Sono sempre scettica sui ristoranti d’intrattenimento, categoria alla quale può senza ombra di dubbio essere ascritto Saigon. Cucina vietnamita in via Archimede, quota asiatica nel parco macchine dell’imprenditore social Luca Guelfi, quello di Shimokita, Canteen, and so on, per citarne alcuni. Saigon apre e fa subito boom, complice un ufficio stampa ben radicato sul territorio e in quel mondo che mi rende scettica. Starlette, fighe d’assalto, bocche a culo di gallina, calciatori e calciatorini, wannabe influencer e manicure laccate. Per mangiarci non si trova mai posto a meno che non si prenoti con largo anticipo, 100 coperti che vanno a ruba come il pane. Il locale così osannato anche dal punto di vista estetico, non si mostra immediatamente nei suoi dettagli più studiati a causa dell’assemblaggio furioso di tavoli. Comodo però per il lungo catwalk che si può fare verso il bagno per farsi vedere dal resto della sala. Musica elettronica in sottofondo costante, a volte rende difficile la conversazione con gli altri commensali. Ma chi se ne frega tanto ormai siamo tutti su Instagram, chi parla più.
Il cibo e il servizio non sono male: veloci, cordiali, nonostante il gran numero di persone da soddisfare alla volta. Il menù propone piatti tipici vietnamiti e dintorni: involtini, ravioli, tempura, pollo al curry, tonno in tutte le salse, noodles. Da Saigon il cibo è buono, sia ben chiaro, ma il prezzo è palesemenete sperequato per materie prime e preparazioni. Potrò mai pagare un pollo al curry 22 € o un cubo di tonno 38 €? Neanche se me lo pescate davanti. A mani nude. D’inverno.