Nonostante Anton Newcombe abbia smesso da un pezzo di drogarsi duro, nonostante non scoppino più risse sopra e sotto il palco durante i loro live e nonostante la California non sia più lo scenario dove nascono i loro dischi, quello dei Brian Jonestown Massacre resta uno dei migliori concerti “rock’n’roll” a cui assistere nel 2018. Una di quelle performance con cui fare pace con il concetto di psichedelia, un credo senza dogmi ma con un visione lucidissima (!) che Newcombe professa fin da tempi non sospetti, quando voialtri dovevate ancora scoprire l’esistenza degli Spacemen 3 e Black Angels o Wooden Shjips frequentavano le high school.
Un’occasione ormai rara per ascoltare il fascino eterno di quattro chitarre coi controcazzi salire su un palco e suonare davvero, in sella a un rollercoaster senza tempo che dai sing along citazionisti di Stones e Beatles arriva a lunghe jam acide, lambendo i territori del garage anni 60, dello shoegaze, talvolta pure con incursioni nell’estremo Oriente. Se da quel lontano 1996 a oggi i Brian Jonestown Massacre non sono diventati la rock band “famosa” e maledetta che avrebbero potuto essere (chi ha detto Dandy Warhols?), è certo che ormai da anni siano sinonimo di un suono riconoscibile e copiatissimo dalle nuove generazioni – e pertanto all’iperattivo Newcombe perdoniamo pure qualche disco superfluo o ripetitivo. Dal vivo però non ci sono dubbi: un concerto che vale una trasferta anche solo per vedere Joel Gion che suona il tamburello con una strafottenza e uno stile da far invidia a intere generazioni di sbarbatelli inglesi.
Written by Chiara Colli