Allarme, gli Stregoni arrivano a Milano. È il momento della paura, secondo gli osservatori loquaci, quelli per cui la migrazione è il nuovo argomento unico, quelli che non ci saranno, per fortuna. Ci saranno invece due musicisti attenti, di cui non stiamo a fare il nome, tanto non si parla di loro due, ma degli Stregoni. Al posto dell’opinione, i due iniziatori hanno messo l’azione: l’esplorazione, avventurandosi in un mondo di occhi e orecchie. Si potrebbe ricorrere a luoghi comuni tipo la musica come “linguaggio universale”, se non fosse che i luoghi attraversati qui sono tutto fuorché comuni, sono i centri di accoglienza d’Italia e d’Europa che si trasformano in straordinari collettori di storie. Il mettersi in cerchio a suonare insieme è lo strumento usato dagli Stregoni per far sì che queste storie si incontrino, si contaminino e ne generino di nuove. Lo sforzo sta nell’ascoltarle, e nell’ascoltarsi fra tutti. Sembra un affare da poco, ma nell’epoca dei Minniti, quando i migranti sono visti e trattati come merce di importazione, è un tabù rotto come uno specchio: è lo scandaloso riconoscimento della volontà, del coraggio e finanche degli errori che sottendono queste storie. Ora arrivano a Milano, città di passaggio e di attese per treni che non partono mai, dunque terreno di scambi. Due indicazioni: aprire le sinapsi, oltre che le orecchie. E lasciare i documenti a casa, che non sai mai che il Comune mandi tre camionette per la solita “identificazione”. D’altronde c’è da aver paura, gli Stregoni arrivano a Milano.
Written by Filip J Cauz