzo – o di uso fantasioso e non sempre lecito – sono stati restituiti alla comunità grazie allo sforzo di Silvano e di tanti altri ragazzi del Quadraro. Con la bandiera cubana e il Bronx come stelle polari, dalla Quadraro Gym sono già usciti numerosi titoli italiani: c’è chi è passato professionista e chi invece ha seriamente nel mirino le Olimpiadi. Risultati frutto di un’unità indissolubile con il territorio, lavoro serio e scelte coraggiose, con la convinzione che lo sport debba essere per tutti, non solo per chi può permetterselo economicamente. Tra ring, bische e caroselli, Silvano racconta perché la Quadraro Gym è diventata uno dei punti fermi del quartiere.
Partiamo con un’introduzione sulla Quadraro Gym: come nasce e cosa fate?
La palestra nasce nel 2008, grazie a un collettivo di ragazzi del Quadraro che ha voluto dar vita a un’esperienza di sport che fosse accessibile a tutti, senza privati o finanziatori dietro. Proprio per questo è stata scelta una politica di “qualità”, senza un numero infinito di corsi, piuttosto pochi e fatti bene. Sicuramente il fiore all’occhiello è la sezione di pugilato, Quadraro Boxe, che ha raggiunto risultati eccellenti e che propone sia una parte agonistica che una amatoriale; negli anni si sono aggiunti poi i corsi di kick boxing, con i maestri Maurizio De Candia per la K1 e Innocenzo Scacchi per la parte light, e il team afrobeat con Miriam Alessio. Questo ci permette di avere un livello qualitativo sempre eccellente e quindi, per ora, preferiamo concentrarci solo su queste realtà.
Per quanto riguarda la parte giovanile?
Sia per la kick che per la boxe ci sono corsi per bambini e ragazzi: per quanto mi riguarda, seguo personalmente le classi per il pugilato dai sei ai dodici anni che, oltretutto, riusciamo a proporre in maniera gratuita. L’idea di fondo è che lo sport, soprattutto quello giovanile, debba essere un diritto, non un privilegio: non tutte le famiglie possono permettersi € 50 al mese per l’attività sportiva, soprattutto chi ha più figli, e dal nostro punto di vista nessuno deve rinunciare per una questione economica.
Qual è la tua storia e il tuo rapporto con il Quadraro?
Io sono nato e cresciuto qui, la mia famiglia è “quadrarola” pura, della zona tra Largo Spartaco e Via Selinunte, sin dai tempi di mia nonna. Il mio percorso per arrivare a fare il maestro di boxe, invece, non è stato particolarmente lineare, ho avuto le mie esperienze particolari, sono „cresciuto“ nelle strade del quartiere e qualche cazzata di troppo l’ho fatta, ma la passione per la boxe c’è sempre stata. Mi sono allenato, ho fatto qualche incontro con il mio maestro, ma ho cominciato un po’ tardi per fare di più. Quello che sto cercando di proporre ora con la Quadraro Gym è forse quello che è mancato a me da giovane: vorrei che un ragazzo con le mie passioni possa avere le opportunità che io non ho avuto.
La palestra è nata dal nulla recuperando degli spazi abbandonati in Via Treviri: come è nata l'idea di trasformarli in un luogo dedicato allo sport?
Devo fare una premessa: gli spazi che abbiamo recuperato erano uno di quei luoghi dove i genitori ti vietavano di andare quando uscivi per strada da piccolo. Erano nati come garage per i palazzi di Largo Spartaco, ma di fatto sono stati abbandonati per quarantaquatratto anni, praticamente da subito. Erano diventati una sorta di luogo franco del quartiere: ci trovavi siringhe dei tossici, c’è chi lo usava come smorzo e c’è persino una specie di rudere dentro… Insomma, i sotterranei erano in condizioni estreme.
E come si arriva alla decisione di riappropriarsi di questi spazi, nel 2008?
La decisione è arrivata di concerto con i ragazzi del CSOA Spartaco di via Selinunte. A essere precisi, in quegli anni io frequentavo di più la bisca che era accanto al centro sociale, ma vuoi per una naturale curiosità, vuoi qualche amico di zona che già lo frequentava, vuoi perché allo Spartaco giravano sicuramente più ragazze che nella bisca (ride, nda), ho cominciato ad avere contatti più frequenti con questa realtà. Tu prima hai detto “palestra creata dal nulla”: secondo me non rende nemmeno troppo l’idea, siamo stati un anno a fare pulizie e a mettere a posto, mentre dovevamo anche cercare di mediare con personaggi che rivendicavano per sé questi parcheggi. Però abbiamo resistito e ora, fortunatamente, quello che ne è venuto fuori ci permette di lavorare in serenità e con l’appoggio di tutto il quartiere.
La scelta di uno sport popolare o comunque "di strada", come è spesso percepito il pugilato, ha qualche ispirazione particolare?
Da un punto di vista sportivo ed educativo, noi come grande esempio guardiamo alla scuola cubana, che a livello tecnico è sempre stata molto all’avanguardia per la boxe: nel 2009 ho avuto anche modo di fare uno stage con la loro nazionale per imparare i metodi di allenamento ed è stato veramente istruttivo. Poi, ovviamente, non possiamo non guardare alle scuole delle grandi città degli Stati Uniti, da dove continuano a uscire campioni del mondo in tutte le categorie. Pensa solo ai pugili del Bronx. Infatti a volte da „Quadraro Boxe“ a „Quadraro Bronx“ è un attimo (ride).
“Quartiere popolare: palestra popolare” quindi è un'equazione vincente?
In realtà nella crescita che c’è stata in questi anni abbiamo voluto anche cambiare un po’ l’ottica: nasciamo come „Palestra Popolare Quadraro“ per poi cambiare nome in „Quadraro Gym“, perché purtroppo in molti ambienti l’etichetta popolare comporta sempre un certo „stigma“, per cui c’è anche chi si vuole mettere in mezzo in maniera poco seria. Noi vogliamo portare avanti un lavoro popolare e sociale, per il quartiere e non solo, più con i fatti che con la sola l’etichetta; senza doverlo per forza ostentare, ma facendolo col massimo impegno ogni giorno che apriamo il cancello della palestra.
In dodici anni siete passati dai garage abbandonati ai titoli di campione italiano con Armando Casamonica e Giacomo Micheli, per citare i più recenti, le tante convocazioni in nazionale e il passaggio tra i professionisti di Armando. Quali sono stati i cambiamenti più grandi e le sfide più difficili: è sempre vero, come hai detto dopo il campionato nazionale vinto, che un titolo qui ne vale dieci altrove?
La cosa più difficile forse è proprio far capire alle altre realtà dello sport chi siamo e come siamo arrivati fino a qui: quando ci vedono alle riunioni o ai tornei pensano che siamo una realtà consolidata, quando in verità non siamo partiti nemmeno da zero, ma da meno mille, perché davvero qui non c’era niente e quello che c’era lo abbiamo dovuto buttare. Ci sono palestre che in cinquant’anni non hanno vinto un titolo italiano e noi in dodici anni siamo già a sette, se ci pensi è veramente assurdo. C’è sicuramente merito, ma anche tanta voglia che ti deriva da questa situazione.
Cercate di fare rete con altre realtà simili alla vostra?
Cerchiamo di collaborare spesso con la Palestra Popolare Quarticciolo e la Palestra Popolare Revolution (a Cinecittà), che hanno una mentalità simile alla nostra e sono anche più vicine a noi geograficamente. Poi ovviamente c’è San Lorenzo, che è stata un po’ la prima palestra popolare e ha segnato la strada per chi è venuto dopo, oltretutto in un quartiere in generale storico per la boxe romana. Ognuno viene dal suo percorso, ma c’è grande voglia di aiutarsi e di organizzarsi per lavorare insieme. Tutto questo senza dimenticare la Team Boxe alla Montagnola: un’esperienza partita in maniera simile alla nostra da dove è uscito un campione del mondo come De Carolis.
Che tipo di rapporto c'è tra la palestra e il quartiere, sia dal punto di vista degli abitanti che delle istituzioni?
Per il quartiere la palestra è diventata una risorsa, tante persone si avvicinano grazie ai corsi per i bambini e questo aiuta a spargere la voce in maniera rapida e ad avere un riscontro. In questo conta molto anche il mio rapporto personale con il quartiere: essendoci cresciuto la gente quantomeno mi conosce di vista, per cui è più facile creare una rete di rapporti. Anche quando c’è da organizzare qualcosa, le attività commerciali della zona partecipano come sponsor o comunque ci danno una mano. A livello istituzionale purtroppo la questione è più complicata: per nostra natura e per il percorso che ci ha portato fino qui oggi, non abbiamo mai chiesto niente a nessuno. Certo, nell’ottica di crescere e magari poter accogliere più persone, se qualcuno ci venisse a chiedere se ci serve una palestra comunale o qualche fondo per le strutture sarebbe molto apprezzato, ma siccome non gira un euro e per noi è anche difficile accedere a determinati bandi per ora rimaniamo dove siamo e ci aiutiamo tra di noi. Non solo per quanto riguarda lo sport, ma anche per chi si è trovato in difficoltà durante questa pandemia, partecipando a varie raccolte insieme ai ragazzi dello Spartaco ad esempio.
Ci sono eventi “di quartiere” ai quali Quadraro Gym prende parte?
Beh, sicuramente le riunioni pugilistiche “Boxe all’acquedotto”, che organizziamo tutti gli anni al Campo Sportivo Gerini in collaborazione con la Quadraro Cinecittà Calcio che ci mette a disposizione le strutture. Poi tanti eventi più sociali, come il “Memorial Stefano Cucchi” al Parco degli Acquedotti e altre iniziative in collaborazione sempre con lo Spartaco.
Qual è secondo te l'anima del Quadraro e come influisce sulla palestra?
La prima cosa che mi viene in mente è l’unità: anche se è cambiato molto negli ultimi tempi e si è anche un po’ „svecchiato“ nei suoi abitanti, è un quartiere che ha sempre dimostrato di essere compatto e attento alle situazioni di chi è più in difficoltà. Per esempio penso al supporto che è stato dato in occasione di tanti sgomberi avvenuti di recente: il quartiere si è sempre mobilitato. E quello che facciamo noi con la Quadraro Gym rientra in questa logica, andando al di là del solo aspetto sportivo: cerchiamo di fornire un punto di ritrovo che vada oltre la semplice dinamica di una palestra. Chi frequenta i corsi riconosce questo aspetto unitario, perché noi cerchiamo di accogliere tutti, senza alcuna distinzione. Insomma, quello che facciamo è sport, ma se venendo in palestra, come spesso succede, si riescono anche a condividere altre iniziative, questo ci rende più uniti, anche quando ci apriamo verso l’esterno. Proprio come il quartiere.
Qualche aneddoto o simbolo del Quadraro a cui sei particolarmente legato?
Di quelli che si possono raccontare, ti direi sicuramente che a volte, per problemi legati alle strutture, ci siamo dovuti riversare in strada o al Parco degli Acquedotti per allenarci. Immagina la scena di una squadra di boxe che si allena in piazza mentre la gente cerca parcheggio, o al parco tra le coppiette e quelli che fanno jogging! Poi è stato molto bello il ritorno dai Campionati Nazionali: abbiamo fatto doppietta di titoli con Giacomo e Armando e al rientro abbiamo trovato una folla di gente ad aspettarci a Largo Spartaco per festeggiare ed è partito un corteo spontaneo con claxon e trombette per tutto il quartiere. È stata veramente una cosa meravigliosa!
Dopo gli allenamenti, gli atleti della Quadraro Gym dove vanno per la tradizione della birra (o cena) post allenamento?
Fortunatamente in questi anni il ricambio generazionale ha portato l’apertura di un sacco di posti interessanti, per un momento sembrava che il Quadraro dovesse diventare un nuovo Pigneto, ma poi è rimasto molto più tranquillo, meno „luna park“. In zona per il post allenamento abbiamo ottimi rapporti con il Sottosopra, che oltretutto sono nostri “vicini”, oppure in alternativa il Grandma. Per le cene invece ci allontaniamo di poco: di solito al Cottage di Via di Capannelle oppure da Fermentum nel parco degli Acquedotti.