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Baccanale redazionale: cronaca di una degustazione di panettoni

Abbiamo convocato i panettoni più celebrati di Milano e li abbiamo messi alla prova. Ecco chi è degno delle vostre tavole.

Written by Ario Mezzolani il 4 December 2025
Aggiornato il 5 December 2025

Foto di Lucia Buricelli

Quest’anno noi di Zero abbiamo deciso di sporcarci le mani – uvetta, canditi, tutto. Abbiamo chiamato a raccolta alcune tra le migliori pasticcerie di Milano: portateci il vostro panettone, vediamo chi tiene davvero il colpo. Nessun critico inamidato, nessun gourmet in posa: solo noi e quel modo istintivo – quasi domestico – di giudicare i dolci come si fa in famiglia, quando un panettone arriva in soggiorno e tutti si stringono per vedere chi taglia la prima fetta.

Carichi di quella fame dissacrante da épater la bourgeoisie, ci siamo ritrovati attorno ai panettoni come fossero piccole divinità meneghine: ingombranti, profumate, pronte a essere sfidate. È stato un baccanale redazionale, una grande abbuffata, un rito collettivo in cui tradizione e appetito si mescolavano come in una domenica delle feste: discussioni, assaggi, contraddizioni, ricordi che riaffiorano senza invito.

E lì capiamo il senso del gioco: non decretare “il migliore”, come farebbe una guida gastronomica, ma capire chi muove qualcosa. Ogni taglio è un flashback: burro, infanzia, nonni, cene caotiche. Il panettone è questo: un oggetto che trasforma una stanza – redazione o salotto che sia – in un territorio comune, dove le differenze si sciolgono e tutti masticano allo stesso ritmo.

Un rito buffo, orgiastico – quasi una libagione –, milanesissimo. Qui sotto trovate la lista di ciò che abbiamo assaggiato. Noi abbiamo fatto il lavoro sporco, ora tocca a voi scegliere chi metterete al centro della tavola.

Una grande abbuffata, un rito collettivo: discussioni, assaggi, contraddizioni, ricordi che riaffiorano senza invito.

Adolfo Stefanelli
Adolfo Stefanelli non fa panettoni: fa liturgie. Regno dei lievitati old school che profumano di burro buono, uova vere e attese. La sua firma è chiara: impasti umidi, elastici, mai stucchevoli. Lievito madre in primo piano, vaniglia del Madagascar, canditi trattati come frutta e burro bretone che arriva al naso prima del primo taglio. La scarpatura è un rito: una croce, quattro lembi sollevati e un pezzetto di burro nascosto sotto ognuno, come un’ultima benedizione prima della cupola. Un panettone che non dice “Natale”: lo impone. 

Armani Gobino
Qua Gobino e Armani si incrociano e fanno scintille: packaging che sembra uscito da un baule da viaggio, ma dentro è tutta roba che abbiamo provato e che “parla chiaro”. Il panettone arriva in quattro mood: il classico preciso e pulito, il Tre Cioccolati che ti sbatte addosso crema e cacao senza vergogna, la limited con fondente e albicocca che ti piazza un colpo acido-dolce perfetto, e quello coperto di 63% Gobino che è praticamente uno snack di cioccolato travestito da panettone. 

Bu:r
Il Bu:rettone di Boer non è un panettone: è un flashback d’infanzia con cioccolato e caramello leggermente salato, e noi ne siamo rimasti intrappolati. La versione gourmet? Più intensa, più aggressiva, più irresistibile. Ogni morso è nostalgia, sorpresa e adrenalina insieme: ti sembra di riconoscere il sapore dei ricordi, ma con un twist che ti ricorda che siamo nel 2025, e il Natale può anche spiazzare.

CiaccoLab + Dry x CiaccoLab
Apri la scatola e ti arriva addosso quel profumo giallo, caldo, dello zafferano: non il solito “sentore”, proprio una botta. L’impasto è serio, ricco ma non pesante, e l’albicocca ci scivola dentro come se fosse sempre stata lì. È uno di quei panettoni che non fanno i carini: fanno i buoni. Disponibile anche una versione punk – che ovviamente abbiamo testato – ad alto tasso alcolico, quello di CiaccoLab ft. Dry Milano. Un panettone che stimola la salivazione con mine vere: burro di cocco, ananas candita, Rum Dominicano e cioccolato Tanzania di Marco Colzani.

Clivati 1969
Clivati è quella pasticceria che continua a fare panettoni come se Milano non fosse cambiata affatto.
Il tradizionale ha un impasto che non crolla nemmeno sotto interrogatorio, vaniglia del Madagascar che apre la strada e canditi trattati come frutta vera, non come riempitivo; l’uvetta è succosa, mai stanca. Le varianti non scherzano: 4 Cioccolati è un disco che picchia, Zafferano e Lamponi una deviazione poetica, Pistacchio e Bianco ti porta a casa anche se non volevi. Clivati fa il difficile sembrare semplice: tradizione senza essere vecchia.

CreDa
Natale da CreDa è casa, ma con più groove. Il panettone? “Mi Creda” — e sì, puoi crederci davvero. Panettone con amarene e crema pasticcera in barattolo da spalmare come se nessuno guardasse: Nord e Sud che fanno slow dance sotto le luci dell’albero. Credetemi, questo panettone è uno di quelli che “per me solo una fettina” e un momento dopo è sparito anche il coltello. Lo abbiamo divorato.

Cracco
Lo apri e – SBADABAM! – burro, vaniglia, arancia e cedro ti colpiscono subito. L’impasto è soffice ma strutturato, non uno di quei panettoni che si sciolgono in mano. Canditi sparsi al punto giusto, uvetta che non annoia, alveoli per-fet-ti. La latta è un gioiello da mostrare – non lo cedete alle vostre zie che è un attimo che ci mettono gli scampoli e i nastrini –, ma il vero lusso è il morso: bilanciato, elegante, senza fronzoli. Milano, Natale, Cracco – che volete di più? – : tutto insieme, in un solo boccone.

Davide Longoni
Panettone vero, da panificio: lo apri e senti subito la materia viva. La fetta è compatta ma morbida, quella roba che mordi e capisci che dietro c’è artigianalità, non marketing. La grafica di My Poster Sucks è Milano distillata: Duomo, Galleria, ritmo cittadino stampato addosso. Un panettone che fa il panettone, senza troppi giri e proprio per questo ci piace e funziona.

Eataly
Abbiamo messo le mani su due volti del Natale Eataly: il Classico, morbido e profumato, uvetta e arancia candita in equilibrio perfetto, e il Tre Cioccolati, dove fondente, latte e bianco litigano sul palato ma alla fine si abbracciano. Il primo è rassicurante, il secondo ti prende a pugni di dolcezza, ma entrambi hanno quel ritmo che ti spinge a un’altra fetta subito. Morbidezza, profumi, golosità calibrata: li abbiamo masticati, annusati, giudicati. Tavola delle feste? Sistemata.

Hotel Excelsior Gallia
Questo l’abbiamo quasi preso a pugni per capire cos’ha di diverso: albicocche Pellecchiella, mango semi-candito dall’India, burro DOP delle Ardenne, vaniglia da Tahiti e Madagascar. Impasto soffice, glassa alla mandorla, granella di zucchero: l’abbiamo tagliato, annusato, fatto girare tra noi e il suo profumo ci ha portati lontano. Un panettone che viaggia, e tu con lui, senza perdere la testa né la voglia di una fetta extra. Scrivo e mi torna l’acquolina, mannaggia.

Giacomo
Istituzione del mangiare bene milanese, tempio dei modaioli e dei cool kids, Giacomo è status e fa panettoni da tempo immemore per la buona borghesia meneghina. Il panettone classico cattura senza artifici: burro, uvetta, scorze d’agrumi, lievito madre – tutto al posto giusto. Sperimentazioni più ardite con la versione alla gianduia, un vero abbraccio goloso o la veneziana all’Albicocca: profumata, luminosa, appena acidula.

Horto
Mamma mia, cos’è questo panettone! Canditi, uvetta, profumi autentici: lo abbiamo assaggiato e capito subito, ogni morso è un piccolo colpo di poesia. Elegantissimo, chic, meticolosamente calibrato. A custodirlo, come un tesoro, una borsa in tessuti naturali ricamata a mano da Oriens, edizione limitata 350 pezzi. Lusso vero, raffinatezza, senza compromessi: se potete, concedetevelo.

Marlà
Marlà è la storia d’amore che ha preso forma in un panettone. Marco e Lavinia impastano tutto a mano, zero scorciatoie, solo materia prima che parla chiaro. Il loro lievitato è pulito, preciso, sentimentale senza essere zuccheroso: profumi netti, impasto che tiene, tecnica da premio ma cuore da laboratorio di quartiere. Tradizione e innovazione qui non bisticciano: flirtano. E ogni morso lo conferma. I Millennials capiranno: è proprio puccioso

Martesana x Moschino
Milano ce l’hanno nel DNA, non c’è niente da fare. Il Panettone Tradizionale è uno di quelli seri: profumi pieni, impasto elastico, canditi che non fanno i timidi, uvetta che lavora onesta. Uno di quei panettoni “milanesi veri”, niente giochi di prestigio, solo mestiere. Con Martesana fai felice la nonna, la mamma, la zia, e via discorrendo. Poi se vuoi flexare vai di Moschino x Martesana: glassa gold, nocciole croccanti, cappelliera dorata a pois neri. È moda è pasticceria e un po’ anche attitude — lo apri e capisci subito che non è nato per stare zitto.

Mignon
Panettone napoletano? Eresia? Macché, guagliò! Noi abbiamo azzannato quello all’Albicocca Pellecchiella che ti sbalza tra ricordi e glicemia. Qui il packaging dà il suo meglio con delle scatole pastello, versione fogli da colorare o tombola classica – per chi vuole gettare il Natale nel caos. Con lui mangi Napoli e poi muori.

PAN
PAN fa il PAN-dan col Natale e tira fuori il suo primo PAN-ettone: tradizione che vira a est con lo yuzu, l’agrume che ti dà una PAN-ciata di freschezza senza avvisare. La scatola è un PAN-demonio adorabile: croissant, currypan, matcha latte e baguette che fanno PAN-oramiche vacanze sulla neve in Giappone. Insomma, Milano chiama, PAN risponde PAN per focaccia.

Pavé
Parliamoci chiaro: il panettone di Pavé è sovversivo. Il tradizionale è il solito colpo sicuro, ma gli speciali sono quelli che ti fanno alzare il sopracciglio: fondente puro che spinge, albicocca–limone–Tonka che profuma come un laboratorio di stregoneria buono, Quattro Cioccolati che è un rodeo di cacao e il Caffè & Cioccolato Biondo che parte morbido e poi ti sveglia. Ineccepibile sinfonia di sapori.

Santambroeus
Basta già il nome per sentire il Natale sotto i denti. Il panettone di Santambroeus profuma di seta e pan brioche. Elegante senza sforzo, una nuvola di burro capace di sollevare gli animi anche di un Grinch. Santambroeus è una sicurezza: prende la tradizione, la pettina bene, le mette un boost di magia e te la restituisce senza sbavature. 

Scaringi
Scaringi annovera pasticcerie sparpagliate in tutta la città e non ha certo bisogno della nostra legittimazione. Tuttavia ci tengo a precisare che questo panettone è quello che si richiede ad un panettone. Il burro arrotonda la masticazione, l’uvetta è talmente sultanina che secondo me fa di nome fa Mohammend, e i canditi sono sapiente edulcorazione di scorze agrumate. Una ventata di oriente amalgamata in un sogno nordico e padano.

Tone
Qui il pane è viaggio, ricerca, testardaggine. La bakery che ha portato a Milano la fusione delle culture nei panificati esplode con un panettone crazy che mescola ricerca culinaria, artigianalità, biodiversità e contaminazione culturale. Ogni panettone racconta da dove viene e dove può andare. La scelta giusta per cercatori curiosi di prelibatezze sì-strane (piaciuto il neologismo?). 

Vergani
Vergani prende il panettone e lo fa esplodere. Il Dubai Style Chocolate è un mix folle di morbidezza e crunch: impasto lento, crema vellutata al pistacchio e pasta kataifi che scrocchia sotto i denti. Il Total Black invece è pura cattiveria al cioccolato: impasto al cacao, gocce fondenti, intensità calibrata per chi non vuole compromessi. La linea Arte e Pasticceria continua a cantare Milano: lievito madre fresco ogni giorno, ingredienti che non annoiano mai.

Marchesi
Marchesi quest’anno non fa solo panettoni: costruisce Milano in miniatura. Vetrine trasformate in casette di pan di zenzero, guglie, palazzi e dettagli fiabeschi, ma il vero colpo è il panettone meneghino al Grand Marnier: morbido, profumato, canditi perfetti e un twist alcolico che ti aiuta a digerire meglio il Natale coi parenti. Il panettone classico resta impeccabile, uvetta e canditi sparpagliati senza parsimonia, alla faccia di chi non li ama. A Milano il classico si fa così, senza possibilità di obiezione. 

Strucchi Vermouth & Bitter
Per gli irrecuperabili alcolisti: sappiate che il Natale incontra il Negroni con canditi il panettone al Bitter Rosso, con cuore al Vermouth Rosso, aromi agrumati e speziati che ti sparano dritto nel cocktail più iconico d’Italia. Lievito madre, doppio impasto, bagna finale: non roba da cerimonia ma da vero sballo. Da mangiare – o bere, fate come vi pare – tutto. 

Un ringraziamento sentito a Lucia Buricelli, che ha realizzato per noi le fotografie di questo evento pazzo pazzo.