Eclettico, istrionico, imprevedibile, inarrivabile. La cosa più bella di Ricardo Villalobos è che con lui non si sa mai come andrà a finire. Troppo fatto, troppo euforico, sempre troppo posizionato negli estremi opposti – sia nel bene che nel male -, con il dj sudato dall’occhiale e dall’ondeggiare improbabile è una scommessa. Mai uguale a se stesso, quando lo sciamano tocca la consolle si deve essere pronti a partire per un viaggio inconsueto, il suo. Mix accennati e mai partiti, tracce che tiene su per 15 minuti, Ricardo gioca con il suo pubblico, lo sfianca, lo esalta, in una partita che è più simile a una caccia tra gazzella e leone in una savana mentale.
La ami o la odi questa vecchia volpe cilena, privilegio riconosciuto solo ai più grandi, categoria che si è ampiamente meritato in venti anni di alti ma anche di bassi. Il mio personal Jesus l’ultima volta è arrivato al Kappa FuturFestival con il padre più esaltato di lui (dicono fonti certe), ed è partito con un pezzo di Enzo Avitabile. In quel caldissimo e afoso pomeriggio di luglio, in una sauna umana e in adorazione, mi sono girata, ho guardato il mio amico, e ci siamo detti: “Lui è il motivo per cui tutti noi continuiamo a ballare”. C’è poco da fare: la cosa più bella di Ricardo Villalobos è Ricardo Villalobos. Per i 25 anni dei Magazzini, torna il mattatore.
Written by Lady D.