Che Lazza fosse bravo l’avevo già capito ascoltando l’album d’esordio “Zzala”. A dirla tutta l’ho capito definitivamente col “Machete Mixtape vol. 4” dove, sentendolo (t)rappare in più di una traccia col virtuosistico Salmo, mi sono reso conto che in più frangenti il flow dei due fosse equiparabile – cosa non da poco. Che poi il virtuosismo di Lazza non si fermasse alle barre ma arrivasse al pianoforte a coda, sinceramente non me lo sarei aspettato.
Non è che pensi che un trapper non possa aver studiato al Conservatorio G. Verdi di Milano (suona molto come un «non sono razzista ma», lo so), ma dalla scanzonata tamarria di “Lario” agli arrangiamenti di “Piano Solo” c’è un abisso, di eclettismo, che apprezzo veramente tanto. Come apprezzo la tenerezza di portarsi sul palco il professore del Conservatorio per l’accompagnamento al pianoforte. L’abito non fa il monaco, oggi più che mai.
Written by Andrea Pagano