Parcheggio la mia auto proprio sotto il Bosco Verticale, sicuramente in un luogo non autorizzato ma me ne frego, alle mie spalle la torre Unicredit. Mi guardo rapidamente intorno, il colpo d’occhio è dei migliori e le luci della città per un attimo mi fanno pensare di essere a Berlino tra cantieri, campi di grano, gente che corre forse sponsorizzata dalla Nike e mastodontici palazzi. Il Gorille si trova proprio in mezzo a questo turbinio di luci, nel quartiere della ripartenza milanese, un po’ The Truman Show un po’ vera capitale europea, in via De Castillia. Mi dicono che un tempo qui sembrava veramente di essere a Berlino, quella più spinta però, tra circoli LGBT e “amori” che sparivano alle prime luci dell’alba. Poco o nulla rimane di questo passato prossimo hardcore… aimè la gentrificazione! Pensieri che svaniscono appena mi trovo di fronte l’ingresso di questo nuovo caffè bistrot dove fermarsi in qualsiasi momento della giornata, dalla colazione fino a tarda sera. Curioso ritrovare in mezzo a tanti giganti una piccola casa di ringhiera milanese di fine 800, ancora più esaltante vedere che gli interni mantengono parte della struttura originale come i muri e gli archi in mattoncini del 1882 e parte della pavimentazione che fu in mattonelle a motivi geometrici. La cucina, come moda impone, è a vista e separata da un vetro, l’arredamento è d’ispirazione industrial con sedie rubate alla più vicina scuola elementare e lampadine che scendono su filamenti d’acciaio. L’accoglienza è cortese, simpatica e molto affabile, Emanuele – il proprietario – ci fa accomodare e iniziamo il nostro aperitivo. Proviamo tre diversi cocktail: il primo con gin, sedano pestato, Amaro Averna, lime e zucchero di canna; il secondo con Rabarbaro Zucca, Vermouth rosso e birra Poretti e per finire il terzo con prosecco, bitter Campari e (una scoperta) D’Uva Merlot. Inutile dirvi che dove c’è gin c’è speranza e infatti il primo è il nostro preferito: profumato, fresco e con quel tocco di acidità che contrasta la pastosità dell’Averna, è sicuramente il drink preparato con più cura e più complesso, anche se non mi è dispiaciuto il secondo a base di Poretti che mette d’accordo Milano e Torino in un bicchiere. Un locale informale in cui tornare, magari a colazione, ma tanto poi in un attimo si fa sempre l’ora di pranzo e quindi “la carta grazie!”.
Articolo di Martina Di Iorio