Durante l’ultima, mirabolante edizione di MiArt, che per qualità e diffusione degli eventi in città ha quasi mortificato il Salone del Mobile, si è parlato molto della mostra della galleria Zero…, Imitatio Christie’s II (partoftheprocess7), che aveva portato artisti come Agnetti, Micol Assaël, Gabellone, Nate Young, Eva Marisaldi, Renzo Martens e altri nel cantiere di un bellissimo palazzo liberty in corso di restauro: il Futurdome di via Paisiello. Proprietà e creatura dell’Isisuf, l’Istituto Internazionale di Studi sul Futurismo fondato nel 1960, questo palazzo che ha ospitato le riunioni degli ultimi futuristi versava in uno stato di progressiva decadenza fino al momento in cui i piani di restituirlo a nuova vita non sono divenuti realtà. I suoi spazi, recuperati con una ricerca scrupolosa dei materiali e dei decori originari, si sono trasformati in nuove abitazioni ma anche in futuri luoghi d’arte: e in questa fase di transizione tra le ultime fasi del cantiere e il ritorno a una dimensione privata, sono accessibili al pubblico grazie a una seconda mostra a cura di Ginevra Bria, The Habit of A Foreign Sky.
Questa intellettuale vulcanica, membro a sua volta dell’Isisuf, ha assegnato agli artisti invitati – Enrico Boccioletti, Guglielmo Castelli, Alessandro di Pietro, Michele Gabriele, Diego Miguel Mirabella, Giovanni Oberti, Ornaghi & Prestinari, Valentina Perazzini e Jonathan Vivacqua – un appartamento a rustico ciascuno per la mostra, offrendogli anche la possibilità di una residenza di medio periodo. Pur essendo molto noti nei circuiti artistici milanesi, infatti, questi artisti hanno tutti in comune oltre all’età – trent’anni circa, con lievi sfumature – il nomadismo, o meglio la vocazione necessaria all’altrove. Hanno tutti esposto in gallerie o spazi importanti – all’estero. Diego Miguel Mirabella ne ha aperto uno a Londra, insieme a Michela De Mattei, Limone. Ed è quindi in questa prospettiva positivamente alienata, perturbata, e filtrata dai non rassicuranti versi di una poesia di Emily Dickinson, che la mostra intende guardare alla domesticità, ben lontana dalle declinazioni modaiole da Salone.
Written by Lucia Tozzi