Per me che sono bergamasca, la polenta è una questione seria. Consistenza, odore e sapore costruiscono un equilibro delicatissimo, insieme al modo in cui viene servita (dalle mie parti la si adagia su un tagliere di legno e si taglia con un filo di spago). Mi piange il cuore quando alle feste di paese mi offrono della polenta “concia”, buttata in piatti di plastica senza amore, un pappone unico che non si distingue dal suo condimento. Mi dicono che alla Sagra del polentone già dalle sei del mattino c’è un enorme paiolo a cuocere quintali di polenta, che viene spadellata alle quattro – dopo la sfilata che evoca le vicende del marchese generoso di turno –, accompagnata da frittata di cipolle e salsiccia, come da copione. Non so voi, io un salto lo faccio.
Laura Nozza