Monaco è una città estremamente benestante e lo si capisce a colpo d’occhio: strade pulite con pochissime tag sui muri, macchine di lusso e prezzi dei mezzi pubblici veramente costosi. Un gioiellino di città dove qualsiasi coppia che se lo possa permettere sognerebbe di crescere i propri figli. Sarà per questo che i giovani che ci vivono la raccontano come una “trappola piacevole” da cui è difficile andarsene dato il comfort e la funzionalità della città, e se a livello di scena e di nicchie la capitale tedesca vince in maniera unanime contro quella bavarese, gli artisti di Monaco considerano la loro città come abbastanza impegnativa e soddisfacente.
Pensavo mi sarei trasferito a Berlino, come tanti.
Di fatto a Monaco ne succedono di cose rilevanti per il mondo dell’arte, del clubbing e della musica sperimentale. Per dimostrarlo basta nominare un paio di luoghi iper rilevanti a livello internazionale, tra cui sicuramente va citato il Blitz, club fiore all’occhiello per il mondo della notte in Germania, che oltre ad essere situato nella hall del Deutsches Museum vanta un impianto Void in quadrifonia all’interno di una stanza progettata e trattata da un team di ingegneri audio, architetti e falegnami, per massimizzare l’esperienza d’ascolto raggiungendo livelli da audiofilo – leggere per credere, NdR. Altro luogo che non può non essere menzionato è l’Haus der Kunst, museo punto di riferimento per il mondo dell’arte curato da un italiano di nostra conoscenza, Andrea Lissoni, con una programmazione all’interno della quale trovare esibizioni di artisti del livello di Meredith Monk e Martino Gamper, ma anche diverse installazioni e performance dal mondo dell’elettronica d’avanguardia di artisti come Lamin Fofana e Crystallmess. È in entrambe le location appena citate che l’intervistato di questa puntata di Urban Talks, Jonas Yamer, ha avuto la possibilità di diffondere frequenze sonore come DJ e bassista. Lo abbiamo conosciuto di persona la Domenica del Hyperlocal Festival 2023 come parte del trio Carl Gari, e poco più di un mese fa lo abbiamo incontrato proprio a Monaco nel suo home studio situato nel quartiere di Giesing, zona residenziale dove Jonas è un “alieno” rispetto al resto degli abitanti, significativamente più anziani; è qui che con software e hardware Jonas potrebbe lavorare una soundtrack per un filmato, a una produzione di una traccia dance pronta ad essere spinta sul primo dancefloor utile o alla prossima uscita di Molten Moods, etichetta che gestisce e che ha appena sfornato la sedicesima uscita il 10 novembre.
Tommaso Monteanni: Ciao Jonas come te la passi? Cosa stai combinando in questi tempi?
Jonas Yamer: Sto bene! Sono stato abbastanza impegnato: sto ancora studiando all’Accademia di Belle Arti di Monaco nella classe di Julian Rosefeldt. Abbiamo fatto una mostra collettiva alla Kunstarkaden, una galleria vicino a Marienplatz, dove ho esposto un lavoro video intitolato „How To“. Si tratta in pratica di un video su come fare una rapina in banca in cinque passi.
TM: Come ti è venuto in mente? Da cosa hai preso ispirazione?
JY: I colpi in banca mi affascinano per via di tutta la cultura pop, i film, le rapine; il crimine è di per sé affascinante. Ho avuto questa idea per un po‘, poi la nostra mostra collettiva si chiamava „Trouble„, quindi ho pensato „ok, ci sta bene“; inoltre, la galleria si trova in una strada chiamata Sparkassenstraße, una strada che prende il nome da una banca, e dall’altra parte della strada c’è la vera banca, la grande Sparkasse. L’opera si svolge in cinque fasi, mescolando umorismo nero e critica sociale. L’istruttore, una versione femminile dell’IA di me stesso, con il suo aspetto curato e i suoi lineamenti resi impeccabili, emana un’aria sofisticata, che ricorda una presentazione aziendale. Incarnando senza soluzione di continuità l’estetica elegante che potrebbe essere scaturita dal design di una banca, l’avatar IA si colloca nel contesto della logica criminale di una rapina in banca con assoluta sicurezza di sé. L’accostamento intenzionale mira a provocare un esame critico della razionalità fredda e disumana insita nel capitalismo. Riformulando la narrazione come un video motivazionale, l’avatar dell’IA suggerisce sottilmente che le banche, a loro modo, rubano al pubblico, posizionando così una rapina come una forma di punizione o di potenziamento. L’oratore mantiene un’attenzione costante ai tecnicismi, alle strategie e alle considerazioni pratiche, evitando deliberatamente le dimensioni etiche di tali attività criminali. Questa omissione intenzionale aumenta la provocatorietà del video, sfidando la bussola morale dello spettatore.
TM: Facciamo un veloce flashback su di te: sei originario di Würzburg, a un'ora da Francoforte; quando si è trasferito a Monaco? Avevi già deciso di intraprendere una carriera artistica prima di trasferirti qui?
JY: Mi sono trasferito 10 o 11 anni fa per studiare filosofia e credo che la decisione sia arrivata dopo aver completato gli studi: l’informazione personale più importante che sono riuscito a estrarre da tutta questa riflessione filosofica è stata capire quali sono i miei ideali nella vita, dove voglio andare e cosa è più importante per me, e ho scoperto che per me sono i valori estetici e il perseguimento delle arti. Ho ancora qualche dubbio – Ride, NdR. Dopo aver finito filosofia, ho sempre voluto trasferirmi a Berlino, come tanti, ma poi si sono formati i Carl Gari.
TM: Quando si è formata esattamente la band? Ci racconti la storia di come è successo?
JY: Ho conosciuto Till, il chitarrista, 10 anni fa quando mi sono trasferito qui. Volevo solo suonare in un gruppo qualsiasi, così ho guardato su una bacheca musicale su internet e c’era questa band indie che cercava un bassista. Non suonavo nemmeno il basso, suonavo solo la chitarra, e poi Till al telefono mi disse di non preoccuparmi, che le canzoni erano piuttosto facili da suonare. Abbiamo suonato per un anno e mi piacevano molto Till e il suo approccio musicale, ma non sopportavo la cantante, che cantava in inglese con un pessimo accento tedesco. Così abbiamo cacciato la cantante e il batterista. A un certo punto ho invitato alle nostre prove Jonas Friedlich, che avevo conosciuto nei rave di Monaco.
TM: Producete qui nel tuo studio o avete uno studio da qualche altra parte?
JY: Produco il mio materiale da solista qui e a Sendling abbiamo uno studio coi Carl Gari che usiamo per provare. È una zona simile a Giesing, dove siamo ora, ma viene considerato molto più „cool“ perché è per giovani e non è così costoso. Abbiamo anche un home studio nell’appartamento di Till, che vive a Maxvorstadt. È lì che si svolge tutta la produzione dei Carl Gari, dove ci sediamo per produrre e arrangiare la nostra musica. Abbiamo iniziato a incontrarci lì e non abbiamo mai smesso.
TM: Ti abbiamo conosciuto come bassista dei Carl Gari, ma hai anche un progetto solista, sei un DJ e sei a capo di Molten Moods, etichetta indipendente di musica elettronica dance oriented fondata nel 2013. Facendo delle ricerche ho trovato una vecchia intervista in cui dichiaravi di non volerti limitarer a un determinato genere, ma di voler produrre dischi coerenti a livello musicale e atmosferico. Ritieni che questi valori rappresentino ancora oggi l'etichetta?
JY: Penso assolutamente di sì. Ovviamente si può dire che ci sono alcuni generi… delle influenze. In ogni caso, al giorno d’oggi ci sono così tante etichette che hanno questo approccio di pubblicazioni seriali, in cui un disco suona come il precedente e anche il successivo lo farà. In un certo senso è un’idea molto capitalista di concepire la musica, l’idea di un prodotto che viene replicato in serie, quindi non ho mai voluto farlo. Penso che sia interessante se ogni uscita è a sé stante e, per esempio, in questa compilation ci sono molti pezzi di musica dance, ma c’è anche un pezzo degli Ark Noir, un gruppo jazz di Monaco.
TM: Non legandoti a un suono specifico e definito, quali caratteristiche definiscono "l'impronta digitale" di Molten Moods?
JY: In un certo senso è un progetto molto egoistico, perché nasce dai miei gusti musicali. Ad ogni modo credo che se si ascoltano tutte le uscite c’è sicuramente un legame, e molto si riduce alla musica elettronica che può essere funzionale, nel senso che può servire su un dancefloor, ma anche prodotta in un modo che non è tipico dei produttori di musica dance. Faccio sempre questa distinzione tra canzone e traccia: una canzone è qualcosa che è arrangiata in modo simile a una canzone pop, mentre una traccia è qualcosa che è molto loop e funzionale. Credo che la mia attenzione sia più rivolta alle canzoni, anche se si tratta di musica elettronica. Un’altra caratteristica che forse identifica l’etichetta è probabilmente l’approccio eclettico.
TM: Cosa ci puoi dire della scena locale? Pensi che Molten Moods appartenga a una certa scena o a corrente sonora?
JY: Credo che in un certo senso sia una sorta di riflessione, considerando che ho iniziato con artisti di Monaco e che ce ne sono ancora alcuni di grande talento. Sono stato anche decisamente influenzato dall’aver frequentato l’ambiente musicale qui, dal Rote Sonne e poi dall’esser diventato resident all‘MMA, e sicuramente da Ilian Tape, una grande influenza in primo luogo. In generale penso che Monaco non sia il posto migliore per grandi esplorazioni musicali, ci sono cose molto valide e artisti che hanno approcci avanguardistici, ma troppo poco purtroppo. Forse ha a che fare con lo spazio, dato che tutto è così costoso e non è possibile aprire uno spazio per la musica più sperimentale a meno che non si disponga di grandi finanziamenti. Ci sono alcuni club davvero validi e per esempio ora c’è Ritournelle, una serie di eventi nata circa 10 anni fa, che è stata un’altra grande influenza per me. Parlando di sound, credo che negli anni ’70 ci fosse un suono distintivo della musica disco di Monaco e non credo che oggi si possa trovare un sound che ci rappresenti in quel modo.
TM: L'ultima uscita, la sedicesima, è datata al 10 novembre. Tanti generi, tante influenze. Cosa ha guidato il processo di selezione degli artisti e dei brani, o delle canzoni come dicevi tu?
JY: Volevo che il focus fosse sulla techno, ma anche che si creasse un climax in cui c’è un inizio, uno sviluppo e una fine in cui si trova una brano con una cantante e un band jazz. L’ho fatto per avere un disco che si possa ascoltare anche a casa, non solo per il dancefloor.
TM: Non potevo non notare che avete incluso un nostro orgoglio dell'underground milanese, ovvero Nothus. Come vi siete incrociati? L'hai mai incontrato nella vita reale?
JY: Sì, certo! Conoscevo già XCPT – etichetta indipendente curata e gestita da Nothus, NdR -, sono un sia dell’etichetta che lui. Credo che ci siamo incontrati nel backstage del Blitz, e se non ricordo male l’ho seguito su Soundcloud poco dopo. L’ho contattato per questa compilation.
TM: Qualche data in arrivo o progetto su cui stai lavorando che vorresti condividere con noi?
JY: L’anno scorso ho realizzato la colonna sonora di un lungometraggio, un film argentino di fantascienza intitolato „JEIT„. Il film mi piace molto e sono molto contento che al momento sia stato presentato a diversi festival. Probabilmente uscirà l’anno prossimo. Ci ho lavorato in modo piuttosto concettuale: ho usato solo il basso modulare, la chitarra e la drum machine Pulsar, quindi alla fine solo apparecchiature analogiche. Mi piace molto questo modo di lavorare sulla musica, non avendo molto spazio per cambiare le cose dopo la fase di registrazione. Un altro progetto è una nuova band con Till, il chitarrista di Carl Gari, e Rosa Anschütz; Il gruppo si chiamerà Spoil e abbiamo già finito il primo disco. Uscirà su Molten Moods in primavera, probabilmente. Stiamo anche finendo un album di Carl Gari che uscirà anch’esso su Molten Moods, in un doppio vinile, speriamo in primavera. Abbiamo alcuni nuovi featuring davvero interessanti, uno dei quali è Dälek, un rapper di New York. Infine, abbiamo in cantiere un album completo con Carl Gari e Abdullah Miniawy.