A partire dagli anni 80, la storia dell’arte contemporanea di Roma si lega fortemente all’ex Pastificio Cerere, situato nel quartiere di San Lorenzo. In quel periodo gli spazi del vecchio stabilimento industriale diventano il cuore pulsante e fisico dell’attività artistica di Nunzio, Bruno Ceccobelli, Gianni Dessì, Giuseppe Gallo, Piero Pizzi Cannella e Marco Tirelli, ovvero quelli artisti che poi diventeranno noti come „Gruppo di San Lorenzo“. Quando l’arte contemporanea capitolina vive un nuovo slancio, a cavallo tra gli anni 90 e il 2000, il Pastificio torna ad essere protagonista trasformandosi in fondazione – per volontà del suo presidente Flavio Misciattelli – ospitando esibizioni, artisti in residenza, lezioni, incontri, workshop e altro ancora. Si arriva così al 2015 e al decennale, le cui celebrazioni hanno preso forma in un ciclo di mostre dedicate ai sei storici residenti – fino al 7 gennaio visitabile 519+40, curata da Nunzio. Ne abbiamo approfittato per fare due chiacchiere su bilanci e prospettive future, dell’arte contemporanea a Roma e del Pastificio, con Marcello Smarrelli, che dal 2011 ne è direttore artistico.
Zero: Iniziamo dalle presentazioni.
Marcello Smarrelli: Marcello Smarrelli, nato a Roma il 23 dicembre del lontano 1962.
Quando hai iniziato ad appassionarti all’arte? E all’arte contemporanea?
All’arte quando la professoressa di Lettere delle scuole superiori ci portò alla Galleria Borghese e ci spiegò che l’andamento spiraliforme delle sculture del Bernini si riferiva alle coeve teorie di Copernico e Keplero, per me fu la scoperta dell’iconografia e dell’iconologia. All’arte contemporanea quando, durante la specializzazione in Storia dell’Arte a Siena, la mia collega di corso Stefania Gori mi invitò alla Fattoria di Celle, vicino Pistoia, e conobbi suo padre Giuliano, uno dei più grandi, appassionati e colti collezionisti d’arte contemporanea.
C’è stato un artista, una mostra o un evento che hanno fatto infiammare questa passione?
Documenta IX nel 1992 curata da Jan Hoet, la prima che ebbi la fortuna di visitare.
Ti ricordi la prima mostra a cui hai assistito? O quantomeno la prima di cui hai un ricordo vivido.
No, ma delle centinaia di mostre che ho visto non potrò mai dimenticare Civiltà del Seicento a Napoli al Museo di Capodimonte e al Museo Pignatelli nel 1984, una meraviglia!
Come sei arrivato alla direzione artistica del Pastificio Cerere?
Come ideatore e curatore del premio 6ARTISTA – organizzato insieme a Civita e alla Fondazione Pastificio Cerere – ho avuto modo di conoscere meglio il presidente Flavio Misciattelli (il presidente della Fondazione, nda) con cui è nata una grande amicizia e un progetto culturale condiviso rispetto alla funzione e al ruolo di un luogo così speciale e importante nel panorama dell’arte contemporanea – e non solo – a Roma.
L’anagrafe ci permette di chiederti se frequentavi il Pastificio anche all’epoca del suo gruppo storico. Se sì, che ricordi hai di quell’epoca, sia del Pastificio che dell’arte contemporanea a Roma?
Da studente ero più interessato allo studio di Panofsky e Gombrich, agli scritti di Argan e alle lezioni di Augusto Gentili sull’arte veneta del ‘500. L’interesse per l’arte contemporanea è stato un vizio tardivo. Quando ho scritto il mio primo articolo su un artista contemporaneo avevo già 38 anni e 40 quando ho curato la mia prima mostra. Intorno a quegli anni ho conosciuto Nunzio. Diciamo pure che ho perso gli anni migliori del contemporaneo a Roma, mi consolo con la frase del neon che l’artista Maurizio Nannucci installa sulle facciate dei musei di arte antica in tutto il mondo: All Art Has Been Contemporary.
Come è cambiata – se mai è cambiata – l’arte contemporanea a Roma in questi anni, diciamo pre 2000 e post 2000? Quali quali sono stati gli elementi base di questo cambiamento? È stata una trasformazione positiva o negativa?
Alcuni importanti elementi hanno preservato Roma dal naufragio negli anni 90, tra questi vorrei ricordare l’attività di artisti come Carla Accardi, Enzo Cucchi, Fabio Mauri, Maurizio Mochetti, Alfredo Pirri, Joseph Kossut, Luigi Ontani, Emilio Prini, Cy Twombly, di un’associazione come Zerynthia che ha realizzato mostre ed eventi di grande qualità, le pochissime gallerie che hanno costituito un punto di riferimento e un modello di stile internazionale, l’attività di qualche istituzione straniera come l’Accademia di Francia a Villa Medici e la British School at Rome. Su questi pochi ma saldi poli di riferimento, si sono formati quei critici e quegli artisti che hanno avuto la forza di imporsi a livello nazionale e internazionale. Se ci aspettavamo grandi cose in ambito economico e culturale da Pechino, Bombay, Istanbul o Mosca, Roma a quel tempo era per molti aspetti più vicina a queste capitali che a Londra, Berlino, New York o alla stessa Milano. L’apertura del Macro e del Maxxi, l’arrivo delle gallerie internazionali, le nuove fondazioni, addirittura una fiera realizzata nei palazzi nobiliari, lasciavano molto ben sperare. Mi sembra che queste promesse non siano state mantenute, ma Roma ha troppe potenzialità perché queste prima o poi non vengano riscoperte e sfruttate al massimo.
Effettivamente una delle novità dell’arte contemporanea a Roma in questi anni è stata la nascita di numerose fondazioni, come il Pastificio Cerere. Qual è la loro importanza e il loro contributo per il panorama artistico cittadino?
L’arte contemporanea, in quanto attivatrice di pensiero, contribuisce a rompere i paradigmi tradizionali del sapere comune, permettendo alle persone che si avvicinano ad essa di prendere confidenza con uno stato mentale ed emotivo che porta al manifestarsi di una possibilità inattesa. Questo rende l’arte uno strumento particolarmente adatto a creare contesti esperienziali aperti e innovativi, cosa di cui l’Italia ha un estremo bisogno essendo soprattutto la creatività e le idee le sue materie prime. Pubbliche amministrazioni e istituzioni dovrebbero destinare sempre maggiori fondi alla realizzazione di progetti destinati alla cultura. Ma si sa che in tempi di crisi le prime attività che vengono tagliate sono quelle destinate alla cultura e le Fondazioni rappresentano una valida alternativa all’offerta culturale pubblica esistente.
Tornando a parlare del Pastificio Cerere: qual è a tuo giudizio il bilancio di questi primi dieci anni? Quali sono stati i momenti per te salienti?
Con la nascita della Fondazione le attività del Pastificio si sono sempre più indirizzate alla formazione e alla sperimentazione, proponendosi come un luogo aperto alla città, agli artisti, alle istituzioni. La vocazione didattica caratterizza il Pastificio Cerere e il mio percorso professionale: seguendo questa comune inclinazione abbiamo messo in atto progetti formativi che coinvolgono artisti, curatori e pubblico. Ad esempio, il programma di residenze 6Artista – a cui era stato affiancato il progetto Curatore in residenza – era nato nel 2009 dal desiderio di sopperire a una mancanza evidente a Roma dove, a fronte di un grande numero di residenze per artisti stranieri, erano rare le possibilità per gli italiani. Abbiamo così creato una via alternativa a quella istituzionale per incentivare i contatti tra i giovani artisti e il sistema dell’arte contemporanea, che si è poi rivelato apripista di altre esperienze analoghe.
CINTA – Centro Italiano Nuove Tecnologie e Arte, è stato un progetto pilota nato nel 2014 e realizzato in collaborazione con la Regione Lazio. Si è aperto con All is New in Art, un ciclo di otto lezioni indirizzate a studenti universitari, a neolaureati, e a tutti coloro che intendevano ampliare la propria formazione. Sono state affrontate diverse aree tematiche in rapporto alle nuove tecnologie (fotografia, formazione, architettura, arte, comunicazione, design, fundraising culturale e impresa creativa) con l’obiettivo di costruire un contesto strutturato che possa crescere negli anni e divenire un fertile terreno di sperimentazione.
Uno degli obiettivi principali della mia direzione artistica è stato quello di creare partnership con enti, istituzioni pubbliche e private romane ed internazionali, allo scopo di mettere a sistema forze culturali e economiche, per lo sviluppo e la diffusione dell’arte. Oltre ai nostri partner storici come Civita, le Fondazioni Peretti, Roma Capitale, per il 2014 abbiamo avviato un’importante collaborazione con l‘Istituto Polacco di Roma con un progetto dal titolo In Polonia, cioè dove?. Inoltre, sempre nella convinzione che per la crescita culturale sia fondamentale il confronto e lo scambio di esperienze, la Fondazione è impegnata nella realizzazione di progetti europei, come quello appena concluso: Up Skilling Cultural Managers: Matching Skills Needs by Improving Vocational Training, co-finanziato dall’Agenzia Nazionale Lifelong Learning Programme, sottoprogramma Leonardo Partnerships, ha approfondito il tema delle competenze chiave per gli operatori del settore creativo e culturale.
Che programmi ci sono per il futuro?
Sicuramente c’è l’intenzione di continuare a guardare fuori, ritengo che i fondi messi a disposizione dall’Unione Europea siano una grande opportunità per affrontare in modo strategico questo periodo di crisi economica e fare dell’impresa culturale uno strumento di crescita. Per quest’anno, fino a metà del 2016, ci stiamo concentrando sulle celebrazioni dei 10 anni di attività della Fondazione e dei 110 anni dalla costruzione del Pastificio Cerere. Da febbraio si è aperto il ciclo di sei mostre che intende celebrare la ricchezza del patrimonio culturale di questo luogo attraverso il lavoro degli artisti del Gruppo di San Lorenzo che lo hanno reso celebre: Bruno Ceccobelli, Gianni Dessì, Giuseppe Gallo, Nunzio, Pizzi Cannella, Marco Tirelli. Attualmente è in corso – fino al 7 gennaio 2016 – la mostra collettiva 519 + 40 ideata da Nunzio che, nello spirito di condivisione che lo caratterizza da sempre, ha scelto di presentare il suo lavoro insieme a quello di alcuni artisti amici con i quali ha collaborato nel corso degli anni: José Angelino, Micol Assaël, Elisabetta Benassi, Fabio Di Camillo, Francesco Landolfi, NPN, Jorge Peris, Calixto Ramirez, Manuela Savioli, Carmine Tornincasa, Adrian Tranquilli e Francesco Stocchi, che presenterà un racconto inedito.
Inoltre, sempre in occasione del decennale, stiamo lavorando ad un volume in cui saranno raccolte le testimonianze di artisti, critici e intellettuali che hanno vissuto e attraversato in qualche modo il Palazzo e hanno visto cambiare con il passar degli anni il volto del quartiere San Lorenzo. Il libro – realizzato anche grazie alla campagna di crowdfunding “6 dei nostri” – uscirà nella seconda metà del 2016 e resterà come testimonianza e racconto corale di un periodo storico unico che è appartenuto e appartiene tanto ai suoi diretti protagonisti che alla memoria di una intera società.Sempre all’interno delle celebrazioni, abbiamo promosso il progetto Where Is Dawn Now?, ideato dall’artista Leonardo Petrucci e realizzato in collaborazione con Inaf-Iaps, Asi e Nasa: La sonda Dawn lanciata nello spazio dalla NASA ha agganciato l’orbita di Cerere proprio lo scorso marzo e in quella occasione, nella corte del Pastificio Cerere, è stata presentata la prima fotografia con la grande forma sferica del pianeta nano. Si tratta di un work in progress che ci accompagnerà per tutta la durata del ciclo dedicato agli storici residenti: seguendo l’esplorazione della sonda, la fotografia è stata aggiornata a luglio con un’immagine più vicina e dettagliata del corpo celeste e ne sarà presentata una terza a conclusione.
Nel 2016 realizzeremo una mostra dedicata al lavoro dell’artista catalano Robert Llimos, in collaborazione con la Fondazione Peretti. Sarà un’esposizione con doppia sede, una all’interno del Pastificio Cerere e l’altra nell’atelier dell’artista a Barcellona.
Il Pastificio si trova a San Lorenzo, luogo “atipico” per l’arte contemporanea che spesso gravita attorno al centro storico, che rapporto hai con questo quartiere?
L’ubicazione all’interno dell’ex Pastificio, uno spazio fortemente connotato dall’arte, ci rende un unicum a livello europeo. Inoltre, la sua vicinanza all’università favorisce un dialogo particolare con gli studenti che vivono il quartiere. Possiamo organizzare visite agli studi degli artisti, rispondendo alle numerose richieste di docenti, collezionisti, curatori, ma anche di un pubblico di non addetti. Infatti, stiamo continuando a lavorare sull’audience development nell’ottica di diversificare il più possibile la nostra offerta culturale tenendo conto del target che vive il quartiere. A tal proposito, lo scorso luglio, abbiamo presentato il progetto ideato dall’artista Gianni Politi, dal titolo I miei amici hanno più talento di me: una rassegna di quattro serate completamente dedicate all’interazione tra arte e musica attraverso una selezione eclettica dei più influenti giovani professionisti della scena contemporanea. Durante gli appuntamenti la Fondazione è stata eccezionalmente aperta fino alle ore 23.00 per accogliere anche il pubblico più inusuale.
Un bar e un ristorante che ti piace frequentare nel tempo libero?
Armando al Pantheon, per un’autentica cucina romana a due passi dal monumento dei monumenti e il Salotto Caronte, un locale vicino piazza Vittorio in cui godersi l’aperitivo dopo aver visitato le gallerie dellEsquilino.
Il museo di Roma che preferisci?
La Galleria Borghese.
Se potessi scegliere un luogo di Roma dove allestire una mostra, quale sceglieresti?
Il Colosseo, non fosse altro perché garantirebbe qualche milione di visitatori l’anno.