Dalla Romagna con furore, Mirco Mariani (classe ’69) vanta una carriera inconsueta e affascinante: batterista per diversi anni con Enrico Rava e Vinicio Capossela, collaboratore di musicisti quali Marc Ribot, Stefano Bollani, Gianluigi Trovesi, poi cantautore e curatore di un laboratorio studio di registrazione, Laboratorio Bologna Mellotron, dove conserva (e utilizza) meraviglie sonore elettroniche, analogiche e vintage. Una fissa, quella per gli strumenti dimenticati che nel 2010 ha dato vita al progetto Saluti da Saturno, una “Flexibile Orchestra da Pianobar Futuristico Elettromeccanico” intervallata da Extraliscio, altro progetto visionario con Moreno il Biondo nel quale i brani della tradizione romagnola vengono rivestiti con nuovi suoni e nuovi arrangiamenti.
Mercoledì 29 marzo porta al Museo della Storia di Bologna, in anteprima per ArtRockMuseum, i brani del quarto album di Saluti da Saturno, in uscita nei prossimi mesi.
Dove e quando sei nato?
Tantissimi anni fa in un paesello di appennino di un pianeta di cui ora
non ricordo il nome.
Perché vivi a Bologna?
Dal ’91 vivo a Bologna per motivi di praticità sentimentale.
Cosa ti ha portato su Saturno?
Ah ecco! Il pianeta si chiamava Saturno…mi è tornato in mente il nome!
Mi ci ha portato la musica perché si diceva che si poteva praticare musica
libera ed erano accettati tutti i tipi di strumenti musicali, anche quelli più strani e rari.
Quando e perché ti sei avvicinato alla musica? E, soprattuto, lei come ha reagito?
Mi sono avvicinato alla musica con il contrabbasso facendo le mie prime
apparizioni nel mondo della classica, ma lei reagì davvero male perché si
accorse che non ero capace a ripetere la stessa cosa uguale per più di una
volta. E questo non è bello! E allora ho pensato di passare alla batteria
suonando jazz per parecchi anni, ma questa è un’altra storia.
E il liscio che ruolo ha avuto nella tua vita?
Il liscio è per me importante sia per la storia, ma soprattutto per i
grandi musicisti che lo abitano.
Quando facevo la terza media feci il mio debutto suonando un’intera stagione
a Cesenatico al Green Park in un’orchestra dove il più giovane aveva circa
un’ottantina di anni e da lì ho capito subito la generosità e l’altruismo di un
vero musicista di liscio.
Ci racconti della tua incredibile collezione di tastiere? Che tipo di rapporto hai con loro? E ce n’è una che ti piacerebbe portare a letto?
Diciamo che a letto preferirei portare la Celesta anziché il Mellotron per
ovvie ragioni. I miei primi strumenti li raccolsi proprio da quella prima
esperienza al Green Park dove i musicisti di cui sopra sfoggiavano senza
vergogna dei cassoni di strumenti che mi parevano sculture meravigliose.
Avevano tutte un profumo particolare, chi di cantina chi di legno stagionato e
da lì è iniziata la mia passione per gli strumenti ingombranti ma dal grande
suono.
So che sei molto legato anche a vecchi strumenti dimenticati…
Io adoro gli strumenti limitati, quelli che obbligano a un rapporto
sincero e profondo. Perché uno strumento che fa troppe cose non ti pone un
limite.
Sei anche uno che „collabora“ un sacco, hai suonato con centinaia di musicisti…
La musica è condivisione, è orchestra, spettacolo, ma può essere anche un
pianoforte solo o anche una fragile Celesta sola; la musica è uno stato d’animo
e nel passare degli anni muterà sempre le tue vecchie intenzioni.
Della tua passata carriera da batterista, cosa ti porti dietro con più affetto e cosa con più ribrezzo?
Da bambino avrei percosso ogni tipo di oggetto e materiale, ho suonato a
lungo un piatto di un camion Iveco, pulegge di lavatrici, riempivo i tamburi
con ogni tipo di materiale possibile, tavolini, bidoni ecc…ma ora faccio
fatica a divertirmi seduto su quello strumento a lungo.
Come’è il tuo nuovo album e com’è arrivato?
È arrivato dopo una pausa di due anni e mezzo è dove per la prima volta
i miei strumenti si muovono con una consapevolezza maggiore; soprattutto mi sto
accorgendo proprio in questi giorni che siamo nel bel mezzo della registrazioni
della bellezza dei miei meravigliosi strumenti dai limiti infiniti.
Quando non suoni, cosa ti piace fare?
In questo periodo mi piace andare in giro per i boschi dell’appennino
romagnolo, sedermi sul ciglio del camino di una casa abbandonata e pensare a
tutte le storie che si sono perse, di gente che viveva a chilometri dalla
prima strada asfaltata.
Qual è il tuo posto preferito di Bologna? E qual è il piadinaro migliore della Romagna secondo te?
Il piadinaro migliore della Romagna è mia mamma
Il mio bar preferito di Bologna è il laboratorio di pianoforti del maestro
Idra Canzio, un luogo meraviglioso che andrebbe salvaguardato e fatto conoscere
a tutti i bambini delle scuole. Lì puoi vedere un vecchio pianoforte „logoro“
come dice spesso Idra smontato in mille pezzi, poi rimesso in piedi per tornare
come nuovo. Non è fantastico?!
Qual è la vera differenza tra Emilia e Romagna?
In Romagna c’è la piada, il pedalò il liscio e il patacca; in Emilia ho
trovato l’amore e la musica!