Alla Brisa e ci andiamo da molti anni perché, se sei in pieno centro, è l’alternativa chic alla Taverna Moriggi. La gestisce Toio, già proprietario dell’Osteria San Vittore (che in un tempo molto lontano era gestita da Duilio Loi, leggenda del pugilato italiano). Tra queste mura circolano tantissime storie, a partire da una mia vecchia recensione su Zero (sono passati, forse, diciott’anni) in cui parlavamo di Jacques Brel, di Rossana Casale, di Serge Gainsbourg e facevamo persino un quiz ai lettori. Ci vengo spesso con amici del mondo della classica, non ultimo Michael Nyman (minimalista in musica ma del tutto opposto quando si tratta di ordinare): vuole venirci tutte le sere che sta a Milano. Ottimo in tutte le stagioni, lo preferiamo d’inverno per il menu e d’estate per l’ottimo giardino, silenziosissimo, con una bellissima magnolia e l’edera che risale su un bel muro di mattoni che trasuda Milano da tutti i giunti.
Fin dai vecchi tempi Toio ha coinvolto cuochi francesi, il primo si è ora trasferito in Egitto ma la cucina continua ad avere l’impostazione di sempre. Le specialità di un tempo non sono cambiate: carpaccio di fegato di vitello con ciliegie marinate, taccole e barbabietola, uovo in camicia con latte di mandorle, asparagi, tartufo nero e mandorle tostate e foie gras d’anatra in torcione, chutney di mele verdi, pan brioche.
La carta dei vini è sempre piuttosto ricca. Ci buttiamo su un buon Morellino ma avremmo potuto chiedere di più. Aspettando i primi ci facciamo un giretto in sala a far due chiacchiere con Toio e per avere notizie di suo padre, Vincenzo Facciolo, 85 anni, il leggendario e più longevo disegnatore vivente di Diabolik, testimone dell’epopea delle sorelle Giussani. “Papà è al mare, ma freme per tornare e disegnare il prossimo albo”. C’è una bellissima strip in china e poi due disegni colorati. Eva Kant ci osserva col suo sguardo misterioso. È bello sapere che Diabolik è stato modellato su Robert Taylor ma anche un po’ sul profilo di Toio e che certe pose di Eva Kant sono quelle della mamma di Toio quando passa l’aspirapolvere (altro che cassaforte da scassinare).
Tra i primi, consigliamo tagliatelle integrali in insalata con cipolla marinata, melissa, bottarga e colatura di alici oppure gli agnolotti di farina integrale ripieni di baccalà, crema di basilico, patate e fagiolini. Solo piccoli assaggi: lasciamo spazio ai secondi immortali come il maialino da latte croccante, mostarda di mele e purea di carote all’arancia e al piccione intero al marsala con albicocche secche, asparagi e scalogno. Proviamo anche il polpo arrostito con ortaggi e salsa al mango, ottimo per l’estate. C’è sempre una giusta dose tra creatività ed equilibrio. Ingredienti sempre fantastici e grande cura per la presentazione. Peccato non ci sia più in lista il vitello tonnato, lo amavamo molto. Forse è solo la sera sbagliata. Il servizio è attento, l’atmosfera spinge alla chiacchiera: c’è un bel fresco e non è mai baccanoso. Il conto è robusto: antipasti € 14-26; primi 15-17; secondi 20-32; dolci 9-16.
Con il ghiaietto per terra, accanto a Berti, per noi è il top a Milano nelle sere di fine luglio. Ottimi dolci, soprattutto la pesca all’amaretto con gelato allo zabaglione e la granita al caffè con mousse di cioccolato e cremoso alla nocciola. Tra caffè e ammazzacaffè abbiamo fatto l’una di notte. Un grande classico. Mentre il locale si svuota, dietro al bancone e nel corridoio d’ingresso, guardiamo una serie di vecchie foto in bianco e nero di Giovanna Nuvoletti, figlia del famoso conte e amico di Mirko Stocchetto del Bar Basso. Milano ore 13. Raccontano le persone in città durante la pausa pranzo. Devono essere degli anni Settanta. In effetti alla Brisa si può venire anche a mezzogiorno. Perché Milano, sempre laboriosa, sa sempre come godersi un momento di tranquillità.
Corrado Beldì