Qualche anno fa la casa editrice Marcos y Marcos ha mandato in stampa un prezioso libro con cinquanta parole impossibili da tradurre. Ci si poteva perdere dentro quelle pagine e poter scoprire che i giapponesi hanno una parola per descrivere la pila di libri non ancora letti riposti sul comodino, che gli svedesi hanno una parola precisa per definire la terza tazza di caffè. Le lingue sono mondi in continuo movimento: cerchiamo sempre il modo di farci capire e, a volte, quando ci sembra impossibile, lo inventiamo.

Deve essere successo anche a Taylor Kirk, leader della band canadese Timber Timbre, quando ha scelto il nome del progetto con l’idea di evocare il suono di un pezzo di legno che cade, sordo, nel bosco. Il tonfo del ceppo genera un movimento nella terra, che muove in modo impercettibile il muschio lì intorno in un propagare di suoni, piccoli e intensi. E la musica dei Timber Timbre, formazione in continua evoluzione che torna in Italia a due anni dall’ultimo album Loveage, suona proprio così: i richiami alla natura e alla sua potenza sono continui in un rimando di sonorità folk, blues ed elettroniche in equilibrio come gli strati di un terreno fertile.

In Hot Dreams disco del 2014, la voce di Kirk è ipnotica, il brano omonimo dell’album è una ballata viscerale e amara e le note seguono un loop leggermente inquietante ma struggente. Tutto è lo-fi, quasi artigianale perché il suono sia più autentico possibile. Ci si estranea da tutto ascoltando Timber Timbre, la solitudine si amplifica e la malinconia bussa, lacerante, alla porta. I brani della band sono anche molto cinematografici: Kirk ha spesso dichiarato di trarre ispirazione da registi come David Lynch o David Cronenberg. Effettivamente, la ‘signora del ceppo’ di Twin Peaks – non me ne voglia il genio di Badalamenti – sarebbe stata particolarmente valorizzata dalle note di Ask the community.

Vedere Timber Timbre dal vivo, allo Spazio Teatro 89, sarà quindi un’esperienza mistica e sensuale alla quale non saremo abituati: ci alzeremo in volo per poi cadere nuovamente a terra, tornare alla realtà delle cose, generando un rumore sordo, nel bosco.