Quando nel 2020 Nicola Lagioia pubblica La città dei vivi, dedicato al delitto romano del 2016 in cui perse la vita Luca Varani, il genere della cronaca narrativa – raccontata in prima persona – è già da tempo entrato a pieno titolo nella letteratura contemporanea. Da Truman Capote a Emmanuel Carrère, fino allo stesso Lagioia, molti autori hanno scelto di ricostruire casi di violenza estrema con precisione documentaria, spingendo l’indagine fin dentro gli inferi più oscuri della realtà e della mente umana. Ma è la partecipazione diretta degli scrittori – che raccolgono documenti, ascoltano testimonianze e arrivano talvolta a entrare in contatto con gli assassini – a rappresentare l’aspetto più perturbante e affascinante di questa forma di narrazione.
È proprio da questa materia che Ivonne Capece, direttrice del Teatro Fontana di Milano, trae ispirazione per portare in scena La città dei vivi, con un cast d’eccezione presente sia in video sia dal vivo. La regista ricrea la moltitudine di sguardi, parole e verità che emergono da ogni caso di cronaca nera, trasformandoli in un intreccio di prospettive che si sfiorano e si contraddicono. Ma cosa può la finzione teatrale togliere o aggiungere a tutto questo? Quale lato inaspettato può rivelare la trasposizione scenica quando si confronta con un evento così minuziosamente documentato dalla realtà e dai giornali? Al centro, tra i fatti, nel vortice dei documenti, forse, grazie alla macchina teatrale, potrà emergere un’estrema e spiazzante umanità.
Written by Francesca Rigato