«Punk is whatever you make of it» diceva nei primi Ottanta un certo D. Boon. E pure in tempi recenti il suo sodale Mike Watt insisteva nel ricordarci come il punk fosse uno „state of mind“, e non un genere musicale. Non era affatto scontato che lo spirito dei Minutemen sopravvivesse agli anni e alle mode (e infatti altrove si è normalizzato), eppure è difficile non farselo venire in mente leggendo le parole che seguono di Occult Punk Gang. Un collettivo di ragazzi con base a Milano che da quasi tre anni, ma con una storia che in realtà arriva da più lontano, organizza a ritmo piuttosto serrato concerti dentro e fuori la città. Serate in cui la nostalgia lascia posto a qualcosa di decisamente vivo e, a suo modo, originale. Qualcosa che va a contribuire, con forza, a una „scena punk underground“ tutt’altro che morta. Stage diving, il mantra del „Do It Yourself“ ma pure una ricerca di contaminazione, nei suoni e nelle collaborazioni. L’esempio perfetto di questa attitudine è la seconda edizione di Comunione Occulta, mini festival realizzato insieme a due realtà attive e importanti del sottosuolo milanese, Communion e TRoK!. Occasione perfetta per far parlare il Collettivo della propria storia, di Milano, dell’importanza delle collaborazioni e di come trovare il punk anche quando non c’è il „tupatupa“.
ZERO: Cominciamo dalle presentazioni: quando e come nasce Occult Punk Gang e chi ne fa parte?
OCCULT PUNK GANG: OPG nasce nel 2015 dalle ceneri di un altro collettivo chiamato Ciao Proprio, con cui alcun* di noi organizzavano concerti la domenica pomeriggio al COA T28. Con l’aggiunta di varie persone abbiamo deciso di cambiare nome e diventare Occult Punk Gang. Non abbiamo mai smesso di espanderci e ora siamo circa una decina di persone più o meno tra i 20 e i 30 anni.
Quali sono stati gli obiettivi che vi siete dati fin dall’inizio o che hanno preso forma nel corso del tempo e qual è l’orizzonte sonoro di OPG?
Non facciamo tanto di più di quello che fa ogni collettivo di punk al mondo: cerchiamo di organizzare i concerti che vorremmo vedere e lo facciamo liberamente. Quando abbiamo deciso di “rinascere” come OPG ci siamo dat* delle linee guida: 1) organizzare in posti occupati; 2) invece di fare solo hardcore punk, abbracciare anche cose più sperimentali; 3) portare avanti anche altre pratiche DIY come stampare fanzine e cassette. L’orizzonte sonoro è tutto quello che ascoltiamo e che può rientrare in una dinamica DIY e di autogestione.
E infatti, come suoni le serate che organizzate sono sempre molto trasversali. Cosa significa essere „punk“ nel 2018 e cosa significa in particolare per voi questo termine così apparentemente netto e circoscritto nella percezione collettiva?
I tratti comuni sono la volontà di autodeterminazione, l’urgenza di fare cose con le proprie risorse, il disinteresse per aspetti come il profitto economico e la mercificazione dell’espressione. Di sicuro non ci interessa racchiudere il punk in confini di sonorità o tanto meno di identità. Ci piace pensare di aver fatto da ponte verso il punk per persone che magari non ci sarebbero arrivate in altro modo e, soprattutto, ci piace l’idea che Occult Punk Gang sia un’entità aperta e intersezionale. Ai concerti punk siamo tutt* un po’ casi umani e va bene così.
Un altro aspetto caratterizzante di OPG è il fatto di essere molto aperti alle collaborazioni – e Comunione Occulta ne è un esempio perfetto. In che ottica le cercate e in che modo sono importanti, che ruolo hanno rispetto all’attitudine e magari anche alla crescita del Collettivo?
Spesso capita per caso che due collettivi abbiano in programma concerti la stessa sera, quindi è naturale unire le forze organizzando una sola serata. Chiaramente è più interessante quando le collaborazioni avvengono con situazioni o collettivi più distanti da noi a livello di immaginario, perché il risultato è sempre inaspettato. Per esempio Comunione Occulta. I nostri amici di Communion hanno avuto l’idea di mettere insieme la nostra attitudine più casinara con la loro più viaggiona e mettere in piedi un festival trasversale. La prima edizione di questo “festival” – che come quasi tutte le cose che facciamo non ha data fissa e dipende dal nostro umore o dalle opportunità che si presentano – è stata a dicembre 2016: quella volta hanno suonato gruppi che andavano dall’hardcore agli esperimenti noise, passando per rock psichedelico, drone, post-punk e boh.
Quali sono le realtà e gli spazi con cui vi trovate di più a collaborare e quali sono i punti di contatto, gli aspetti che rendono possibile questo lavoro condiviso?
Come dicevamo prima, cerchiamo sempre di organizzare in posti occupati perché crediamo nel valore di questa pratica. Quindi in primis rivendichiamo questa unione tra punk e spazi occupati, che esiste fin dalla notte dei tempi. Poi, al di là di questo, siamo apert* anche a situazioni che non siano strettamente occupazioni, tanto lo spirito lo portiamo con noi. A volte basta un posto a caso, che abbia un impianto, e ci lasci organizzare il concerto esattamente come lo vogliamo. E che non rifiuti l’entrata a nessuno. E che non faccia pagare la birra dieci euro. I posti in cui abbiamo organizzato finora sono: COA T28, FOA Boccaccio, Villa Vegan Squat, Macao, Casa Occupata Gorizia, Cox18, Ri-Make, Spazio 20092, Cascina Torchiera e Ciclofficina Pontegiallo.
Dando uno sguardo alla Milano di oggi, come vi sembra la situazione in termini di collaborazioni? La spinta propulsiva a fare rete esiste ed è percepibile, o no?
Esistono vari sottoboschi, alla fine noi veniamo dal quello strano universo che è la “scena” punk e se siamo a fare questa intervista è perché ci è sempre piaciuto frequentare ambienti diversi e lasciarci contaminare. Crediamo che la voglia di fare rete esista, al di là di alcune ovvie incompatibilità di generi musicali, attitudini o pratiche. Lo dimostrano realtà come la nostra, ma anche gran pezzo di collaborazione che è stato, e continua a essere, ZUMA – tra le varie realtà coinvolte ci sono anche TRoK e Communion, due collettivi con cui abbiamo collaborato e collaboreremo in futuro. L’unica differenza davvero fondamentale, perlomeno a Milano, è tra chi ha deciso di fare questa cosa per lavoro e chi, come noi, lo fa solo per vedersi un concerto figo, dare spazi a chi non li ha, creare connessioni tra persone. Non giudichiamo chi ha preso la strada professionistica, sia chiaro, sono solo due approcci naturalmente diversi.
Consapevoli che il concetto di „punk“ non è inteso come suono specifico ma come attitudine e che tracciare i contorni di un „movimento“ è sempre molto difficile, quali sono i collettivi e le realtà che compongono la „scena punk“ contemporanea di Milano?
Premesso che è un casino, perché è tutto in costante movimento e perché a questo punto varrebbe la pena menzionare anche ogni singola band, individuo, etichetta, distro… Tentiamo un elenco dei collettivi di riferimento: Queens Of Chaos, Tuffobomba, Malami, la novità Giorni Neri, Knife Shows, Milano DIY, IntoTheWeek, Casa Del Disastro/Kalashnikov Collective, 666 Cult; poi ci sono gli altri collettivi che fanno cose meno tradizionalmente punk come sonorità, ma sono sempre DIY e attive nel nostro stesso circuito: 2nd Ground, Trok!, Communion, Cà Blasé, Piattaforma Fantastica… E probabilmente ci stiamo dimenticando qualcun*.
Per Occult Punk Gang che senso ha, oggi, l’espressione „Do It Yourself“?
Lo facciamo per necessità, e poi siamo troppo pigr* per non fare le cose da soli. Il DIY è fare quello che ti piace in prima persona. Oggi siamo abituat* a far fare le cose che ci piacciono – che sia un concerto, una bicicletta o un vestito – ad altr* e poi a comprarle per averle. Questo approccio da consumatore è sicuramente comodo, ma se ci pensi un po’ ti accorgi che è molto limitante e che ti mette in una pozione passiva e dipendente. Pensa alla musica, che è l’ambito che OPG approccia in modo DIY. È sicuramente facile pagare l’entrata per una serata o comprarti un disco per ascoltare la musica che ti piace. Così però rischi di perderti un sacco di cose belle: come chiamare a suonare quel gruppo bomba che piace a te e altre 10 persone e che nessun locale chiamerebbe, imparare a suonare uno strumento per fare quel particolare mix di generi che nessun gruppo fa, oppure semplicemente farti delle chiacchiere con band in tour che vengono dall’altra parte del mondo. Tutte cose che invece se approcci la musica da un punto di vista DIY finisci prima o poi per fare. Certo, è un bello sbatti.
Quali sono stati gli spazi e le realtà più importanti per la vostra formazione e che magari sono stati di esempio/ispirazione per Occult Punk Gang?
Essendo in tant* con esperienze diverse sono molti gli spazi e le situazioni che ci hanno influenzato. Sicuramente sono state importanti per molti di noi le esperienze di certe situazioni antagoniste radicali a Milano, che ci hanno influenzato anche nel modo di concepire il nostro essere punk. Abbiamo visto concerti in tutta Italia, abbiamo frequentato posti occupati e vissuto in case occupate. Essere punk per noi non era solo ascoltare una certa musica o vestirci in un certo modo, ma vivere in maniera conflittuale la quotidianità. Invece per quanto riguarda l’aspetto prettamente organizzativo, non abbiamo inventato niente. Abbiamo fatto soltanto quello che ogni persona che abbia mai visto un paio di concerti DIY in vita sua è già in grado di fare.
Un episodio in particolare, facciamo pure un aneddoto, che ha avuto un impatto su quello che è oggi Occult Punk Gang?
GIACOMO STEFANINI: L’ultimo concerto di Ciao Proprio è stato quello dei Dawn Of Humans, il 2 giugno 2015 al COA T28. È stato anche il mio primo concerto da “milanese”, perché mi ero trasferito in città da pochi giorni. Il concerto fu strepitoso, la saletta del T28 era perfetta, la gente partecipava, sembrava la realizzazione di un sogno di quand’ero adolescente. Ricordo di aver chiesto a un’amica “chi organizza questi concerti a Milano?” e lei mi ha presentato Francesco Goats, tra i fondatori di Ciao Proprio e OPG. Ho fatto loro mille complimenti, per la giovane età e per l’ottimo gusto, e Francesco mi ha detto: “Eh, a dir la verità è l’ultimo che facciamo”. Ma si vede che l’ho convinto a proseguire, perché poco più tardi sono entrato a far parte di OPG.
Occult Punk Gang è un collettivo itinerante. È una scelta o una necessità?
La risposta breve è che è una necessità, per il numero e la natura dei concerti che facciamo – difficile per un posto solo prendersene carico. Ma la risposta lunga è che non ci siamo nemmeno mai posti il problema. Spostarsi di luogo in luogo è stimolante: cambia il pubblico, cambia l’atmosfera e si interagisce con più persone. Forse ci ripetiamo, ma la chiave di tutta questa cosa è che non stiamo facendo nulla di particolarmente complicato. Contattiamo i gruppi e facciamo il pellegrinaggio delle varie assemblee per vedere quale spazio vuole accoglierci, e poi ci presentiamo lì, di solito in ritardo, montiamo un impianto con mezzi di fortuna, i gruppi prestano tutta la strumentazione perché questo è il triste destino dei gruppi, e a fine serata speriamo di essere tutt* content*. Non ci serve un posto fisso per fare questa cosa, dovunque arrivi la linea notturna ATM (ma anche oltre) arriviamo anche noi.
In particolare, una problematica relativa alla musica a Milano che è emersa spesso nelle interviste passate è la mancanza di spazi. Spazi che magari si prendano certi rischi anche per ospitare musica più „laterale“, e da questo anche il motivo per cui varie rassegne sono itineranti per necessità e non per scelta. Voi come lo vedete questo aspetto?
Considera che la nostra esperienza si limita quasi solo alla realtà DIY/underground, quindi può darsi che ci sia un elefante in questa stanza che non vediamo. Ma non ci sembra che manchino gli spazi. Probabilmente grazie anche al costo basso di organizzazione delle nostre serate e al fatto che siamo in tant* e ci dividiamo gli sbatti, non abbiamo particolari problemi a trovare un posto che ci accolga. Ma, appunto, noi ci accontentiamo di una stanza con una presa di corrente funzionante. Se ci sono persone che fanno musica talmente assurda e inascoltabile da non riuscire a trovare uno spazio, beh, che ci contattino, probabilmente ci interessa.
Vi capita spesso di organizzare concerti fuori Milano, in particolare al Boccaccio. Che rapporto avete con la provincia e in che direzione va, che senso/valore ha questa scelta – o questa necessità?
Prima di tutto c’è da dire che tra Monza e Milano ci sono dieci minuti di treno. In realtà solo poch* di noi sono originari di Milano. Veniamo da Brianza, Pordenone, Vittorio Veneto, provincia di Mantova, Benevento, Venezia, hinterland milanese, Ancona. In genere chi è di Milano tende a non spostarsi molto dalla città, ma un posto come il Boccaccio è in grado di far muovere il culo anche a loro. Si tratta di uno dei posti occupati più importanti e attivi della zona, e alcuni di noi fanno parte del collettivo Tarantula che ha base lì. Quindi di sicuro il legame è forte, ed è uno dei posti in cui ci sentiamo più a nostro agio. Per capire perché, ti consigliamo di venire una volta al baretto.
Com’è il pubblico che frequenta le serate di Occult Punk Gang?
È difficile dire com’è il pubblico, perché cambia a seconda del tipo di concerto e del posto. Ma di una cosa siamo sicur*: il pubblico dei concerti OPG non ha paura di essere calpestato da qualche energumeno, né menato da qualche esaltato, né discriminato in alcun modo.
C’è stata una serata in particolare che avete organizzato finora che è stata determinante per la crescita del Collettivo, diciamo un momento di svolta in cui avete capito che la direzione era quella “giusta”?
In realtà a prescindere da noi c’è una scena punk molto viva e partecipata a Milano. Sempre un sacco di partecipazione, almeno due o tre concerti a settimana e sempre un bel clima amichevole. Potremmo dire che gli Occult Punk Tuesdays di giugno scorso sono stati il momento in cui ci siamo sentit* un po’ figh*: per tre settimane, ogni martedì, abbiamo ospitato alcuni dei nostri gruppi preferiti in tre diversi Centri Sociali, con grandi risultati. Ma in mezzo a quei martedì ci sono state anche le 5 Giornate DIY di Milano, a cui noi non abbiamo partecipato in maniera ufficiale, ma che sono un’altra prova che, appunto, non siamo certo gli/le unic* sulla scena.
Ci sono degli “appuntamenti fissi” che avete durante l’anno? Ad esempio Allucinazione Metropolitana…
Non abbiamo appuntamenti fissi, tutto viene deciso e organizzato con il minore sforzo e la minore disciplina possibili.
Forse un po‘ suggestionata dall’estetica e da certo passato punk vi chiedo: come viaggia la vostra comunicazione? Fondamentalmente attraverso i social network o avete altri canali „alternativi“?
Usiamo perlopiù i social network, ma quando non siamo troppo pigr* l’attacchinaggio è ancora una delle nostre cose preferite. A parte quello e a parte vendere un po’ di cose autoprodotte (fanzine, cose serigrafate, spillette) ai concerti nostri e di altri, non ci preoccupiamo molto della comunicazione. Fortunatamente chi va ai concerti punk è abituato a cercare le cose attivamente.
Quello della creatività è un aspetto a cui fate caso, che ritenete caratterizzante del Collettivo?
Tra di noi ci sono musiciste, grafici, illustratori, performer, videomaker e scrittrici, ma non nel senso che facciamo queste cose per lavoro. Quindi sì, è un gruppo di gente abbastanza creativa, ma non crediamo sia una componente caratterizzante del Collettivo, chiunque si occupi di DIY a tempo semi-pieno lo fa per creatività, no? A meno che non sia una cosa di controllo, organizzazione, disciplina. Non conosciamo nessuno che usi quelle parole senza fare le virgolette con le dita però.
Raccontateci qualcosa di più su Comunione Occulta, come è nata e cosa ci aspetta musicalmente per questa seconda edizione.
La spinta dietro le due comunioni occulte, quella del 2016 e quella in arrivo, è sempre arrivata da Communion. Loro sono come una versione più efficiente di noi, solo che preferiscono la musica viaggiona. Siccome anche a noi ogni tanto non dispiace un viaggione, e a loro ogni tanto non dispiace fare stage diving, abbiamo deciso di unire le forze. Il risultato è stato delirante la prima volta, con i No Form che mettevano a ferro e fuoco Macao. Questa volta è stato difficile anche per noi “trovare il punk” dentro alla line up, pur avendo contribuito a delinearla. Nel senso che c’è il free jazz, c’è il blues di ispirazione sahariana, c’è il dub spappolato – non ci sarà „tupatupa“, non ci sarà l’approccio diretto e frontale a cui siamo abituati. Ma questo rende il tutto ancora più interessante. E poi siamo convint* che, finché ci siamo noi, il punk ci sia anche se non si sente.
Qualche anticipazione sulle serate future, magari su collaborazioni prossime venture e nomi che vi piacerebbe far suonare a Milano?
Pochi giorni dopo Comunione Occulta abbiamo queste due date: Duds + Eremo + Bengala Heavy Ensemble al FOA Boccaccio di Monza, in collaborazione con Into The Week e Vole + Ghettoblaster + Stasis + Long Gone a Villa Vegan. In arrivo: Warm Bodies (!!!), Sect Mark, Pure Ground e tanti altri da confermare. Sogni (ormai irrealizzabili): The Fall. Se qualcuno vuole parlarci o collaborare con noi non deve fare altro che venire a uno dei nostri concerti, siamo le persone strambe che stanno in cassa e non hanno mai il pennarello per segnare chi ha già pagato.
Cinque dischi „chiave“ per Occult Punk Gang, come suono ma anche come attitudine.
Consigliamo di ascoltare cinque volte Troops of Tomorrow degli Exploited.
FOTO DI NILUFAR YASEMIN KHADEMI, CHE RINGRAZIAMO
VIDEO DI URSSS (SANTI SUBITO!)