Casa loro, casa nostra. Ma la casa cos’è? È la grande questione al centro della seconda edizione di Atlas of Transitions, festival e progetto internazionale che indaga e stimola le trasformazioni culturali legate alle migrazioni. Nell’unico modo possibile: facendo incontrare le persone. Da una parte artisti, attivisti, uomini, donne e bambini provenienti da zone ad alto tasso di emigrazione, dall’altra gli abitanti di Bologna e chiunque abbia voglia di mettersi in relazione. Dall’1 al 10 marzo, sotto la curatela artistica di Piersandra Di Matteo, la nozione di casa (HOME) sarà, quindi, riconcettualizzata attraverso performance, concerti, film, incontri e workshop che mirano a sperimentare lo scambio e la condivisione delle esperienze per vedere l’effetto che fa.
Dieci giorni con una fitta programmazione che ruota attorno a due progetti cardine, entrambi a cura dall’artista e attivista cubana Tania Bruguera: una vera e propria scuola dell’integrazione (School of Integration) con dieci lezioni – una al giorno -, ognuna dedicata a una cultura diversa e condotta dai membri della relativa comunità straniera; e un referendum, sul modello di quello già presentato a New York, Toronto e San Francisco, che interroga sul quesito: “I confini uccidono. Dovremmo abolire i confini?”. Referendum che prevede anche un’affissione di poster di CHEAP sulle bacheche di via Irnerio, via dell’Abbadia e viale Ercolani.
Quartier generale di tutti gli eventi il DAMSLab di via Azzo Gardino.
Aspettando i risultati della campagna referendaria, sarà possibile interrogarsi sull’interconnessione tra cambiamenti climatici, migrazioni, lavoro e tecnologie con lo studioso americano Craig Calhoun (martedì 5 marzo, h 11), ragionare sulle possibili narrazioni alternative sulle migrazioni con la conferenza internazionale A World in Transition. In-between Performing Arts and Migration ( giovedì 7, dalle h 9.30 alle h 17.30), colmare il divario sul genere presente nelle voci di Wikipedia pubblicando online le voci di attiviste, artiste, filosofi, cantanti provenienti dai paesi non occidentali (venerdì 8 alle h 14.30), assaggiare drink e cucine dal mondo preparati da donne somale e colombiane (venerdì 8 alle h 20), prima di festeggiare (alle h 21.30) con la performer afrotrap Mariam Rouass, la graphic designer e handlettering artist Ferdaous Harfi, sperimentatrice di intrecci tra calligrafia araba e italiana, la fashion blogger Wissal Elloubab, interessata a estendere l’attenzione sulla tradizione del velo nella cultura musulmana e la giovanissima cantante afroitaliana e ecofemminista Mary Martins.
Molte anche le perfomance: sabato 2 marzo alle h 21.30 Nadia Beugré / Latitudes Prod della Costa d’Avorio presenta Quartiers Libres, spettacolo che – evocando la guerra civile del suo paese – analizza spazi-tabù dove si negoziano forme di espressione e sottomissione; domenica 3 marzo alle h 17 la coreografa, cantante e autrice ruandese Dorotheé Munyaneza e la Compagnie Kadidi presentano a Teatri di Vita Samedi Détente che ripercorre la vicenda del genocidio che ha devastato il Ruanda, quando lei era ancora bambina; venerdì 8 alle h 20.30 Fatoumata Bagayoko/Compagnie Jiriladon, proveniente dal Mali, porta Fatou t’as tout fait, che affronta il tema della sua mutilazione genitale; sabato 9 alle h 21 al Teatro San Martino Il negro del Narciso di Cantieri Meticci, liberamente tratto dal racconto omonimo di Joseph Conrad.
E, ancora, una selezione di film sulle culture “altre” scelti dalla Cineteca, il primo episodio di una serie filmica di ZimmerFrei su alcuni giovanissimi migranti che vivono a Bologna, i laboratori per minori stranieri non accompagnati in residenza all’Hub Merlani e al Villaggio del Fanciullo di Bologna e quelli rivolti a ragazzi/e richiedenti asilo, ospiti dei centri SPRAR della città metropolitana di Bologna, che documenteranno le diverse attività producendo materiale per il canale Instagram del festival.